Rincrescimento della Santa Sede per il voto rinviato in sede Onu della Dichiarazione
sui diritti dei popoli indigeni
Si allungano i tempi in sede ONU per raggiungere il consenso degli Stati membri sui
diritti dei popoli indigeni. “Rincrescimento” in tal senso ha espresso ieri a New
York l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso
le Nazioni Unite. Il servizio di Roberta Gisotti:
Il
rinvio dell’adozione, prevista entro il 2006, da parte dell’Assemblea generale dell’ONU
della bozza di Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni (DRIP), approvata lo
scorso giugno, dopo 24 anni di discussioni, dal Consiglio per i diritti umani, “segna
un deludente passaggio”, ha constatato con amarezza l’arcivescovo Migliore. Il rappresentante
vaticano è intervenuto ieri nel Forum permanente sulle questioni indigene, dall’inizio
del secolo impegnato in favore di questi popoli, e dedicato quest’anno al tema “Territori,
terre e risorse naturali”. Tema di particolare rilievo proprio alla luce delle obiezioni
che vengono fatte alla Dichiarazione. A tal proposito il presule – ha richiamato –
“i benefici” che tale strumento giuridico potrebbe portare “specie per la vita dei
più poveri nelle zone rurali, spesso di origine indigena e sovente emarginati dal
mondo moderno”, e di quanti potrebbero “contribuire molto di più nella vita economica
e politica laddove abitano”. C’è chi accusa la Dichiarazione – ha ricordato Migliore
- di contraddire le Costituzioni nazionali, sostenendo che l’esercizio dell’autodeterminazione
può riguardare solo coloro che vivono sotto regimi coloniali; altri ancora contestano
che la Dichiarazione non sarebbe chiara nel definire chi sono i ‘popoli indigeni’.
“Nel rispetto delle motivazioni che sono dietro ogni posizione” – ha detto l’arcivescovo
Migliore – la Santa Sede ribadisce “la particolare importanza” da attribuirsi a questo
Strumento incoraggiando gli Stati “a mostrare flessibilità e previdenza sociale” per
ricercare un accordo durante l’attuale sessione dell’Assemblea generale. “Gli Stati
– ha concluso l’osservatore permanente - hanno legittime sollecitudini riguardo sovranità,
cittadinanza, eguaglianza, e giusto ed equilibrato sfruttamento delle risorse naturali,
ma queste questioni non dovrebbero permettere che il progresso degli egualmente legittimi
diritti e affari dei popoli indigeni vengano rinviati sine die”.