I religiosi camilliani uniti ai laici per una maggiore giustizia e solidarietà nel
mondo della sanità
“Uniti per la giustizia e la solidarietà nel mondo della salute”: il tema dibattuto
nel Capitolo generale dei Ministri degli Infermi, più noti come Camilliani, riunito
fino a domani ad Ariccia. Sulle orme del fondatore San Camillo de Lellis, i membri
dell’Ordine, riconosciuto da Papa Sisto V nel 1591, operano al servizio del malato,
da sempre affiancati dal laicato camilliano. 1200 oggi i religiosi, quasi 20 mila
i laici presenti in 114 strutture sanitarie, 27 centri per l’aids, 17 centri pastorali,
10 scuole infermieristiche e università, 38 seminari sparsi nel mondo. Roberta
Gisotti ha intervistato il neoeletto Superiore generale dei Camilliani padre
Renato Salvatore, 52 anni, già vicario generale dell’Ordine, teologo con alle
spalle una consolidata attività di studi e docenza ma anche infermiere con un impegno
diretto sul campo:
R.
– Noi in questo nostro Capitolo generale abbiamo scelto il tema della profezia, cioè
noi religiosi dovremmo vivere 'scomodamente' e 'scomodare' gli altri, cioè la Chiesa,
i fedeli, la società, perché ci sia più giustizia e più solidarietà nel mondo della
salute. Ma il primo impegno parte da noi: dobbiamo essere noi coloro che uniti al
Cristo sofferente in questo mondo della salute si fanno portavoce di questa sofferenza
con una testimonianza di vita, con un annuncio del Vangelo, perché soltanto attraverso
l’annuncio del Vangelo si può sradicare il male nelle strutture e nella sua radice
finale conclusiva.
D. – Perché avete posto l’accento
proprio su questi due aspetti, giustizia e solidarietà, forse ispirati da tanti casi
anche concreti che sono sotto i vostri occhi?
R.
– Tantissimi. Se consideriamo, per esempio, il flagello dell’AIDS ci rendiamo conto
che il problema dei farmaci è un problema immenso. I popoli nei Paesi in via di sviluppo
non hanno accesso al quel minimo per poter salvare la loro vita. Questo è un problema
veramente di giustizia. Poi c’è l’altro aspetto, quando sottolineiamo la solidarietà,
noi Camilliani vorremmo unirci a tutti gli uomini di buona volontà per iniziative
che possano dare un contributo positivo per risolvere e affrontare le tematiche inerenti
la giustizia all’interno del mondo della salute.
D.
– Quale importanza riveste nel vostro Ordine il laicato camilliano, cui avete dedicato
la prima parte del vostro Capitolo? Che cosa è emerso dal dibattito?
R.
– Noi religiosi, come Camilliani, ci stiamo aprendo sempre più al laicato e dobbiamo
dire che certo abbiamo bisogno di fare un cambiamento di mentalità per rispettare
fino in fondo la dignità e il ruolo dei laici all’interno della Chiesa, quindi, anche
nella collaborazione e comunione con noi. Ecco perchè anche il titolo del nostro Capitolo
generale è “Uniti per la giustizia e la solidarietà”. Innanzitutto, uniti tra di noi,
uniti con Dio, ma uniti poi con il laicato, tenendo conto che noi, tra l’altro, abbiamo
una grandissima forza all’interno dell’Ordine, che è rappresentata prima di tutto
dalla Famiglia camilliana laica, che conta nel mondo più di 3 mila membri. In più
abbiamo tantissimi collaboratori dipendenti delle nostre strutture sanitarie e altre
istituzioni nelle quali operiamo. Quindi, il laicato più vicino a noi è già una grande
forza, ma c’è poi tutto il resto del laicato, ecclesiale e non, che dovremmo coinvolgere
in alleanze comuni per risolvere problematiche che riguardano tutta l’umanità.
D.
– Non sempre i laici hanno questo posto di rilievo. La vostra esperienza, quindi,
è sicuramente positiva e fruttuosa, può essere di esempio…
R.
– Sì, anche per noi è difficile, perché come accennavo dobbiamo prima noi religiosi
aprirci a capire e ad entrare nella nuova ecclesiologia di comunione all’interno della
Chiesa, fare questo continuo cammino di conversione, e poi, insieme ai laici, progettare
e realizzare insieme. E’ un cammino nel quale c’è molto da fare, ma penso che la strada
sia questa: una Chiesa, come tutti vogliamo ed è, non piramidale, ma una Chiesa nella
quale si possa condividere la comune dignità di battezzati.