Benedetto XVI al neoambasciatore di Timor Est: rafforzare la democrazia sui valori
cristiani e sul principio della solidarietà sociale. Ribadito l’invito al Papa a visitare
l’ex colonia portoghese
La “cultura della solidarietà” opposta allo scontro politico ad oltranza per aprire
il Paese a un reale orizzonte di democrazia. E’ l’auspicio di Benedetto XVI per Timor
Est, il piccolo Stato resosi formalmente indipendente nel 2002, e che l’11 maggio
scorso ha visto il Premio Nobel, Ramos Horta, eletto come nuovo presidente. Il Papa
si è soffermato sulla situazione di Timor Est nel riceverne il nuovo ambasciatore
presso la Santa Sede, Justino Maria Aparício Guterres, che ha presentato le Lettere
credenziali rinnovando a Benedetto XVI l’invito a visitare la piccola nazione asiatica,
quasi interamente cattolica. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Che la
memoria di quei giorni tragici” renda governo e opposizione di Timor Est particolarmente
solleciti a “intraprendere la strada del dialogo e della collaborazione, evitando
la tentazione di abbandonarsi” allo scontro politico con l’avversario, “non solo perché
è moralmente inaccettabile, ma anche perché questo atteggiamento si rivela sempre
nocivo per il consolidamento di una corretta dialettica democratica e per lo sviluppo
integrale di tutti i cittadini del Paese”. E’ uno dei passaggi del discorso rivolto
stamattina da Benedetto XVI al neoambasciatore timorese che meglio rivela la partecipazione
del Papa alla storia recente dell’ex colonia portoghese, tuttora segnata dalla sanguinosa
transizione che la portò ad affrancarsi dall’Indonesia e dunque ancora alle prime
battute del suo nuovo corso democratico. Nei giorni che hanno da poco visto consumarsi
il massimo avvicendamento istituzionale, tra il presidente uscente, Francisco Guterres,
e il nuovo, Josè Ramos-Horta, resta per i governanti di Timor Est la non facile gestione
della cosa pubblica, definita dal Papa “ardua e non priva di ostacoli”. Le “numerose
esigenze” di ordine abitativo, sanitario, educativo e lavorativo, ha riconosciuto
il Pontefice, si scontrano con gli interessi di chi non è disposto a sacrificare al
bene comune gli interessi di partito. E dunque, ha indicato il Papa, sono i 400 anni
di fede nel Vangelo a dover aiutare la popolazione timorese - cattolica al 98% - a
farsi promotrice di una “cultura della solidarietà e di una convivenza pacifica nella
giustizia”.
“Mi sia permesso - ha affermato Benedetto
XVI - rivolgere un veemente appello alle persone investite dell’autorità pubblica
perché facciano di tutto per restaurare un ordine pubblico efficiente con mezzi legali
e restituire ai cittadini la sicurezza nella vita quotidiana, grazie a una ritrovata
fiducia nelle legittime istituzioni dello Stato”. E l’appello del Pontefice si è sciolto
poco dopo nel ringraziamento alle Nazioni Unite per la “solidarietà” dimostrata verso
la popolazione timorese. Un invito inistito, dunque, quello del Papa, alla normalizzazione
dopo le ripetute tensioni che hanno condizionato la vita di Timor Est, ma anche un
tributo all’azione “assistenziale e caritativa”, oltre che pastorale, svolta dalla
Chiesa del posto. Nel suo indirizzo di saluto, il diplomatico timorese accreditato
presso la Santa Sede ha ribadito, tra l'altro, a Benedetto XVI l’invito a visitare
Timor Est lanciato venti giorni fa dal presidente uscente, Guterres. Sarebbe, ha detto,
“una gioia incommensurabile per il nostro popolo”.