La crisi di Gaza: nuovi scontri tra fazioni palestinesi e nuovi raid israeliani in
risposta al lancio di razzi su Sderot
Nei Territori Palestinesi è stata annunciata una nuova tregua: il presidente Abu Mazen,
leader del partito moderato Al Fatah, ed il premier Ismail Haniyeh, leader della formazione
radicale Hamas hanno ordinato ai loro uomini di cessare le ostilità. Ma le violenze
continuano. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Hamas ha
proclamato un cessate il fuoco “unilaterale” e il presidente palestinese ha chiesto
di rispettarlo. Ma a Gaza continua ad infuriare la battaglia tra estremisti delle
due fazioni. Questa mattina è stato ucciso a colpi di arma da fuoco un militante di
Al Fatah nel campo profughi di Jabaliya, nel nord della Striscia di Gaza. Da domenica
scorsa, è la quarta volta che una tregua viene prima annunciata e poi violata. E il
bilancio degli scontri è sempre più grave: sono almeno 49 le persone morte,
a partire dallo scorso 13 maggio, a causa dei combattimenti. A causa di questo strisciante
e perdurante conflitto, il presidente Abu Mazen ha deciso di annullare la prevista
visita che avrebbe dovuto compiere nel pomeriggio a Gaza. Ma non è solo il governo
di unità nazionale palestinese ad essere messo a dura prova da questa recrudescenza
delle violenze. Anche in Israele la tensione è altissima: prosegue, infatti, il lancio
di razzi, da parte di estremisti palestinesi, verso il sud dello Stato ebraico. Il
governo israeliano ha già risposto con fermezza: un nuovo raid è stato condotto su
Gaza. L’obiettivo dell’azione è stata la casa di un militante di Hamas. Le vittime
sono almeno due. Il premier israeliano, Ehud Olmert, ha annunciato inoltre “dure misure”
in risposta agli attacchi palestinesi. La situazione è preoccupante soprattutto a
Sderot, raggiunta nelle ultime ore da diversi razzi. E’ stata colpita anche una scuola
e almeno due persone sono rimaste ferite. Temendo nuovi attacchi, il ministero della
Difesa israeliano ha avviato la parziale evacuazione della cittadina.
La
continua violazione di tregue nei Territori palestinesi, il lancio di razzi verso
il sud di Israele e le dure risposte dello Stato ebraico continuano dunque a rendere
esplosiva la situazione in Medio Oriente. Ma quali sono i motivi di questa crisi?
Stefano Leszczynski lo ha chiesto Giorgio Bernardelli, giornalista di
Avvenire ed esperto dell’area:
R. – Gaza
è un territorio di 360 chilometri quadrati in cui vivono un milione e 400 mila persone.
Non può esistere in nessuna parte del mondo un posto con queste caratteristiche, che
stia in piedi da solo. Purtroppo, nella situazione in cui questi scontri sono andati
avanti, scontri in cui – appunto – c’è anche chi soffia sul fuoco, una situazione
in cui nessuno probabilmente controlla davvero la situazione, l’isolamento fa da moltiplicatore
…
D. – Questa faida politica quanto danneggia l’ANP?
R.
– La danneggia tantissimo, però anche qui dobbiamo stare un po’ attenti anche alle
sigle. Purtroppo, in quella situazione di abbandono, molto giocano anche gli scontri
tra clan in una società come quella palestinese; in una situazione sociale giunta
ad un degrado estremo, con anche una situazione economica molto pesante. A volte
sono scontri tra bande che si colorano anche di connotazioni come quelle politiche
delle etichette che siamo capaci di dare noi.
D.
– In sostanza, possiamo dire che il fatto che il governo dell’ANP sia troppo lontano
da Gaza, non permette nessun tipo di controllo effettivo?
R.
– Anche all’interno della situazione quotidiana di Gaza, il peso di Abu Mazen rispetto
ai miliziani di Fatah è abbastanza relativo. Pochi giorni fa, l’ultimo incontro che
c’è stato tra Abu Mazen e Olmert, con il segretario di Stato americano Condoleezza
Rice: la Rice – ha rivelato il quotidiano “Haaretz” – si era presentata con un piano
che prevedeva due cose: la fine dell’isolamento di Gaza, facendo partire quel sistema
di convogli, di collegamento tra Gaza e il resto della Cisgiordania, varato ancora
un anno e mezzo fa ma mai divenuto operativo, e dall’altra parte, la questione del
controllo sui lanci dei missili Qassam verso Israele, perché questo è l’altro volto
della crisi di Gaza in queste ore: un volto che non si deve sottovalutare. Io credo
che l’unica strada per uscire da questo vicolo cieco in cui Gaza si è cacciata, sia
una forte iniziativa internazionale che rimetta al centro dell’attenzione questo angolo
del mondo.