La famiglia protagonista della Conferenza organizzata dal governo italiano a Firenze.
Il presidente Napolitano: le preoccupazioni della Chiesa vanno ascoltate
"Ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere
apprezzata e incoraggiata". E' uno dei passaggi del discorso tenuto dal Papa stamattina
ai vescovi italiani, tre giorni dopo la prolusione dall'arcivescovo di Genova, Angelo
Bagnasco, in apertura della 57.ma Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana.
Il presidente della CEI aveva sottolineato, fra l'altro, uno stato di crescente povertà
all'interno delle famiglie italiane. Su questo fenomeno si sofferma Tiziano Vecchiato,
direttore della Fondazione Zancan di Padova, al microfono di Luca Collodi:
R. - I
Centri di ascolto delle Caritas hanno per un terzo, quindi più del 30 per cento -
il 33 o 35 per cento - di persone utenti di nazionalità italiana. E non sono le classiche
persone dell’immaginario collettivo, cioè persone senza dimora, persone disperate
- certo, vi sono anch'esse - ma sono spesso e volentieri famiglie che vivono in condizioni
di disagio: famiglie che hanno sofferenze interne, separazioni, figli con grosse difficoltà,
con problemi di salute, e che non ce la fanno ad andare avanti. Una parte significativa
di queste famiglie sono quelle che in gergo vengono descritte di povertà dignitosa,
che cioè non hanno il coraggio o non sanno, o forse non vogliono, rivolgersi ai servizi
pubblici e, quindi, si rivolgono alle parrocchie e alle Caritas.
D.
- Si può dire che le famiglie medie italiane rischiano quantomeno la povertà?
R.
- C’è un impoverimento complessivo delle famiglie. Oggi, avere tre figli vuol dire
essere ad alto o ad altissimo rischio di povertà. Se noi guardiamo i dati ISTAT, la
povertà in Italia è un po’ superiore all’11 per cento, ma se una famiglia ha tre figli
la probabilità di essere povera sale dal 17 al 27 per cento, a seconda che siamo al
nord o al sud. Se i figli sono minori, questa probabilità sale ancora. E se poi abbiamo
donne sole con figli, questa probabilità è ancora più alta. E questo scenario interessa
sette milioni e mezzo di persone in Italia. Sono dati molto alti.
D.
- Le istituzioni, sia italiane che europee, ci dicono che l’economia è in ripresa.
Quindi, significa produzione di ricchezza e un conseguente benessere maggiore per
tutti. Invece Caritas, voi e anche l'ISTAT dicono, al contrario, che le famiglie italiane
stanno rischiando la soglia di povertà. Dove sta la verità?
R.
- Il fatto che ad un’economia in crescita corrisponda un beneficio per tutti è una
favola metropolitana, che spesso e volentieri viene usata per mistificare la realtà,
perché invece è noto che quando c’è una ripresa economica e, quindi, ci sono anche
maggiori benefici dall’economia, la distribuzione è diseguale e quindi aumentano le
disuguaglianze. Questo si vede in Europa e si vede negli Stati Uniti. Per esempio,
quando Clinton era presidente, c’è stata una strepitosa ripresa economica, ma è aumentata
la povertà dei bambini, che non c’è mai stata come in quegli anni. Quindi, c’è il
problema che le briciole sempre di più non cadono dalla tavola e c’è quindi un problema
di redistribuzione che va ad allargare il divario fra chi sta bene e chi non sta bene.
Questo è un problema etico e politico, che dovrebbe essere affrontato.
E
nel suo Rapporto annuale presentato ieri a Montecitorio, l'ISTAT, l'Istituto nazionale
di statistica italiano, afferma che il Paese "riparte ma è ancora indietro rispetto
agli standard europei”. Il documento evidenzia il divario persistente tra poveri e
ricchi, fra Nord e Mezzogiorno d'Italia, e il problema dell'invecchiamento della popolazione:
fattori che investono il mondo della famiglia, oltre all'emergenza economica. Il servizio
di Cecilia Seppia:
Il Rapporto
ISTAT di quest’anno fotografa un Italia che riparte. Tuttavia nel contesto europeo
il ritmo di crescita è lento ed incerto. E se da un lato l’aumento del Prodotto interno
lordo, della produzione industriale e dell’occupazione, fanno ben sperare, emergono
in modo allarmante l’emergenza famiglie, l’invecchiamento della popolazione e la povertà
del Mezzogiorno. In Italia vivono infatti oltre due milioni di famiglie povere, 7
milioni e mezzo di persone, che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Persistono
inoltre i forti dualismi che affliggono la penisola: nord ricco ed avanzato e sud
drasticamente colpito dalla povertà, uomini occupati e donne che faticano a conciliare
famiglia e lavoro. Giovani e anziani, imprese di sopravvivenza, che si limitano a
produrre un reddito adeguato senza guardare ad orizzonti lontani, e imprese innovatrici.
E infine, quello tra le città congestionate e le campagne invase da un lato dagli
agglomerati industriali e dall’altro svuotate dai continui flussi migratori.
Dopo
un quadriennio di stagnazione, comunque, ha affermato il direttore dell’ISTAT, Luigi
Biggeri, la ripresa si staglia abbastanza netta, complice pure un aumento considerevole
delle esportazioni, ma non è certo che si tratti di un trend destinato a tenere.
Per questo servono: un aumento considerevole degli investimenti, dei consumi privati
e una crescita evidente del reddito disponibile delle famiglie. Per ora l’Italia,
nonostante l’incremento del PIL pari all’1,9%, resta “maglia nera” nel quadro europeo,
soprattutto sul piano occupazionale, malgrado l’apporto dato dagli stranieri che rappresentano
il 6% dell’offerta complessiva di lavoro. Urge dunque, secondo Biggeri, un adeguamento
alle strategie produttive seguite dai nostri partner europei. Occorre offrire, infine,
un quadro di orizzonti individuali e prospettive di crescita valide per tutti.
E
la questione famiglia è da oggi la protagonista della Conferenza nazionale organizzata
dal governo italiano a Firenze. Ad inaugurare i lavori, che proseguiranno fino a sabato
prossimo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tra i presenti, oltre
a diverse associazioni laiche e cattoliche, anche il commissario europeo per l’Occupazione,
affari sociali e pari opportunità, Vladimir Špidla, e il ministro italiano per le
Politiche familiari, Rosy Bindi. Il servizio di Isabella Piro:
Tutte
le componenti della società italiana sono chiamate ad un impegno ineludibile: favorire
e sostenere la piena affermazione dei valori, delle risorse e delle missioni della
famiglia. Queste le parole del presidente Napolitano, intervenuto a Palazzo Vecchio.
Per questo, ha ribadito, c’è la necessità di adottare politiche di incentivazione
della famiglia, tra cui elevare il tasso di occupazione femminile e assistere i nuclei
familiari che vivono in gravi disagi. Il tutto, ha sottolineato ancora il capo dello
Stato, in un dialogo continuo fra Chiesa e Stato:
“C’è
ampio spazio per un confronto costruttivo sul piano delle analisi e delle proposte
per una ricerca di risposte che non dividano il Paese, che non scivolino sul piano
inclinato di un’artificiosa e perniciosa contrapposizione tra cattolici e laici. La
ricerca deve vedere impegnati il parlamento, le istituzioni rappresentative dello
Stato democratico, nel pieno e sereno esercizio dell’autonomia sancita dalla Costituzione
e nell’attento e serio ascolto delle preoccupazioni e dei contributi di pensiero che
possono venire dalla Chiesa e dalle organizzazioni cattoliche come da ogni altra componente
della società civile”.
Sulla famiglia come nucleo
fondante della società si è soffermata anche il ministro per le Politiche familiari,
Rosy Bindi:
“Nucleo fondamentale
della società, la famiglia cui ci riferiamo è quella dell’art. 29 della Costituzione.
La famiglia non è un concetto "liquido", adattabile a qualunque situazione. Qualunque
sia l’immagine che ciascuno di noi porta con sé, la famiglia resta un bene essenziale
e insostituibile per la persona e la società, è il luogo privilegiato dove convivono
nella reciprocità affetti, progetti, sensibilità, debolezze e potenzialità”.
Il
ministro Bindi ha poi ricordato i problemi più urgenti che oggi affliggono la famiglia
“sempre più piccola e sempre più anziana”, ha detto, e in cui le donne trovano difficoltà
a conciliare lavoro ed affetti. Il ministro ha inoltre sottolineato la necessità di
un nuovo patto educativo tra famiglia e scuola, per far fronte a fenomeni come quelli
del bullismo. Per questo, ha detto la Bindi, occorre varare “riforme coraggiose”,
come ad esempio istituire un Tribunale per la famiglia, e ridistribuire le risorse,
valorizzando quelle già presenti, tra cui gli anziani. Infine, il governo ha ribadito
la sua contrarietà al quoziente familiare, ma si è detto pronto a dialogare su politiche
di siostegno.