41.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: nel Messaggio del Papa il richiamo
ai mass media a rispettare la dignità dei bambini
“I bambini e i mezzi di comunicazione, una sfida per l’educazione”: questo il tema
della 41.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra domani.
Nel Messaggio per l’occasione, pubblicato il 24 gennaio scorso, il Papa esorta gli
operatori dei media a promuovere la dignità dell’essere umano e a non lasciarsi condizionare
dagli interessi economici. Ritorniamo sui contenuti essenziali del Messaggio, che
ha destato ampia eco, nel servizio di Alessandro Gisotti:
L’educazione
ai media dovrebbe essere positiva, “ponendo i bambini di fronte a quello che è esteticamente
e moralmente eccellente”: è l’esortazione del Papa agli operatori della comunicazione
sociale. Nel Messaggio, Benedetto XVI avverte che é “perversione” ogni tendenza “a
produrre programmi - compresi film d’animazione e video games - che in nome del divertimento
esaltano la violenza, riflettono comportamenti anti-sociali o volgarizzano la sessualità
umana”. Si è poi soffermato sul ruolo della famiglia e della scuola. “Questo desiderio
profondamente sentito di genitori ed insegnanti di educare i bambini nella via della
bellezza, della verità e della bontà – è la riflessione del Papa – può essere sostenuto
dall’industria dei media solo nella misura in cui promuova la dignità fondamentale
dell’essere umano, il vero valore del matrimonio e della vita familiare, le conquiste
positive ed i traguardi dell’umanità”. “Educare i bambini ad essere selettivi nell’uso
dei media - si legge ancora nel Messaggio - è responsabilità dei genitori,
della Chiesa e della scuola”. Ancora, ribadisce che i genitori hanno “il diritto e
il dovere di garantire un uso prudente dei media, formando la coscienza dei loro bambini
affinché siano in grado di esprimere giudizi validi e obiettivi che li guideranno
nello scegliere o rifiutare i programmi proposti”. Sull’utilizzo dei media, il Papa
si è anche soffermato nel suo recente viaggio apostolico in Brasile. A San Paolo,
Benedetto XVI ha ribadito che “è necessario dire no a quei mezzi di comunicazione
sociale che mettono in ridicolo la santità del matrimonio”.
Per una riflessione
sul rapporto tra media e bambini, alla luce del messaggio del Papa, Giovanni Peduto
ha intervistato il presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali,
l’arcivescovo John P. Foley:
R. – Dobbiamo
formare i bambini perché siano consumatori intelligenti dei mezzi di comunicazione
sociali. Devono sapere come distinguere tra i programmi che possono aiutarli e i programmi
che cercano di sfruttarli.
D. - Come educare i bambini
ad uno spirito critico?
R. – Penso che sia molto
importante introdurre nuove scuole, corsi di educazione ai mezzi di comunicazione.
Sono essi, infatti, ad influenzare maggiormente la vita dei bambini. Dobbiamo avviare
una formazione vera e propria per riuscire ad utilizzare questi mezzi in modo positivo
e costruttivo.
D. - L’educazione ai media –
secondo il Papa - è compito da affrontare con spirito positivo, ponendo i piccoli
di fronte a ciò che è bello, buono e vero…
R. – Certamente,
dico di sì a tutto questo. I bambini devono sapere come distinguere tra i programmi
che possono sfruttarli e i programmi che possono aiutarli, arricchirli.
D.
- Cosa possono fare le famiglie di fronte a programmi che esaltano violenza e volgarità?
R.
– I genitori devono sapere cosa i loro bambini stanno vedendo. Non possono utilizzare
la televisione come una babysitter elettronica.
Sugli
effetti che il messaggio televisivo provoca sui più piccoli, Eugenio Bonanata
ha intervistato il prof. Eugenio Lo Gullo, docente di Psicologia dell’età evolutiva
all’Università La Sapienza di Roma:
R. – Il
bambino pensa che la realtà sia quella che vede in televisione e si tratta di una
realtà che invece è manipolata a fini commerciali. Si tratta di una realtà che spesso
offre delle immagini e dei messaggi che non sono assolutamente attinenti alla realtà.
Il bambino non la capisce e va, quindi, incontro ad una sorta di desensibilizzazione
sistematica. Il bambino passa da una immagine nella quale c’è il cartone animato ad
una immagine nella quale ci sono teste mozzate e sangue: non esiste più un’idea di
famiglia, per lo meno nei messaggi televisivi, dove si propongono programmi, anche
in orari abbastanza accessibili all’infanzia, dove la nipote sposa il marito della
sorella e non si capisce più chi è il padre o la madre. In televisione, noi vediamo
delle immagini molto ambigue, spesso riferite proprio ad una sessualità ambigua ed
oserei dire ad una sessualità perversa e quindi patologica.
D.
– Che tipo di effetti ci sono sul comportamento di un bambino?
R.
– Gli effetti possono essere tanti, come i disturbi dell’identità: il bambino alla
fine si identifica con soggetti che figurano come normali, ma che normali non sono.
C’è inoltre nel messaggio televisivo un abuso della violenza: questa violenza induce,
quindi, nel bambino l’aggressività; induce nel bambino modelli fasulli, nei quali
in realtà viene proposta la violenza come uno strumento di affermazione del proprio
sé.
D. – Se si guarda alla condizione dell’adolescente,
quella un po’ più vulnerabile, cosa possiamo dire?
R.
– L’adolescenza rappresenta già un periodo di crisi, dovuta al fatto che c’è una trasformazione
sia fisica che psicologica. Se poi noi bombardiamo l’adolescenza con messaggi di questo
tipo, dubito che il soggetto, l’uomo del domani sia un uomo equilibrato. Sicuramente
non avrà dei punti fermi che sono necessari per la costruzione di una personalità
armonica e poggiati sulle virtù, su dei valori, che sono fondamentali. Non dimentichiamo
che la nostra civiltà si è evoluta anche grazie a delle regole di tipo morale e religioso.
D. – Che cosa possono fare i genitori?
R.
– Intanto, consigliere a tutti i genitori di spegnere il televisore e di parlare un
po’ di più con i bambini, di giocare con loro, di ritornare a quegli stupendi giochi
che si facevano una volta e che sono sempre validi, di disegnare con loro. Purtroppo
il nostro sistema industriale ed economico non permette ai genitori di stare con i
bambini. Non dobbiamo dimenticare che oggi lavora anche la donna e quindi il bambino
è lasciato in casa, alla mercé degli strumenti di comunicazione di massa, di Internet
e spesso anche noi psicologi segnaliamo dei siti che i bambini vanno a visitare e
che non sono sicuramente adatti a questo tipo di utente.