Il 21 maggio in Vaticano riprendono dopo 5 anni i colloqui della Commissione Bilaterale
Santa Sede-Israele su questioni giuridiche e finanziarie
Per la prima volta dopo cinque anni, i principali negoziatori per la Santa Sede e
lo Stato di Israele si incontreranno in Vaticano il prossimo lunedì 21 maggio, nel
quadro della Plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra Santa
Sede e Stato di Israele. L’ultima Plenaria si era tenuta il 12 marzo 2002. Questa
nuova riunione della Plenaria era stata programmata per il 29 marzo scorso, ma Israele
ha annullato all’ultimo momento l’invio dei suoi negoziatori, spiegando che il Capo
della propria delegazione, il direttore generale del dicastero degli esteri, era costretto
a rimanere a casa per un cumulo inatteso d’impegni di politica estera. Capo della
delegazione della Santa Sede sarà il sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati,
mons. Pietro Parolin. Il compito specifico della Plenaria sarà di compiere qualche
progresso significativo nei negoziati sull’ “accordo complessivo”. Esso prevede piste
per la sicurezza delle proprietà religiose della Chiesa Cattolica in Israele e la
riconferma delle storiche esenzioni fiscali, che la Chiesa già possedeva al momento
della nascita dello Stato di Israele e che le Nazioni Unite avevano deciso dovessero
essere onorate dallo Stato Ebraico. Questo “accordo complessivo” è richiesto dall’Accordo
fondamentale, che Israele ha firmato con la Santa Sede il 30 dicembre 1993. Nonostante
ciò, i relativi negoziati si protraggono senza risultati concreti ormai da più di
otto anni, dall’11 marzo 1999. “In ogni caso scrivere un accordo nello stile appropriato
ad un testo giuridico di questa natura, esige tempo e sforzo”, spiega all’Agenzia
AsiaNews il padre francescano David-Maria Jaeger, esperto dei rapporti Chiesa-Stato
d’Israele. “Inoltre non c’è motivo oggettivo per cui questi negoziati non debbano
avere successo. La Chiesa non si attende altro che l’ulteriore riconoscimento formale
dei diritti da essa già acquisiti in precedenza, insieme a certe garanzie fondamentali
per la sicurezza legale dei suoi luoghi sacri", spiega padre Jaeger. "Allo Stato d'Israele
- aggiunge - non costerebbe nulla dare il proprio accordo, e farlo significherebbe
anche essere coerente con le promesse fatte in pubblico tante volte nel corso nei
decenni.” (R.P.)