2007-05-06 12:04:33

Le Guardie Svizzere commemorano i caduti nella difesa del Papa durante il Sacco di Roma, il 6 maggio del 1527. Intervista con il colonnello Elmar Theodor Mäder


La Guardia Svizzera Pontificia ricorda oggi i 147 commilitoni caduti per difendere Papa Clemente VII il 6 maggio 1527 durante il Sacco di Roma da parte delle truppe dell’imperatore tedesco Carlo V. Le 42 Guardie Svizzere sopravvissute agli scontri riuscirono a portare in salvo il Pontefice a Castel Sant’Angelo attraverso il “passetto”, la struttura muraria ancora oggi esistente, che collega il Vaticano al castello. Stamani, l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha presieduto la Santa Messa per le Guardie nella Basilica Vaticana. La commemorazione vera e propria si è svolta al mattino nel Cortile d’onore della Caserma, mentre questo pomeriggio alle 17.00 il Cortile di San Damaso ospita la cerimonia del giuramento delle 38 reclute, alla presenza di ecclesiastici, diplomatici e dei familiari dei nuovi commilitoni. Ma cosa vuol dire oggi far parte della Guardia Svizzera? Risponde, al microfono di Giovanni Peduto, il comandante della Guardia Svizzera, il colonnello Elmar Theodor Mäder: RealAudioMP3


R. – Per i giovani d’oggi rappresenta un’esperienza, normalmente la prima esperienza che fanno all’estero e quindi si tratta di un incontro con un’altra cultura, un’altra lingua. E’ una esperienza nel campo della sicurezza. Ci sono alcuni che vogliono anche sperimentare il “cameratismo”, che è molto presente nella Guardia Svizzera. Si tratta insomma di una “avventura”.

 
D. - Qual è il ruolo della Guardia Svizzera riguardo alla sicurezza del Papa?

 
R. - Noi abbiamo il compito della sicurezza personale del Santo Padre. Questo è un compito che possiamo garantire con il personale – diciamo – più anziano e, quindi, caporali, sergenti ed ufficiali, che sono circa 25-30, che si occupano specificatamente di questo settore della sicurezza. Il giovane che arriva da noi, quindi, ancora non svolge questo compito di sicurezza personale del Papa. Per noi è un po’ più facile riuscire a garantire la sicurezza del Papa, rispetto ad altri servizi di sicurezza esteri e questo perché il Vaticano è piccolo, ne conosciamo tutti gli angoli e l’area nella quale gira il Papa è continuamente sorvegliata sia dalla Guardia Svizzera che dalla Gendarmeria. Quando poi il Papa viaggia la sicurezza è anzitutto compito del Paese che ospita il Santo Padre, ma è certo che sono presenti anche guardie che fanno da collegamento tra la sicurezza locale e il seguito del Papa.

 
D. - Qual è la sua esperienza personale? Perché è entrato a far parte della Guardia Svizzera?

 
R. – Sono entrato per motivi – diciamo – vocazionali, anche se non si tratta ovviamente di una vocazione sacerdotale, che non ho. Ho sentito, però, alla fine dei miei studi, di lavorare concretamente per la Chiesa; incontrando un sacerdote svizzero qui a Roma, si è sviluppata questa idea, questa possibilità di diventare ufficiale della Guardia Svizzera. Per me è molto importante stare vicino al Papa, lavorare concretamente per lui. Ma anche il lavoro con i giovani mi sta veramente molto a cuore, perché hanno un’età – tra i 20 e i 25 anni, appunto – dove si lasciano ancora plasmare. Questo è un ruolo anche un po’ di insegnante. Quando noi guardiamo indietro alla nostra vita, capiamo che questa è una età molto intensa e molto importante. Se io posso dare loro qualcosa per il loro futuro, per me è molto soddisfacente.







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