Ricalibrare il sistema di tutele sociali sulle esigenze della famiglia: Domenico Delle
Foglie fa un bilancio del Family Day
Nel giorno in cui si celebra, sotto l’egida delle Nazioni Unite, la Giornata internazionale
delle Famiglie, continuano per gli organizzatori del Family Day i bilanci sul significato
della manifestazione che, sabato scorso, ha portato in piazza San Giovanni in Laterano,
a Roma, almeno un milione di persone. Sui risvolti di un evento che ha amplificato
in modo inedito la voce e il peso sociale e politico del soggetto-famiglia, Alessandro
De Carolis ha raccolto la valutazione del coordinatore del Family Day, Domenico
Delle Foglie:
R. -
La famiglia si è ripresa la sua soggettività. E’ venuta in piazza al di là di ogni
nostra più rosea aspettativa. Noi avevamo fatto una scommessa e ripensandoci, il giorno
dopo, a mente fredda, abbiamo corso un rischio incredibile, perché abbiamo detto alle
famiglie italiane: “Venite in piazza con i vostri bambini, sarà una grande festa”.
A rivedere tutte quelle famiglie, a rivedere tutti quei bambini, il giorno dopo mi
è venuta la pelle d’oca. Però, la famiglia ha voluto farsi sentire, ha voluto dire:
“Guardate, noi siamo un soggetto meritevole di cura”. E sulla scorta delle parole
di Giovanni Paolo II che noi abbiamo ritrovato e trasmesso in piazza - “Attenzione
che la famiglia può essere distrutta. La famiglia è delicata, la famiglia va curata”
- le famiglie sono venute a ripetere: “Noi siamo la fragilità, ma noi siamo anche
la forza. Su di noi si costruisce il futuro. Dateci quell’attenzione che meritiamo”.
Bene, questa soggettività straordinaria oggi possiamo dire che è nella sua scena pubblica,
è sul tavolo della politica italiana.
D. - Il peso
sociale dimostrato dalle famiglie scese in piazza è, di fatto, anche un peso politico.
E un primo riflesso di un cambiamento, nell’orizzonte politico, già si coglie…
R.
- Sì, io credo che oggi si debba voltare pagina. Che la politica debba riprendere
l’ascolto costante della società civile. Noi abbiamo dato voce a questa parte della
società civile, la famiglia. Credo, però, che tutto il Paese complessivamente abbia
bisogno di trovare una voce non ideologica, occasioni bipartisan, possibilità di esprimere
la voglia di costruire il bene. Sembra quasi, in questo nostro Paese, che il bene
faccia paura. Sui giornali, sui mass media ancora questa percezione non c’è. E da
questo punto di vista, c'è anche una grandissima responsabilità del sistema mediatico.
Bisogna fare un’alleanza fra la buona politica, la buona informazione, la buona società
civile - che è tanta - per allargare l’area dell’ascolto.
D.
- Anche in Italia, c'è il problema dei media che, per dirla con le parole di Bendetto
XVI, mettono in ridicolo la famiglia esiste…
R. -
E’ gravissimo. Noi facciamo i conti con un sistema culturale che, complessivamente,
ha scelto la strada della denigrazione della famiglia, descrivendola in maniera caricaturale,
addirittura come luogo di tutte le nefandezze. In altre parole, il pilastro in realtà
da tutti riconosciuto, nel profondo del proprio cuore, della costruzione del futuro
è diventato invece il simulacro delle cose più abbiette. Fino a pochi giorni fa, si
faceva persino fatica a dire: “Guardate che termini come fedeltà, sacrificio, responsabilità
sono la sostanza della vita comune, sono la sostanza del bene comune, che si vive
nella famiglia e si può proiettare nella società”. Io credo vi sia in Italia la possibilità,
partendo da queste premesse, di tornare a costruire una grande piattaforma civile
su tre grandi prospettive: la vita, la famiglia, la libertà di educazione. Questa
è la piattaforma civile dei cattolici italiani.
D.
- E questa è, probabilmente, anche la piattaforma che il Family Day porterà come eredità
alla Conferenza sulla famiglia organizzata dal governo per il 24 e il 25 maggio prossimi…
R.
- Sì, sicuramente. Io ci sarò in qualità di osservatore, come coordinatore del Family
Day, anche per verificare se e in quale misura il governo acquisisca almeno gli input
venuti da questa piazza. L’idea di fondo che sarà poi la sostanza della proposta
del Forum delle famiglie - che è il soggetto che interloquisce con il governo, con
il parlamento, sulle politiche familiari - è quella di cambiare la prospettiva del
welfare. Il welfare italiano è stato costruito per decenni sulla figura del lavoratore,
del disoccupato e del pensionato. Noi dobbiamo voltare pagina. Dobbiamo costruire
il welfare del futuro acquisendo la centralità del soggetto famiglia, perché ogni
famiglia è diversa dall’altra: basti pensare alla famiglia numerosa, alla famiglia
con anziani, con portatori di handicap. Bisogna riformulare il welfare italiano partendo
dall’assunto che quello di domani avrà al centro la famiglia. Con questo spirito,
credo, noi andremo alla Conferenza di Firenze.