Benedetto XVI presiede la Messa di inaugurazione della V Conferenza generale dell'episcopato
latinoamericano e caraibico. In serata, il congedo dal Brasile
Nell’ultimo giorno del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Brasile, nella solennità
della Madonna di Fatima, tutta la Chiesa latinoamericana si appresta a vivere un avvenimento
straordinario. Oggi pomeriggio, infatti, il Papa aprirà ad Aparecida la V Conferenza
generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi. Il Papa pronuncerà un
discorso, molto atteso, che darà gli orientamenti all’azione pastorale della Chiesa
di questo continente per i prossimi anni. D’altro canto, proprio nel grande piazzale
davanti al Santuario, sta per iniziare la grande Messa per l’inaugurazione di questo
evento. Ma torniamo alla giornata di ieri, che ha visto due momenti di grande significato
ecclesiale e umano: il Santo Rosario con i sacerdoti e religiosi del Brasile e l’incontro
del Papa con i giovani della Comunità "Fazenda da Esperanca". Evento, quest’ultimo,
che ha offerto momenti di grande emozione, come ci riferisce il nostro inviato ad
Aparecida, Alessandro Gisotti: (Canti) Come
il padre che ama, nella parabola del figlio prodigo, il Santo Padre ha colmato la
distanza per andare incontro a dei giovani che si erano persi, ma che hanno ritrovato
la vita nell’amicizia con Gesù. Animata da questo spirito, si è svolta, ieri mattina,
la visita del Papa alla Comunità "Facenda da Esperanca" di Guaratinguetà. Un evento
che rimarrà scolpito nei cuori di questi ragazzi per sempre. “E’ un momento magico”,
ha affermato commosso, quasi tra le lacrime, uno dei ragazzi che ha testimoniato il
percorso difficile e amaro della sua vita. Papa Benedetto gli è andato incontro e
lo ha abbracciato. Un gesto d’amore che ha ripetuto con tutti i ragazzi che hanno
letto le testimonianze.
(Canti) L’evento
di Guaratinguetà è stato accompagnato dai canti festosi dei giovani, che hanno voluto,
così, esprimere tutta la loro gioia per un incontro tanto gradito quanto inatteso.
“In un certo momento della vita”, ha detto il Santo Padre rivolgendosi ai ragazzi,
“Gesù viene e bussa, con tocchi soavi, nel profondo dei cuori ben disposti”. Ma Dio,
ha sottolineato, “non costringe” né “opprime la libertà individuale”, chiede solo
“l’apertura di quel sacrario della nostra coscienza attraverso cui passano tutte le
aspirazioni più nobili, ma anche gli affetti e le passioni disordinate”, che offuscano
il messaggio di Dio. Poi, parlando della piaga della tossicodipendenza, il Papa ha
rivolto un appello vibrante alle coscienze di chi semina morte attraverso la droga:
DIGO
AOS QUE COMERCIALIZAM A DROGA QUE PENSEM NO MAL… “Agli spacciatori -
è stato il suo forte richiamo - dico che riflettano sul male che stanno facendo a
una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà conto
di ciò che hanno fatto”. Ed ha ribadito che “la dignità umana non può essere calpestata
in questo modo”. Il male provocato, ha detto ancora, “riceve la medesima riprovazione
che Gesù espresse per coloro che scandalizzavano i più piccoli, i preferiti di Dio”.
E ai giovani, ritornati alla vita nella "Fazenda da Esperanca", ha consegnato un mandato
per il futuro:
VOCES DEVEM SER OS EMBAIXADORES
DA ESPERANCA… “Voi dovete essere ambasciatori della speranza!”, ha esortato
il Papa, che ha ringraziato Dio per “aver voluto porre tante anime sulla strada di
una speranza rinnovata, con l’aiuto del Sacramento del perdono e della celebrazione
dell’Eucaristia”. Benedetto XVI ha espresso parole di grande apprezzamento per il
fondatore della Comunità, Hans Stapel. Ha rammentato, così, che la "Fazenda da Esperanca"
ha “come fondamento il carisma di San Francesco e la spiritualità del Movimento dei
focolari”. Ed ha sottolineato che la terapia della Comunità non punta solo sull’assistenza
medica e psicologica, ma anche su molta preghiera e sul lavoro manuale. Concluso il
discorso, a sorpresa, il Papa è sceso a salutare i ragazzi raccolti davanti al palco.
Prima dell’incontro con i giovani, il Papa, che ha donato alla Fazenda centomila dollari,
aveva visitato la nuova Chiesa della struttura. Qui, Benedetto XVI ha rivolto la parola
alle suore Clarisse che lavorano con i ragazzi:
ONDE
A SOCIEDADE NAO VE MAIS FUTURO OU ESPERANCA… “Dove la società non vede
più alcun futuro o speranza - ha affermato - i cristiani sono chiamati ad annunciare
la forza della Resurrezione”. Proprio nella "Fazenda da Esperanca", ha aggiunto, “dove
risiedono tante persone giovani, che cercano di superare il problema della droga e
dell’alcool” si testimonia “il Vangelo di Cristo in mezzo a una società consumistica
lontana da Dio”. E’ Cristo risuscitato, ha detto ancora, che “cura le ferite e salva
i figli e le figlie di Dio, salva l’umanità dalla morte, dal peccato e dalla schiavitù
delle passioni”. E’ l’incontro con Gesù che aiuta a “vincere le prigioni e rompere
le catene delle droghe che fanno soffrire i figli amati di Dio”.
ISTO
SIGNIFICA JAMAIS PERDER A ESPERANCA… “Ciò significa che non bisogna
mai perdere la speranza!”, ha detto il Papa aggiungendo l’invito “ad edificare, costruire
la speranza, tessendo la tela di una società che, nello stendere i fili della vita,
perde il vero senso della speranza”. Il dolore del Crocifisso, “che pervase l’anima
di Maria”, ha detto ancora, “consoli tanti cuori materni e paterni che piangono di
dolore per i loro figli ancora tossicodipendenti”. Nella Comunità "Facenda da Esperanza",
ha proseguito, scopriamo che Gesù è “la mano che il Padre tende ai peccatori”. In
luoghi come questi “scopriamo che la bellezza della creatura e l’amore di Dio sono
inseparabili”. Quindi, ha esortato le Figlie di Santa Chiara ad annunziare il messaggio
dell’amore che vince il dolore, la droga e la morte”.
(Cori
- Rosario) In serata, dopo aver pranzato con i vertici della
V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi, Benedetto
XVI ha guidato la recita del Santo Rosario nel grande Santuario Mariano di Aparecida,
alla presenza di migliaia di fedeli. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto
dall’arcivescovo di Aparecida, Raymundo Damasceno Assis, che ha regalato al Papa una
replica in scala del Santuario. Il Papa ha dedicato la sua omelia in particolare ai
sacerdoti e ai religiosi. “Ispiratevi agli insegnamenti di Maria”, ha esordito Benedetto
XVI, cercando di “accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei” ci invia dall’alto.
“Come è bello essere qui”, ha detto il Papa, in questa Basilica Mariana “verso la
quale, in questo tempo, convergono” le speranze del mondo cristiano e soprattutto
dell’America Latina. Poi, ancora una volta in questo viaggio apostolico appassionante,
Benedetto XVI ha espresso il suo amore per la Chiesa del Brasile:
O
PAPA VOS AMA! O PAPA VOS SAUDA AFETUOSAMENTE! “Il Papa vi ama!”, ha
detto interrotto da un fragoroso applauso, “il Papa vi saluta affettuosamente”, prega
per voi e in particolare per i Movimenti e le nuove realtà ecclesiali, “espressione
viva della perenne giovinezza della Chiesa”. Ha così nuovamente ringraziato il popolo
brasiliano per l’accoglienza. Le vostre manifestazioni di apprezzamento, ha sottolineato,
“dimostrano quanto voi vogliate bene” al Papa. Il mio predecessore, Giovanni Paolo
II, ha ricordato BEnedetto XVI, menzionava “diverse volte la vostra simpatia e lo
spirito di accoglienza fraterna” ed aveva “pienamente ragione”. Poi, ha rivolto il
pensiero alle sfide presenti per i sacerdoti latinoamericani:
QUANTOS
DESAFIOS, QUANTAS SITUACOES… “Quante sfide”, ha affermato, “quante situazioni
difficili”, “quanta generosità” e quanti sacrifici. “La fedeltà nell’esercizio del
ministero”, la vita di preghiera, la ricerca della santità. Ancora, la donazione totale
a Dio, una vita spesa nel promuovere la giustizia e la solidarietà, tutto questo,
ha confidato il Papa, “parla fortemente al mio cuore di Pastore”. Benedetto XVI ha
poi ribadito che “la testimonianza di un sacerdozio vissuto bene nobilita la Chiesa”
ed è “la migliore promozione vocazionale, il più autentico invito perché anche altri
giovani rispondano positivamente agli appelli del Signore”. Di qui, il rinnovato invito
a promuovere un’evangelizzazione “sempre più aggiornata”, animata da “fervore missionario”.
Quindi, ha voluto mettere l’accento sul significato dell’appartenenza alla Chiesa:
LA
IGLESIA ES NUESTRA CASA! ESTA ES NUESTRA CASA! “La Chiesa è la nostra
Casa!”, ha affermato, “Questa è la nostra Casa”. Nella Chiesa cattolica, ha aggiunto,
“troviamo tutto ciò che è buono, tutto ciò che è motivo di sicurezza e di sollievo”.
E ancora: “Vale la pena essere fedeli, vale la pena perseverare nella propria fede”.
D’altro canto, è stato il richiamo del Papa, “la coerenza nella fede” richiede “una
solida formazione dottrinale e spirituale” che contribuisca “alla costruzione di una
società più giusta, più umana e cristiana”. Ai diaconi e seminaristi, Benedetto XVI
ha ricordato di “avere sempre di fronte agli occhi la figura di Gesù, il Buon Pastore”.
Di qui, l’invito ad essere come i “primi diaconi della Chiesa: uomini di buona reputazione,
colmi dello Spirito Santo, di saggezza e di fede”. Ha infine indicato nella giovialità,
l’idealismo e il coraggio le qualità che “rendono i fedeli più dinamici e portano
la Comunità” ad essere “più fiduciosa, gioiosa ed ottimista”. E di ottimismo, qui
ad Aparecida c’è ne davvero tanto, stamattina, tra le centinaia di migliaia di fedeli,
pronti a vivere con gioia un altro momento indimenticabile con il Successore di Pietro.
Da Aparecida, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.
A
15 anni dall'ultima Conferenza generale, svoltasi a Santo Domingo, la Chiesa dell’America
Latina e dei Caraibi torna riunirsi alla presenza del Papa. I punti forti di questa
conferenza di Aparecida sono già delineati nel tema scelto dal Papa: “Discepoli e
missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i nostri popoli abbiano vita”. A sottolinearlo
è il segretario generale del CELAM, il vescovo argentino di Reconquista Andres
Stanovnik, intervistato da Tiziana Campisi:
R.
- Questi punti si possono esprimere dividendo il tema della V Conferenza in due parti.
La prima, "discepoli e missionari di Gesù Cristo", vuol dire che l’identità e la missione
di chi segue Cristo si esprime attraverso il farsi discepolo. Discepolo è colui che
ha trovato Gesù e ha vissuto l’esperienza di amicizia e comunione con Lui. Questa
esperienza diventa messaggio e converte il discepolo in missionario. La seconda parte,
“perché i nostri popoli abbiano in Lui la vita”, è un’estensione della prima parte:
esprime in un senso più ampio la missione del discepolo e della Chiesa. Si tratta
della vita in Cristo, vita piena, integrale, costruita senz’altro nella giustizia,
nella solidarietà e la pace.
D. - Al termine della
V Conferenza di Aparecida, verrà avviata una grande missione continentale per rivitalizzare
l’evangelizzazione in America Latina. In cosa consisterà questa iniziativa di ampio
respiro?
R. - Questo lo dovrà dire l’Assemblea di
Aparecida. Senz’altro, l’evento come tale, l’evento di Aparecida, è già missione.
Questo incontro dei vescovi genera, provoca comunione, rinnova la Chiesa, la mette
in ascolto della parola dei fratelli. Aparecida sarà una rinnovata presa di coscienza
del fatto che chi segue Gesù diventa missionario.
D.
- Quali frutti i pastori del Sudamerica si aspettano dalla presenza del Papa, all’apertura
della V conferenza dell’episcopato latino-americano e dei Caraibi?
R.
- Prima di tutto, l’incontro con il Santo Padre sarà un’altissima espressione di comunione.
Noi siamo in attesa delle parole orientanti del Santo Padre Benedetto XVI.
D.
- Dal 9 al 14 luglio, si svolgerà a Cuba l’Assemblea del CELAM. Quali sono le aspettative
per questo evento, soprattutto pensando alla situazione della Chiesa cubana?
R.
- Si può leggere questa scelta come segno di essere vicini, di fratellanza con la
Chiesa che soffre e che si è fatta forte attraverso la fedeltà e la sofferenza. Vuole
essere un segno di appoggio e di comunione, senz’altro rispettando le autorità civili,
ma anche la Parola di Dio che ci parla di libertà, di farsi carico del fratello. E’
un messaggio delle Chiese dell’America Latina di essere vicini ai nostri confratelli
della Chiesa cubana.
Ai lavori della Conferenza di Aparecida - che saranno
aperti alle 16, ora locale, da Benedetto XVI - sarà presente anche una folta presenza
del mondo laico. Sul ruolo che i fedeli laici possono svolgere nella nuova evangelizzazione
dell’America Latina, Alessandro De Carolis ha intervistato il prof. Guzman
Carriquiry, sottosegretario del Pontificio Consiglio dei Laici e delegato alla
Conferenza di Aparecida in qualità di perito:
R.
- E’ significativo, perché è la prima volta che succede in una Conferenza generale
che tra le categorie dei partecipanti vi sia anche quella dei rappresentanti di movimenti
ecclesiali. C’è una nutrita partecipazione dei laici e questo pure sembra molto importante,
perché il loro compito nella nuova evangelizzazione è fondamentale. Rendono testimonianza
a Cristo e aprono le strade al Vangelo in tutti gli ambienti di vita e sono chiamati
a mostrare con la propria vita, le proprie opere, il proprio servizio al bene comune
che l’amore è più forte.
D. - Il tema scelto dal
Papa per la Conferenza di Aparecida mette l’accento sull’essere discepoli e missionari
alla sequela di Cristo. Quale significato ha oggi questo tema per la Chiesa dell’America
Latina e in particolare per i fedeli laici?
R. -
Io credo che il patrimonio più grande nella vita dei popoli latinoamericani sia l’aver
ricevuto la grande tradizione cattolica, il più grande dono e la più grande responsabilità.
Senza questo patrimonio, non si riesce a comprendere a fondo il senso di dignità,
la sapienza di vita, la passione per la giustizia, le reti di solidarietà, la speranza
contro ogni speranza, compresa la gioia di vivere, che muovono la vita dei nostri
popoli. Il tema, dunque, della V Conferenza generale risulta cruciale: discepoli e
missionari di Gesù Cristo, perché il nostro popolo abbia in Lui la vita. L’autorità
capitale è quella di riprendere, riformulare la tradizione cattolica a partire dall’avvenimento
della presenza di Cristo nelle persone, nelle famiglie, nei popoli, per generare nuovi
discepoli e missionari.
D. - Giovanni Paolo II definì
l’America Latina il "Continente della speranza". Quale contributo può dare la Chiesa
latinoamericana al mondo di oggi?
R. - Questo patrimonio
della grande tradizione cattolica è la vera speranza nella vita dei nostri popoli.
Allo stesso tempo, quel 45 per cento dei battezzati nella Chiesa cattolica che vivono
nell’America Latina sono una speranza viva per l’insieme della cattolicità. Questo
è motivo di speranza per i nostri popoli e per l’insieme della cattolicità.