Al via a Roma l'assemblea dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali: le
religiose di tutto il mondo vogliono promuovere la spiritualità della speranza. Intervista
con suor Victoria Gonzales de Castejon
Si è aperta oggi a Roma l’Assemblea plenaria dell’Unione Internazionale delle Superiore
Generali sul tema “Sfidate a tessere una nuova spiritualità che generi speranza e
vita per tutta l’umanità”. Con noi a parlarcene suor Victoria Gonzales de Castejon,
segretaria generale dell’Unione. Giovanni Peduto le ha chiesto quale spiritualità
richiede oggi l’umanità alle religiose:
R.
– Penso che l’umanità richieda una spiritualità che sia basata sulla parola, su Gesù.
Il fondamento di tutta la spiritualità per noi religiose deve essere la Parola, con
la "P" maiuscola, che vuole dire Gesù.
D. - Perché
l’interesse di molte giovani per la vita contemplativa, piuttosto che per la vita
attiva?
R. – Penso perché – non ho ovviamente nessuna
certezza – hanno avuto in precedenza una vita molto attiva e molto poco silenziosa.
Non hanno cioè scoperto la contemplazione, non hanno scoperto la contemplazione e
il silenzio. Non hanno vissuto e sperimentato tutto questo. Ma c’è poi un momento
della loro vita in cui sentono ed hanno bisogno di sperimentare il momento contemplativo.
Forse dopo la troppa agitazione, il troppo movimento, la troppa fretta arrivano a
desiderare uno spazio di maggior tranquillità.
D.
- E’ in atto una ripresa delle vocazioni alla vita religiosa femminile oppure è ancora
in corso una certa crisi?
R. – Questo è relativo
ai diversi continenti. La situazione è molto diversa se si parla dell’Africa, dell’Asia
o se si parla dell’Europa. In Europa le vocazioni sono diverse e riguardano donne
molto più mature, che hanno già una loro professione avviata e consolidata. La situazione
è ben diversa in Africa, così come in Asia. Quindi il dato relativo alla ripresa delle
vocazioni è relativo e si differenzia a seconda dei continenti.
D.
- Perché una giovane dovrebbe abbracciare la vita religiosa?
R.
– Io qui, in realtà, cambierei il verbo “dovrebbe”. E questo perché penso che la vita
religiosa sia per ciascuna persona un’opzione di vita, una delle tante, come potrebbe
essere il matrimonio. Una giovane che scopre la bellezza della vita religiosa, questo
per lei rappresenta una vocazione, un desiderio di seguire Cristo, donandosi agli
altri.
D. - In quali campi è più richiesta la presenza
delle religiose?
R. – In tutti. E questo perché oggi
gli areopaghi sono tanti e diversi: ci sono le comunicazioni, continua purtroppo ad
esserci la povertà e quindi i poveri, gli immigrati; ma ancora l’educazione, la scuola,
il mondo intellettuale. Penso che la presenza religiosa sia importante ovunque essa
sia necessaria e deve rispecchiare le capacità e le potenzialità di ciascuna religiosa:
non tutte possono essere insegnanti di università o professoresse, né tanto meno tutte
possono impegnarsi quotidianamente in una favelas. Io credo che la presenza della
vita religiosa e quindi delle religiose sia importante in qualunque parte del mondo.