Teologi cattolici e ortodossi riuniti a Bari per discutere sul Primato del Vescovo
di Roma
Inizia domani a Bari il XV Colloquio cattolico-ortodosso, promosso dalla Facoltà Teologica
Pugliese, sul tema “Il Primato del Vescovo di Roma. Colloquio tra Teologi”. Il Colloquio
guarda alla ripresa, nel prossimo autunno a Ravenna, dei lavori della Commissione
mista internazionale per il dialogo teologico cattolico-ortodosso, che è impegnata
proprio sulla questione del ruolo del Vescovo di Roma nella comunione fra le Chiese.
Il prof. Matteo Calisi, tra i relatori a Bari, ci parla dello scopo di questo
incontro. L’intervista è di Giovanni Peduto:
R.
- Lo scopo è quello di affrontare tematiche cruciali, in particolare, come ha riferito
sua eminenza Ioannis Zizioulas, che è il presidente della compagine ortodossa nella
Commissione mista, si tratta di definire bene il ruolo del Vescovo di Roma nella struttura
della Chiesa universale. Perché gli ortodossi sono pronti ad accettare l’idea di un
primato universale e noi sappiamo che secondo i canoni della Chiesa antica il Vescovo
di Roma è il Primus. Inoltre questo colloquio di Bari è memore dell’appello rivolto
in merito da Giovanni Paolo II nella celebre Enciclica “Ut Unum Sint” al numero 86
a tutti i teologi delle Chiese cristiane.
D.
- Lei da anni è attivamente impegnato nel dialogo fra cattolici e ortodossi. A che
punto è il dialogo sul ruolo del Papa?
R. - Il 2007
è un anno cruciale per i rapporti fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. L’inviato
del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I è stato ricevuto di recente da Benedetto
XVI e si sta preparando questo grande evento di Ravenna tra i rappresentanti del Vaticano
e di tutte le Chiese ortodosse. Un solo punto è all’ordine del giorno, ossia l’autorità
del Papa nella Chiesa di tutti i cristiani. Dunque questo è il tentativo di trovare
una via per superare il grande scisma del 1054, che separò la Chiesa di Oriente da
quella di Occidente.
D. - Recentemente c’è stato
l’incontro ecumenico di Stoccarda in cui movimenti e comunità cristiane di diverse
confessioni si sono ritrovate unite per rilanciare i valori evangelici in un’Europa
che sembra talora rinnegare le proprie radici spirituali. Lei ha partecipato a questo
incontro: come secondo lei l’ecumenismo può rinnovare l’Europa alla luce di quello
che è scaturito dall’incontro di Stoccarda?
R. -
Sicuramente il rapporto di comunione esistente tra movimenti e nuove comunità all’interno
delle Chiese cristiane europee può diventare veramente un’esperienza di una rinnovata
unità spirituale anche dell’intera Europa. A Stoccarda si sono incontrati cattolici,
evangelici, anglicani, ortodossi, pur mantenendo ognuno la propria autonomia ma, insieme,
si sono ritrovati a riflettere su ambiti comuni, soprattutto quelli sociali come la
famiglia, il lavoro, l’educazione dei giovani, i mass media, l’economia, e credo che
questa sinergia rappresenti un’occasione per mostrare la vitalità di un’esperienza
cristiana nel mondo di oggi e in particolare in Europa. D.
- Ma non c’ è il rischio, come dice il Papa, che l’Europa stia preparando il proprio
congedo dalla storia?
R. - Il rischio c’è, è in
agguato; per questo noi crediamo che sia necessario che ognuno con la propria diversità,
debba contribuire con spirito evangelico alla realizzazione di quello che amiamo chiamare
l’Europa dello spirito, un impegno che si radica nella nostra stessa identità di cristiani
di diverse denominazioni. Certamente nel profondo rispetto per le culture diverse,
ma noi crediamo che attraverso questo legame mutuo possiamo arrivare a una fattiva
collaborazione, perché l’Europa cristiana ritorni a vivere con la sua anima.