I Fidei donum preziosa ricchezza per la missione della Chiesa: il loro ministero ha
permesso di rafforzare la comunione fra le comunità cristiane nel mondo
L’esperienza dei sacerdoti Fidei Donum, nell’arco di 50 anni, ha aiutato le comunità
cattoliche a vivere la comunione fra le Chiese e ha rafforzato la dimensione missionaria
delle diocesi. E’ quanto ha sottolineato stamani il segretario generale della Conferenza
episcopale italiana, mons. Giuseppe Betori, al Convegno sui Fidei Donum dal tema “Tutte
le Chiese per tutto il mondo”. L’incontro, che si sta svolgendo alla Fraterna Domus
di Sacrofano, alle porte di Roma, è stato promosso dalla Pontificia Unione Missionaria
per ricordare il 50.mo anniversario dell’Enciclica di Pio XII “Fidei Donum”. Il servizio
di Tiziana Campisi:
Fra
i missionari sparsi in tutto il mondo, i Fidei Donum, oggi, non sono più del 3-4 per
cento. Eppure, grazie a loro, parrocchie e famiglie hanno imparato a conoscere la
vera dimensione della missione della Chiesa: quella di un annuncio evangelico in cui
si sperimenta la comunione, la cooperazione fra diocesi, la ricchezza delle diverse
etnie. “Nella Chiesa oggi c’è grande passione per l’evangelizzazione, anche se non
riesce a esprimersi con tutte le potenzialità necessarie – ha detto mons. Giuseppe
Betori – dove è in gioco l’annuncio del Vangelo, o la salvezza delle anime … dovrebbero
scomparire le ragioni umane giustificative di individualismi e interessi, anche istituzionali.
Solo così l’annuncio avrà il volto e la forza della Chiesa”. Il presule ha ricordato
poi le nuove figure nate con l’esperienza dei Fidei Donum, quelle dei cristiani laici
in servizio missionario: singoli, e non di rado anche famiglie, che hanno vissuto
periodi di servizio apostolico in missione. Ne sono scaturiti: rapporti di reale fraternità
fra pastori, preti, comunità; scambi di notizie; sostegno a svariati progetti. Ma
oggi, la diminuzione del clero, ha sottolineato il segretario generale della Conferenza
episcopale italiana, sta facendo registrare meno invii da parte delle Chiese di antica
tradizione, e la presenza di non cristiani e il diffondersi di un’ampia secolarizzazione
e scristianizzazione porta alcuni ad affermare che anche in queste sono necessarie
missioni. Ciò, ha osservato il presule, non deve far perdere di vista l’universalità
della Chiesa e la destinazione del Vangelo. “Non solo le Chiese del sud del mondo
hanno bisogno della nostra cooperazione – ha affermato mons. Betori – ma noi abbiamo
bisogno di loro per crescere nell’universalità e nella cattolicità, nello slancio
missionario da spendere su tutti i fronti”. Per il presule “davanti ai cambiamenti
che vive la nostra società”, c’è molto da “imparare dalla scuola della missione, dalle
scelte e dalle esperienze delle Chiese sorelle, che già da tempo si confrontano con
le dinamiche del dialogo interreligioso, della multiculturalità”. Per questo occorrono
progetti pastorali missionari che esplicitino criteri e modalità delle partenze dei
preti e dei laici, uffici di animazione della missionarietà nelle diocesi ed un ampio
coinvolgimento delle Chiese che accolgono i Fidei Donum. In conclusione, poi, mons.
Giuseppe Betori ha evidenziato la necessità di valorizzare l’esperienza dei Fidei
Donum rientrati, di formare quanti si preparano ad andare in missione e di migliorare
la cooperazione fra le diocesi. E nel ricordare i 50 anni dell’Enciclica Fidei Donum
di Pio XII, il presule ha rilevato che se i tempi sono mutati restano ancora validi
ed urgenti gli obiettivi di carità pastorale e che oggi, in particolare, gli orizzonti
vanno allargati verso l’Asia, per portare la buona novella fino agli estremi confini
della terra.