Una fede viva e radicata, risorsa per tutto il Paese: all'indomani del discorso del
Papa alla CEI, i commenti di mons. Russotto, del prof. Diotallevi e Martinez del Rinnovamento
nello Spirito
Ha destato ampia eco il discorso pronunciato ieri da Benedetto XVI ai vescovi italiani,
riuniti a Roma per la 57.ma Assemblea generale della CEI. Il Papa ha espresso la certezza
che in Italia, “la fede cattolica e la presenza della Chiesa rimangono il grande fattore
unificante” della nazione ed “un prezioso serbatoio di energie morali per il suo futuro”.
Sulle parole di Benedetto XVI, Giovanni Peduto ha intervistato mons. Mario
Russotto, vescovo di Caltanissetta e membro della Commissione episcopale per la
famiglia e la vita:
R. – Io
penso che, da uno sguardo esterno, può sembrare che la fede non sia più il collante
del popolo italiano. Noi che siamo pastori, e i nostri sacerdoti che vivono in mezzo
al popolo, possiamo vedere come ci sia la fede, anche se talora di carattere devozionale,
una fede che unisce il popolo. A questa prima elementare dimensione di fede occorre
aggiungere un itinerario catechistico formativo, perché la fede diventi conoscenza
di Dio e, dunque, incontro vero con Cristo Gesù.
D.
– Il tema cruciale della famiglia. Il Papa ha appoggiato i vescovi circa la loro presa
di posizione inerente a questo argomento, nonché il Family Day…
R.
– Sì, io penso che in quanto pastori siamo chiamati ad annunciare innanzitutto la
bellezza del Vangelo del matrimonio e del Vangelo della famiglia. Solo formando delle
famiglie veramente cristiane possiamo dare un volto nuovo alle famiglie e, dunque,
alla società italiana.
D. – L’Italia è divenuto un
Paese ad alto tasso di immigrazione…
R. – Sì, adesso
l’immigrazione è diventata forte. Io penso, però, che bisogna da una parte celebrare
quella accoglienza che ha sempre distinto la Chiesa italiana, dall’altra, non puntare
innanzitutto sulla differenza, ma sul “proprium” del cristianesimo. Noi non dobbiamo
dire che siamo altro rispetto alle altre religioni, ma dobbiamo saper annunciare anche
a loro la bellezza unica e irripetibile di Cristo Gesù unico Salvatore del mondo.
Dobbiamo sapere annunciare la fede, che si fa anche carità nella storia.
Nel
suo discorso alla CEI, Benedetto XVI ha messo, dunque, l’accento sul radicamento della
fede cattolica nella società italiana. Ecco il commento del sociologo Luca Diotallevi,
professore all’Università Roma Tre, intervistato da Fabio Colagrande: R.
- Benedetto XVI ha compreso, sottolineato e riproposto il carattere particolarissimo
del cattolicesimo popolare italiano. Un cattolicesimo che non è senza riferimenti
e che nello stesso tempo non è un cattolicesimo solo d'élite, ma ha nei vescovi, nei
sacerdoti, nelle parrocchie, nell'associazionismo un riferimento saldo, che gli consente
di essere presente in tutti gli strati della vita del Paese.
D.
- C'è un passaggio in particolare che proprio si riferisce alle sue parole: il Papa
ha detto: "La fede è viva e profondamente radicata e la Chiesa è una realtà di popolo"...
R.
- Sono valori importanti ed è poi bello vedere come queste parole vengano conciliate
con una riproposizione rigorosa del principio della distinzione fra potere politico
e dimensione religiosa. Distinzione, questa, che non sopprime la responsabilità che
tutta la Chiesa, a partire dai pastori, ha di dialogare con le istituzioni. E' interessante
che dopo questo richiamo alla distinzione tra Dio e Cesare, il Papa collochi il riferimento
agli impegni per la valorizzazione della famiglia, anche a livello legislativo, e
il suo personale plauso per il Family Day del 12 maggio. In questo caso capiamo molto
bene come l'impegno della Chiesa e dei credenti per la famiglia sia un impegno non
per la rivendicazione di una verità propria, ma di un bene per tutti.
Pur
rivolgendosi ai presuli, Benedetto XVI ha messo l’accento sulla vivacità del laicato
cattolico italiano. Apprezzamento che è insieme un’esortazione ad affrontare con fiducia
le tante sfide presenti. E’ quanto sottolinea Salvatore Martinez, presidente
del “Rinnovamento nello Spirito” in Italia, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Il
Papa invita i vescovi e le comunità cristiane a guardare a questi processi che, ancora
una volta, ha definito di relativizzazione della verità, di relativizzazione dell’etica
nel nostro Paese. Bisogna guardarli con grande apertura, soprattutto di cuore. Nell’intervento
del Santo Padre si coglie il bisogno di riaffermare l’attenzione per ciò che è bene
per l’uomo e che diventa il bene comune per il nostro Paese. Credo che questo sia
un invito, ancora una volta, aperto a superare le tante distinzioni, le tante autoreferenzialità
che serpeggiano non soltanto nella vita sociale, ma che possono tentare anche la vita
della Chiesa, a partire dai movimenti e dalla comunità cristiana, nelle sue varie
espressioni. Un invito, quindi, all’unità, all’unità in nome della fede, ma soprattutto
in nome del bene dell’uomo.
D. – Il Papa ha messo
l’accento sull’aspetto gioioso della fede….
R. –
Se si toglie al cristianesimo il suo segreto, che è proprio la comunicazione gioiosa
di una buona notizia, questo messaggio appassisce ed appassisce soprattutto nel cuore
dell’uomo. Il Santo Padre, guardando al Family Day, ha messo in evidenza come la famiglia
sia ancora profondamente radicata nel cuore dell’uomo, nella vita degli italiani,
dei cattolici italiani che rappresentano la stragrande maggioranza dei cittadini del
nostro Paese. E' importante questo testimoniare la gioia che deriva dalla fede. Festa
di popolo, festa della famiglia, il Papa ha definito il Family Day. Bisognerebbe passare
di gioia in gioia, di festa in festa, perché questa è in realtà la forza della fede
quando opera profondamente nelle anime. Non dobbiamo sentirci estranei a questo destino
di gioia, che Gesù Cristo è venuto a portare col Vangelo. E’ un destino che trova
l’alleanza della speranza in quello che è il cammino della vita. Pertanto, c’è da
ascoltare e riascoltare le parole del Santo Padre. Gioia che deriva dall’incontro
personale con Cristo – ha detto – e che si alimenta della preghiera: è quello che
dovremmo ordinariamente riscoprire nelle nostre comunità, ma anche e soprattutto nelle
nostre case e nelle nostre famiglie.