Un Convegno a Roma e in Vaticano rilancia lo studio del latino per non perdere la
ricchezza del patrimonio culturale europeo
Si è svolto in questi giorni a Roma e in Vaticano un convegno sul futuro del latino
nell’odierna società dominata dalla cultura tecnico-scientifica. A promuovere l’evento
il CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, e il Pontificio Comitato di scienze
storiche. Durante il convegno è stato presentato un Manifesto in favore della necessità
di attingere alle fonti dalle quali è scaturito il grande patrimonio spirituale e
culturale dell’Europa. Ascoltiamo in proposito, al microfono di Fabio Colagrande,
don Cosimo Semeraro, segretario del Pontificio Comitato di scienze storiche
e ordinario di Storia della Chiesa moderna e contemporanea alla Pontifica Università
Salesiana:
R. - Nel
cammino di un’Europa che cerca di raggiungere sempre più una compattezza ed uno sviluppo
non soltanto economico ma culturale, riteniamo che il patrimonio delle lingue classiche
sia molto, molto importante. Non vogliamo soltanto cautelare quei mezzi che puntano
allo sviluppo economico ma vogliamo salvaguardare anche quegli elementi che puntano
ad un progresso di tipo culturale e le lingue classiche, riteniamo siano tali. D.
– Chi avete invitato a questo convegno?
R. - Abbiamo
invitato non tanto studiosi del fenomeno della lingua latina o della lingua greca,
ma soprattutto personalità che nel campo istituzionale, politico, culturale, possano
spingere, stimolare chi fa norme, chi fa leggi, a garantire lo studio di queste lingue,
a garantire la valorizzazione di queste lingue nelle sedi appropriate.
Ma
sul ruolo del latino per la costruzione e l’identità dell’Europa ascoltiamo il rettore
della LUMSA, il prof. Giuseppe Dalla Torre, intervistato da Fabio Colagrande:
R.
– Siamo convinti che il latino e la cultura che il latino veicola e cioè la cultura
classica sia e possa essere un fattore di unità e di identità all’interno di una comunità
che si sta allargando, ma che certamente ha una storia comune alle spalle.
D.
– Impegnarsi per il ritorno al latino, fondandosi sulla sua utilità è forse la prospettiva
sbagliata?
R. – Io direi di no. E’
certamente una operazione culturale e certamente siamo convinti che la elevazione
culturale, anche di coloro che sono addetti a professioni scientifiche, sia un fatto
positivo per la stessa ricerca scientifica. Detto questo non vi è dubbio che c’è un’utilità
nel recupero dalla lingua latina e nel recupero della cultura classica. Utilità, questa,
che si trova anzitutto nella individuazione di valori che sono stati sedimentati da
secoli di esperienza e di saggezza e che possono oggi costituire, in una società tecnologicamente
avanzata e scientificamente avanzata, punti di riferimento ad una scienza e ad una
tecnologia che sono capaci di raggiungere certi obiettivi, ma che non hanno in sé
i criteri per valutare poi la positività o meno di questi obiettivi in ordine alla
crescita positiva per l’umanità.