2007-05-17 14:29:48

Condannato a 30 anni di reclusione il mandante dell’omicidio di suor Dorothy Stang, uccisa in Amazzonia nel febbraio del 2005


Con una sentenza storica che in Amazzonia rompe il tabù dell'immunità, il fazendeiro Vitalmiro Bastos de Moura è stato condannato a 30 anni di prigione per essere il mandante dell’omicidio della suora americana, Dorothy Stang, uccisa nella località amazzonica di Anapù nel febbraio del 2005. Cinque giurati su sette hanno deciso per la condanna: 26 anni per omicidio, più quattro per aver promesso ricompensa e protezione ai killer assoldati, oltre all'aggravante dell’età della vittima (73 anni), e per aver tentato di coinvolgere nell'omicidio altri latifondisti. Uno di questi, che si associò nel progetto criminale, è ancora in attesa di giudizio, mentre i due killer erano già stati condannati l'anno scorso a 27 e a 17 anni di reclusione. Quando venne uccisa, suor Stang stava lavorando al ‘Progetto Speranza’, per lo sviluppo sostenibile nello Stato brasiliano di Parà, lungo la strada ‘transamazzonica’, un'iniziativa che appoggiava i contadini ‘Senza terra’ osteggiati dai latifondisti locali e dai trafficanti di legname. Alla lettura della sentenza, circa 300 persone nel tribunale e altre 200 all'esterno hanno esultato e festeggiato anche con fuochi d'artificio. L'importanza della condanna di Bastos de Moura va ben oltre il caso di suor Stang, perché rompe la tradizione di impunità dei mandanti degli assassinii di militanti per la difesa di diritti umani in Amazzonia. “E’ una decisione storica – ha dichiarato il coordinatore dell’ONG Terra de Deiretos – forse solo una crepa nel muro dell'impunità nel Parà e in Amazzonia, ma apre uno spiraglio affinché si riesca finalmente a farla finita con l’occupazione violenta di tutta la regione”. Durante il processo, l’avvocato del fazendeiro ha cercato di ribaltare le colpe e ha accusato la suora americana di “azioni criminali, come l'invasione di terre altrui”, e di “essere morta in quanto vittima della violenza che predicava”. Immediata la reazione dei presenti che lo hanno anche fischiato. “Sono molto felice della decisione della giustizia brasiliana - ha dichiarato il fratello della missionaria uccisa - resta però da chiarire la questione del consorzio di latifondisti che fu messo in piedi per uccidere non solo mia sorella, ma chiunque interferisse nello statu quo di soprusi e prevaricazioni in vigore da sempre ad Anapù”. (A cura di Roberta Moretti) RealAudioMP3







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