A Timor Est si sono concluse senza incidenti le operazioni di voto per il secondo
turno delle presidenziali. La sfida per succedere al presidente Xanana Gusmao riguarda
l’attuale primo ministro e premio Nobel per la Pace, José Ramos-Horta, ed il presidente
del Parlamento, Francisco Guterres. Il nuovo capo di Stato avrà il difficile compito
di far uscire il Paese dalla spirale di violenze e tensioni politiche. Il nostro servizio:
Le accuse
di manipolazioni e brogli che hanno caratterizzato il primo turno dello scorso 9 aprile
non hanno fortunatamente innescato nuove violenze: davanti ai seggi, presidiati da
oltre 4 mila agenti delle Nazioni Unite e dalle forze di sicurezza locali, si sono
formate lunghe file e il timore di possibili incidenti non ha scoraggiato gli elettori,
oltre 520 mila, chiamati ad una scelta cruciale. Il futuro di Timor Est, ex colonia
portoghese, si apre adesso a due possibili scenari: alla politica filo occidentale
e aperta al libero mercato, sostenuta dal premier Ramos Horta, si contrappone il programma
di orientamento comunista di Francisco Guterres, leader del partito FRETILIN che ha
la maggioranza in Parlamento. Ma la vera priorità è quella della stabilità: il futuro
del più piccolo e povero Paese dell’Asia non può essere scosso da nuove, laceranti
divisioni. Per questo, la Chiesa Cattolica ha invocato un nuovo programma di pacificazione.
Timor Est – si sottolinea in un documento della Commissione ‘Giustizia e Pace’ – ha
bisogno di riconciliazione dopo i gravi disordini del 2006, costati la vita ad almeno
37 persone e avvenuti in seguito alle proteste di oltre 600 soldati che si erano lamentati
per presunte discriminazioni di base etnica. Nel documento si auspica, poi, una nuova
era nelle relazioni tra l’area orientale dell’isola di Timor e l’enclave occidentale,
che fa parte dell’Indonesia. Nello Stato di Timor Est, occupato illegalmente nel 1975
dall’Indonesia, la popolazione supera i 900 mila abitanti e i cattolici sono più del
90 per cento.