La questione indigena al centro dell'incontro del cardinale Terrazas Sandoval con
la stampa ad Aparecida
“Gli indigeni latinoamericani sono un gruppo umano straordinario. Da loro abbiamo
molto da imparare per accompagnarli, per sostenerli e per evangelizzarli”. E’ quanto
ha detto ieri il cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Cruz de la
Sierra (Bolivia), in un incontro con la stampa a margine della V Conferenza generale
dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi che si sta svolgendo ad Aparecida, in
Brasile. Il servizio di Luis Badilla.
Il porporato si è riferito
specificamente agli indigeni latinoamericani, alle loro culture, così come agli afroamericani.
Inoltre, con riferimento ad alcune polemiche artificiose a proposito di quanto aveva
detto Benedetto XVI sull’incontro tra il Vangelo e le culture precolombiane nel suo
discorso di apertura della V Conferenza, il cardinale Terrazas Sandoval ha precisato
che “usare frasi fuori dal suo contesto crea solo confusione, distorce la verità e
a volte diventa anche insulto”. “La Chiesa, come ormai è noto da molti anni, deplora
il fatto che nel passato alcune persone non abbiano saputo trasmettere, con il loro
esempio e la loro vita, la gratuità del Vangelo e del messaggio di Gesù. Al tempo
stesso però occorre riconoscere che furono in molti, tra i missionari e altri membri
della Chiesa, a dare la vita per gli aborigeni. Il Papa nel suo discorso ha voluto
rilevare l’importanza dell’incontro tra culture”, ha aggiunto il cardinale Terrazas
Sandoval, che ha ripetuto le parole del Pontefice: “Cristo era il Salvatore a cui
anelavano silenziosamente”. Con le acque del Battesimo, questi popoli hanno ricevuto
“la vita divina che li ha fatti figli di Dio per adozione; avere ricevuto, inoltre,
lo Spirito Santo che è venuto a fecondare le loro culture, purificandole e sviluppando
i numerosi germi e semi che il Verbo incarnato aveva messo in esse, orientandole così
verso le strade del Vangelo. In effetti, l'annuncio di Gesù e del suo Vangelo non
comportò, in nessun momento, un'alienazione delle culture precolombiane, né fu un'imposizione
di una cultura straniera. Le autentiche culture non sono chiuse in se stesse né pietrificate
in un determinato momento della storia, ma sono aperte, più ancora, cercano l'incontro
con altre culture”. Dall’altra parte, mons. Guillermo Ortiz Mondragón, vescovo di
Cuautitlán (Messico), durante il colloquio con la stampa ha spiegato, sempre ieri,
il lavoro delle Commissioni, specificando che ogni vescovo ha avuto la possibilità
di registrarsi in un massimo di tre Commissioni secondo i propri interessi pastorali
e competenze dottrinarie. Tutte le Commissioni, alcune delle quali hanno costituito
sotto-commissioni, hanno scelto il Moderatore e Relatore. Mons. Ortiz Mondragón, inoltre,
ha illustrato ai giornalisti i metodi con cui i vescovi stanno riflettendo su una
grande varietà di argomenti, ma con lo “sguardo” fisso sull’elaborazione del Documento
finale entro il 31 maggio. In un secondo incontro con la stampa, diversi vescovi,
tra cui mons. Julio Cabrera Ovalle, vescovo di Jalapa, Guatemala, hanno offerto ulteriori
precisazioni riguardo i diversi Capitoli di questo Documento finale che attira molto
l’attenzione dei giornalisti. I presuli hanno ribadito ancora una volta che questo
testo non sarà pubblico prima dell’approvazione da parte del Santo Padre. Ovviamente,
hanno spiegato, nel Messaggio al Popolo di Dio che sarà pubblicato tra il 30 e il
31 maggio, ci saranno i principali contenuti del Documento finale.