Il cardinale Tarcisio Bertone: la visita del Papa in Brasile occasione per rilanciare
l'evangelizzazione, la solidarietà e la giustizia nel continente della speranza
Fra tre giorni, dunque, mercoledì 9 maggio, Benedetto XVI partirà per il Brasile in
occasione dell’apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano
e dei Caraibi, che sarà inaugurata ad Aparecida domenica 13 maggio. E’ il sesto viaggio
apostolico extra-italiano di Benedetto XVI in due anni di Pontificato. Su questo importante
evento il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha rilasciato una
lunga intervista in esclusiva, di cui oggi trasmetteremo una prima parte, al principale
quotidiano di San Paolo, Folha de São Paulo, e alla Radio Vaticana. Per noi ha raccolto
le sue riflessioni Giovanni Peduto: R.
– E’ noto che l’occasione immediata della visita di Papa Benedetto XVI in Brasile
è la V Assemblea della Conferenza di tutti i vescovi latinoamericani. E’ la prima
visita che il Papa, il nuovo Papa, fa in America Latina. Il Papa conosce bene il continente
americano e soprattutto il continente sudamericano proprio perché ha incontrato tutti
i vescovi diverse volte in occasione delle visite ad Limina in Vaticano; ma ha anche
partecipato a riunioni in America Latina: ricordo, per esempio, la riunione di Guadalajara
del 1996 con i presidenti e molti vescovi rappresentanti di tutte le Commissioni dottrinali
dell’America Latina. Si tratta, perciò, di un ritorno, ma di un ritorno nel grande
Paese del Brasile, che è tra l’altro il Paese che ha il maggior numero di cattolici,
un ritorno del cardinale Ratzinger come Papa, per affrontare le sfide e i problemi
che il Terzo Millennio pone a questo grande continente cristiano, profondamente cristiano,
che è stato chiamato da Giovanni Paolo II il “continente della speranza”. Ha delle
peculiarità, proprio perché è stato evangelizzato, ha assorbito la linfa del cristianesimo,
ne ha permeato la sua storia, tutte le sue strutture e le sue attività, anche se –
purtroppo – il lievito evangelico non ha ancora risolto i problemi più brucianti di
questo continente e che sono i problemi delle disuguaglianze, della povertà e - a
volte - anche dell’oppressione. E’, quindi, un’occasione provvidenziale per lanciare
un grande messaggio a tutti gli operatori, a tutte le comunità locali, alle Chiese
locali, a tutti i cristiani e agli uomini di buona volontà, ma è anche un’occasione
per rilanciare un grande movimento di solidarietà, di promozione della giustizia nel
continente latinoamericano.
D. – In che modo la
Santa Sede vede il cammino della Chiesa in America Latina?
R.
– L’America Latina, come abbiamo rilevato anche nel recente incontro del febbraio
scorso con tutti i nunzi apostolici dei 22 Paesi dell’America Latina e dell’America
Centrale, è un continente ferito da situazioni di drammaticità immane. Pensiamo alla
violenza che affligge soprattutto le grandi metropoli; pensiamo al narcotraffico,
che diventa sempre più aggressivo e potente; pensiamo a quelle che ho chiamato le
disuguaglianze sociali, che non si riescono ancora a colmare; pensiamo al problema
della disoccupazione, al problema delle migrazioni, il deterioramento dell’educazione
che colpisce buona parte di giovani che sono la grande maggioranza degli abitanti
e dei cittadini dei Paesi latinoamericani, ma anche il deficit di democrazia rappresentativa.
Naturalmente in tutte queste situazioni la Chiesa è presente prima di tutto per consolidare
l’annuncio evangelico, ma anche per promuovere una “rivoluzione umana”, una rivoluzione
di uguaglianza e di giustizia e di pacificazione che è nello stesso DNA della missione
della Chiesa e che è aiutata ed è portata avanti da tutte le componenti ecclesiali:
dai vescovi, dalla gerarchia, dai laici fino alle grandi Congregazioni religiose,
antiche e moderne, dai movimenti alle associazioni laicali. Quindi la Chiesa vede
anche dei segni positivi nelle comunità locali dell’America Latina e vede una rinnovata
crescita anche di vocazioni sia alla vita sacerdotale sia alla vita consacrata ed
una presa di coscienza dei laici che è da sottolineare e che è soprattutto da incrementare.
D. – Il documento preparatorio della V Conferenza
di Aparecida evidenzia in più punti le situazioni di ingiustizia e di povertà che
affliggono l’America Latina. Una condizione, questa, che richiede una maggiore azione
da parte dei cattolici del continente. Che tipo di risposta ci si aspetta dalla V
Conferenza sulla questione sociale in America Latina?
R.
– Intanto abbiamo nell’orizzonte dell’impegno della Chiesa anche – direi – una matrice,
un programma di impegno sociale che è dato dalla dottrina sociale della Chiesa, dal
Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e che è diffuso in tutto il mondo, che
è stato assunto, presentato e – direi – progressivamente assimilato soprattutto da
parte dei laici impegnati nella vita sociale e nella vita politica, ma anche dai religiosi
e dalle religiose, dai sacerdoti e dai vescovi. Abbiamo, quindi, questa matrice che
ci illumina, che ci spinge e che è la dottrina sociale della Chiesa. La V Conferenza,
con la capacità di osservazione obiettiva dei fenomeni e delle situazioni, naturalmente
individuerà poi – secondo le linee anche del magistero precedente, delle altre Conferenze
che si sono succedute (pensiamo a Medellin, a Puebla, a Santo Domingo, etc) – le linee
prettamente operative. Non c’è dubbio che tutte le componenti ecclesiali sono impegnate
proprio nei due versanti: nel versante dell’evangelizzazione vera e propria e, quindi,
nel consolidamento della fede cristiana, della conoscenza e dell’esperienza cristiana
della vita in Cristo; e nel versante dell’azione sociale e della promozione umana.
Le iniziative – pensiamo anche alle onlus, pensiamo anche a tutti i gruppi che operano,
io stesso andrò personalmente in Perù ad accompagnare e ad incrementare l’azione di
una associazione italiana, come l’Operazione Mato Grosso, che opera in America Latina
- sono migliaia le iniziative che si pongono atti di solidarietà dall’antico continente
europeo ed altri continenti proprio in aiuto all’America Latina. La Chiesa latinoamericana
non farà altro che consolidare, ratificare, verificare, correggere magari i difetti
e le deficienze, e quindi incrementare questa immensa attività, questo fiume di carità
sociale, che attraversa tutta l’America Latina.
D.
– Quali sono, eminenza, le sue aspettative per questa Conferenza di Aparecida?
R.
– Anzitutto uno sforzo ed una riaffermazione dell’unità ecclesiale in questa missione
che è affidata proprio alla Chiesa cattolica in America Latina, unità dei vescovi
e delle Chiese locali fra di loro ed unità e comunione con il Papa e, quindi, con
il supremo pastore della Chiesa universale, che viene a portare la sua parola, la
sua solidarietà, a lanciare i suoi messaggi che – come avvertiamo, anche nell’esperienza
di questi due anni di Pontificato di Benedetto XVI – sono così incisivi e così vicini
alla gente e ai veri problemi della gente. Naturalmente il Papa mette ed intende mettere
nel cuore della gente prima di tutto l’amore appassionato a Cristo e attende che i
vescovi e i pastori della Chiesa, riuniti insieme ad Aparecida, mettano al primo posto
l’amore appassionato a Cristo, unico ed universale Salvatore del mondo. Quindi lo
sguardo a Cristo; l’unità tra di loro, ma con Cristo Salvatore; e poi l’incontro con
Cristo nell’Eucaristia, con la frequenza alla Messa, soprattutto alla Messa domenicale,
la sorgente di tutte quelle energie e di tutte quelle risorse che portano alla carità
e all’amore verso il prossimo. Così come il Papa ha spiegato tanto bene nella sua
Enciclica Deus Caritas Est. Credo che queste due linee – la linea di attrazione e
di unità con Cristo e la linea operativa di azione caritativa, sociale ed anche politica
dei membri della Chiesa nelle società in cui vivono, come lievito delle società in
cui vivono – saranno le due linee maestre che saranno assunte e rilanciate proprio
dalla V Conferenza dei vescovi latinoamericani.