Quindici anni dopo la Conferenza di Santo Domingo, le sfide pastorali per il continente
latinoamericano e il nuovo ruolo dei laici
A 15 anni dall'ultima Conferenza generale, svoltasi a Santo Domingo, la Chiesa dell’America
Latina e dei Caraibi torna riunirsi alla presenza del Papa. I punti forti di questa
conferenza di Aparecida sono già delineati nel tema scelto dal Papa: “Discepoli e
missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i nostri popoli abbiano vita”. A sottolinearlo
è il segretario generale del CELAM, il vescovo argentino di Reconquista Andres Stanovnik,
intervistato da Tiziana Campisi: R.
- Questi punti si possono esprimere dividendo il tema della V Conferenza in due parti.
La prima, "discepoli e missionari di Gesù Cristo", vuol dire che l’identità e la missione
di chi segue Cristo si esprime attraverso il farsi discepolo. Discepolo è colui che
ha trovato Gesù e ha vissuto l’esperienza di amicizia e comunione con Lui. Questa
esperienza diventa messaggio e converte il discepolo in missionario. La seconda parte,
“perché i nostri popoli abbiano in Lui la vita”, è un’estensione della prima parte:
esprime in un senso più ampio la missione del discepolo e della Chiesa. Si tratta
della vita in Cristo, vita piena, integrale, costruita senz’altro nella giustizia,
nella solidarietà e la pace.
D. - Al termine della
V Conferenza di Aparecida, verrà avviata una grande missione continentale per rivitalizzare
l’evangelizzazione in America Latina. In cosa consisterà questa iniziativa di ampio
respiro?
R. - Questo lo dovrà dire l’Assemblea di
Aparecida. Senz’altro, l’evento come tale, l’evento di Aparecida, è già missione.
Questo incontro dei vescovi genera, provoca comunione, rinnova la Chiesa, la mette
in ascolto della parola dei fratelli. Aparecida sarà una rinnovata presa di coscienza
del fatto che chi segue Gesù diventa missionario.
D.
- Quali frutti i pastori del Sudamerica si aspettano dalla presenza del Papa, all’apertura
della V conferenza dell’episcopato latino-americano e dei Caraibi?
R.
- Prima di tutto, l’incontro con il Santo Padre sarà un’altissima espressione di comunione.
Noi siamo in attesa delle parole orientanti del Santo Padre Benedetto XVI.
D.
- Dal 9 al 14 luglio, si svolgerà a Cuba l’Assemblea del CELAM. Quali sono le aspettative
per questo evento, soprattutto pensando alla situazione della Chiesa cubana?
R.
- Si può leggere questa scelta come segno di essere vicini, di fratellanza con la
Chiesa che soffre e che si è fatta forte attraverso la fedeltà e la sofferenza. Vuole
essere un segno di appoggio e di comunione, senz’altro rispettando le autorità civili,
ma anche la Parola di Dio che ci parla di libertà, di farsi carico del fratello. E’
un messaggio delle Chiese dell’America Latina di essere vicini ai nostri confratelli
della Chiesa cubana.
Ai lavori della Conferenza di Aparecida - che saranno
aperti alle 16, ora locale, da Benedetto XVI - sarà presente anche una folta presenza
del mondo laico. Sul ruolo che i fedeli laici possono svolgere nella nuova evangelizzazione
dell’America Latina, Alessandro De Carolis ha intervistato il prof. Guzman Carriquiry,
sottosegretario del Pontificio Consiglio dei Laici e delegato alla Conferenza di Aparecida
in qualità di perito:
R. - E’
significativo, perché è la prima volta che succede in una Conferenza generale che
tra le categorie dei partecipanti vi sia anche quella dei rappresentanti di movimenti
ecclesiali. C’è una nutrita partecipazione dei laici e questo pure sembra molto importante,
perché il loro compito nella nuova evangelizzazione è fondamentale. Rendono testimonianza
a Cristo e aprono le strade al Vangelo in tutti gli ambienti di vita e sono chiamati
a mostrare con la propria vita, le proprie opere, il proprio servizio al bene comune
che l’amore è più forte.
D. - Il tema scelto dal
Papa per la Conferenza di Aparecida mette l’accento sull’essere discepoli e missionari
alla sequela di Cristo. Quale significato ha oggi questo tema per la Chiesa dell’America
Latina e in particolare per i fedeli laici?
R. -
Io credo che il patrimonio più grande nella vita dei popoli latinoamericani sia l’aver
ricevuto la grande tradizione cattolica, il più grande dono e la più grande responsabilità.
Senza questo patrimonio, non si riesce a comprendere a fondo il senso di dignità,
la sapienza di vita, la passione per la giustizia, le reti di solidarietà, la speranza
contro ogni speranza, compresa la gioia di vivere, che muovono la vita dei nostri
popoli. Il tema, dunque, della V Conferenza generale risulta cruciale: discepoli e
missionari di Gesù Cristo, perché il nostro popolo abbia in Lui la vita. L’autorità
capitale è quella di riprendere, riformulare la tradizione cattolica a partire dall’avvenimento
della presenza di Cristo nelle persone, nelle famiglie, nei popoli, per generare nuovi
discepoli e missionari.
D. - Giovanni Paolo II definì
l’America Latina il "Continente della speranza". Quale contributo può dare la Chiesa
latinoamericana al mondo di oggi?
R. - Questo patrimonio
della grande tradizione cattolica è la vera speranza nella vita dei nostri popoli.
Allo stesso tempo, quel 45 per cento dei battezzati nella Chiesa cattolica che vivono
nell’America Latina sono una speranza viva per l’insieme della cattolicità. Questo
è motivo di speranza per i nostri popoli e per l’insieme della cattolicità.