Incontro a Roma di associazioni e movimenti cattolici a sostegno della riforma della
legge sulla cittadinanza
L’attuale legge sulla cittadinanza è un istituto da rivedere: lo dicono Caritas italiana,
Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Migrantes, Centro Astalli e ACLI, a sostegno dell’iniziativa
legislativa per la riforma dell’attuale normativa. La legge in vigore è in effetti
modellata su un Paese di emigranti, anziché di immigrazione e ha mostrato in questi
anni tutta la propria incapacità di interpretare ed orientare il bisogno di integrazione
e appartenenza espresso da molti immigrati in Italia. Da questa constatazione, emerge
l’importanza di giungere in tempi brevi alla conclusione dell’iter parlamentare di
riforma di questa materia. In effetti, i modi di acquisto della cittadinanza contemplati
dalla normativa sono sostanzialmente connessi all’applicazione dello “ius sanguinis”,
quindi per trasmissione dai genitori. Nessun riconoscimento è invece presente, come
accade in tanti Paesi, tra i quali Stati Uniti e Canada, alla facoltà di acquisto
basata sulla nascita o l’integrazione scolastica e sociale, possibilità, queste, incentrate
sullo “ius soli” e sullo “ius domicili”. E’ in questa direzione che, denunciano le
associazioni cattoliche, occorrerebbe operare una riforma significativa. Alcuni dati
importanti poco conosciuti: gli immigrati in Italia sono 2 milioni e 777 mila contro
i 15 milioni della Germania. La popolazione italiana invecchia ed è in attivo solo
per la presenza di figli di stranieri. Il 5 per cento degli iscritti a scuola è figlio
di immigrati. Inoltre gli immigrati pagano le tasse: 1,87 miliardi di euro di imposte
sono stati versati dagli immigrati. Ma l’Italia spende solo 206 milioni di euro per
gli stranieri presenti nel Paese; di questi, 190 milioni sono stati spesi per l’espulsione,
solo 15 milioni di euro sono stati spesi invece per l’integrazione. “Insomma, gli
immigrati in Italia stanno superando tanti esami ma pochi lo sanno”, ha detto Mario
Marazziti della Comunità di Sant’Egidio: “più ridurremmo la marginalità, più favoriremo
la sicurezza nel Paese”. ( A cura di Paolo Ondarza)