2007-05-18 12:11:41

Il 21 maggio in Vaticano riprendono dopo 5 anni i colloqui della Commissione Bilaterale Santa Sede-Israele su questioni giuridiche e finanziarie


Per la prima volta dopo cinque anni, i principali negoziatori per la Santa Sede e lo Stato di Israele si incontreranno in Vaticano il prossimo lunedì 21 maggio, nel quadro della Plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra Santa Sede e Stato di Israele. L’ultima Plenaria si era tenuta il 12 marzo 2002. Questa nuova riunione della Plenaria era stata programmata per il 29 marzo scorso, ma Israele ha annullato all’ultimo momento l’invio dei suoi negoziatori, spiegando che il Capo della propria delegazione, il direttore generale del dicastero degli esteri, era costretto a rimanere a casa per un cumulo inatteso d’impegni di politica estera. Capo della delegazione della Santa Sede sarà il sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati,  mons. Pietro Parolin. Il compito specifico della Plenaria sarà di compiere qualche progresso significativo nei negoziati sull’ “accordo complessivo”. Esso prevede piste per la sicurezza delle proprietà religiose della Chiesa Cattolica in Israele e la riconferma delle storiche esenzioni fiscali, che la Chiesa già possedeva al momento della nascita dello Stato di Israele e che le Nazioni Unite avevano deciso dovessero essere onorate dallo Stato Ebraico. Questo “accordo complessivo” è richiesto dall’Accordo fondamentale, che Israele ha firmato con la Santa Sede il 30 dicembre 1993. Nonostante ciò, i relativi negoziati si protraggono senza risultati concreti ormai da più di otto anni, dall’11 marzo 1999. “In ogni caso scrivere un accordo nello stile appropriato ad un testo giuridico di questa natura, esige tempo e sforzo”, spiega all’Agenzia AsiaNews il padre francescano David-Maria Jaeger, esperto dei rapporti Chiesa-Stato d’Israele. “Inoltre non c’è motivo oggettivo per cui questi negoziati non debbano avere successo. La Chiesa non si attende altro che l’ulteriore riconoscimento formale dei diritti da essa già acquisiti in precedenza, insieme a certe garanzie fondamentali per la sicurezza legale dei suoi luoghi sacri", spiega padre Jaeger. "Allo Stato d'Israele - aggiunge - non costerebbe nulla dare il proprio accordo, e farlo significherebbe anche essere coerente con le promesse fatte in pubblico tante volte nel corso nei decenni.” (R.P.)







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