Presentati in Vaticano i primi quattro volumi curati dai ricercatori del "Progetto
Scienza, Teologia e Ricerca ontologica/STOQ”: ne parla il cardinale Paul Poupard
Un programma di ricerca post-lauream, cui aderiscono sei Università pontificie romane,
incentrato sul rapporto fra scienza, filosofia e teologia: si tratta del “Progetto
Scienza, Teologia e Ricerca ontologica/STOQ”, giunto alla sua terza fase e coordinato
dal Pontificio Consiglio della Cultura, che stamattina ha presentato alla stampa i
primi quattro volumi curati dai ricercatori del Progetto insieme con i nuovi uffici
del dicastero, situati in via della Conciliazione. I volumi riguardano metodi matematici
impiegati in fisica, rassegne storico-critiche delle definizioni di "vivente" e di
"organismo", atti del primo workshop tenuto alla Pontificia Università Gregoriana
sulle relazioni tra scienza e filosofia e diversi contributi relativi al concetto
di vita e al problema degli organismi. Ma qual è il messaggio di fondo di questi primi
libri? Giovanni Peduto lo ha chiesto al presidente del dicastero pontificio,
il cardinalePaul Poupard:
R.
- Il messaggio che viene da questi primi volumi è che è possibile e anche doveroso
dare strumenti semplici e concreti di cultura scientifica a persone che non hanno
avuto prima una preparazione prettamente scientifica. Il secondo dato è che questo,
fatto da specialisti, dimostra che la scienza - ben lontana dall’essere nemica della
fede - aiuta la fede ad inserirsi nel contesto culturale, la permette di approfittare
delle sue ricerche e permette che la scienza stessa riceve dalla fede un orientamento
profondo che le evita, in particolare, di ridurre l’uomo ad un oggetto invece che
una persona.
D. - Il Papa chiede di ampliare gli
orizzonti della ragione. Lei vede una crisi della ragione, oggi?
R.
- C’è come un dubbio che la ragione, che nel razionalismo pretendeva di eliminare
la fede, adesso sia essa stessa a dubitare della sua capacità di ragionare. Allora,
è interessante vedere come uomini di fede aiutino gli uomini della "ragione" - se
così si possono definire - e i filosofi a riprendere fiducia nella propria ragione.
E’ questa la grande lezione che non cessa di darci il nostro Santo Padre Benedetto.
D.
- Oggi, molti intellettuali di ispirazione laica stanno riflettendo in maniera positiva
sugli interventi di Benedetto XVI...
R. - Certamente.
Perché proprio loro trovano un aiuto che non si poteva pensare prima e dunque, nel
rispetto totale della epistemologia: e cioè che la ragione stessa scopre la dimensione
religiosa della vita e che questa dimensione religiosa fornisce un orizzonte e conforta
la ricerca razionale.
D. - Più che mai, oggi è vitale
un dialogo non solo tra religioni, ma anche tra fede e cultura laica. Come evitare
il ricomporsi di antichi steccati?
R. - Questa è
l’intuizione del Santo Padre: di coniugare il dialogo interculturale e il dialogo
interreligioso, che così consente agli uomini di cultura di diverse provenienze di
incontrarsi, per discutere in modo ragionevole. Ho appena ricevuto un invito dell’Università
della Repubblica di Tunisia, che ha una popolazione musulmana, a partecipare a un
convegno sul rapporto tra fede e ragione, alla luce di tre grandi maestri: Maimonide,
Averroè e Tommaso d’Aquino. Ho appena ricevuto un interlocutore del Marocco che mi
diceva che gli incontri tra cristiani e musulmani nel Marocco vertono su questi due
ambiti: prima di tutto, l’incontro tra uomini di cultura che scambiano opinioni sul
mondo stesso della cultura, e dall’altra parte gli scambi anche sull’esperienza religiosa
di credenti.