Superare le tensioni tra culture e religioni e sostenere l’avvio di un serio negoziato
per il Medio Oriente: Benedetto XVI ne ha parlato con l’ex presidente iraniano, Khatami,
ricevuto in udienza. Intervista con mons. Piero Coda
Un segnale forte per il dialogo interreligioso e la convivenza civile in Iran: con
queste premesse era stata annunciata dal nunzio apostolico in Iran, l'arcivescovo
Angelo Mottola, la visita compiuta oggi al Papa, in Vaticano, dell’ex presidente della
Repubblica Islamica dell’Iran, Seyyed Mohammad Khatami, giunto ieri sera a Roma. Durante
il colloquio è stato auspicato di poter superare le tensioni che segnano i nostri
tempi ed espresso sostegno ad iniziative forti per avviare un negoziato serio sul
Medio Oriente, come la conferenza sull’Iraq chiusa oggi a Sharm-el-Sheikh. Il servizio
di Roberta Gisotti: *********
Benedetto
XVI è stato a colloquio stamani per circa mezz’ora con l’ex capo di Stato iraniano,
che si è poi soffermato un’altra mezz’ora con il cardinale segretario di Stato Tarcisio
Bertone, accompagnato dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti
con gli Stati. “Conversazioni" - informa una nota della della Sala stampa vaticana
- che “hanno permesso di soffermarsi sull’importanza di un sereno dialogo tra le culture,
inteso a superare le gravi tensioni che segnano il nostro tempo e a promuovere una
fruttuosa collaborazione a servizio della pace e dello sviluppo di tutti i popoli.
Si è accennato pure - prosegue la nota - alle condizioni ed ai problemi delle comunità
cristiane in Medio Oriente ed in Iran”. E, riguardo “alla situazione del Medio Oriente,
è stata ribadita la necessità di iniziative forti della comunità internazionale” -
come la Conferenza sull’Iraq a Sharm-el-Sheikh - “in ordine all’avvio di un negoziato
serio, che tenga conto dei diritti e degli interessi di tutti, nel rispetto della
legalità internazionale e nella consapevolezza - conclude la nota - che occorre ricostruire
la fiducia reciproca”. Al termine del colloquio tra Benedetto XVI e Khatami, lo scambio
dei doni: l’ex presidente iraniano ha offerto una pubblicazione di pitture del suo
Paese con immagini simboliche sul tema della pace, e il Papa ha ricambiato con un’artistica
penna dedicata ai 500 anni dei Musei Vaticani. Una visita dunque attesa, quella di
Khatami a Benedetto XVI - in agenda già dal novembre scorso, poi annullata “per motivi
di ordine internazionale”, dopo le reazioni del mondo musulmano al discorso del Papa
nell’Università di Ratisbona.
Da ricordare il precedente incontro, nel marzo
’99, tra Khatami - che ha guidato il suo Paese dal ‘97 al 2005 - e Giovanni Paolo
II, il primo nella storia di un presidente iraniano con il Papa in Vaticano, improntato
- si commentò allora - in uno spirito di dialogo tra musulmani e cristiani. E bene
aprono alla speranza le parole di Khatami al suo arrivo ieri sera a Roma. “In un mondo
in cui la cosa più importante è la violenza già parlare di pace sarebbe tantissimo”,
ha detto l’ex presidente iraniano salutando i partecipanti al Convegno alla Pontificia
Università Gregoriana sul tema “Dialogo interculturale: una sfida per la pace”. E
stamani, ancora nella stessa sede ha auspicato “sforzi comuni in futuro” con il Papa
per curare “le sofferenze di questo mondo”, ma forse - ha aggiunto - un solo incontro
non può bastare, perchè “le ferite sono purtroppo molto ampie”. Fitta d’impegni l’agenda
di Khatami in Italia, dove resterà fino al 10 maggio per incontrare il presidente
del Consiglio Prodi, oltre al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, al presidente
della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, al presidente dell’Unione interparlamentare,
Pierferdinando Casini, e diverse altre autorità politiche e religiose a Napoli, Palermo,
Milano, Forlì e Bari.
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Si è aperta dunque ieri pomeriggio
e si è chiusa stamane a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, la conferenza
su “Dialogo interculturale, una sfida per la pace”, promossa dalla fondazione “La
Gregoriana” e dall'ambasciata iraniana presso la Santa Sede, che ha visto la partecipazione
dell'ex presidente iraniano, Mohammad Khatami. Al centro del dibattito, il rapporto
fra cattolicesimo e islam, con riferimento alla situazione iraniana. Eugenio Bonanata
ha intervistato mons. Piero Coda, docente di Teologia alla Lateranense:
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R.
- Il valore di questa Conferenza è quello di una tappa - direi - storica nel cammino
dell’incontro tra cristianesimo ed islam e in particolare islam sciita, quello che
vive in Iran, in quanto la presenza qui a Roma del presidente Khatami, in un dialogo
profondo e serrato con il cristianesimo e con la cultura occidentale, è sintomo di
una grande apertura e della volontà non solo di mantenere, ma anche di far compiere
dei salti qualitativi in avanti nel dialogo, appunto, tra cristianesimo ed islam.
D. - In che misura è possibile in Iran parlare
di dialogo interreligioso?
R. - L’islam ha in se
stesso, proprio in base ai suoi testi fondatori e alla sua esperienza bimillenaria,
le virtualità necessarie per aprire degli spazi di dialogo con il cristianesimo, con
le altre religioni e con la cultura moderna. La prima fondamentale linea di questa
fondazione di possibilità del dialogo è il fatto stesso di credere nella rivelazione
di Dio e, quindi, in una parola che è rivolta all’uomo e che fa l’uomo capace di ascolto,
di apertura e misericordia verso l’altro.
D. - Le
differenze fra le due religioni sono evidenti, ma come si può evitare lo scontro di
civiltà e parlare dunque di pace?
R. - Lo scontro
di civiltà bisogna vedere quanto nasca dalle viscere di queste tradizioni di fede
e quanto invece nasca dalle sovrastrutture che una vita politica ed economica del
nostro tempo tendono a porre anche sulle tradizioni religiose e mettendole, quindi,
in concorrenza fra di loro.
D. - In Occidente, in
Europa è l’immigrato a rappresentare il volto dell’islam, questo immigrato che fa
paura e con cui, in alcuni casi, è difficile relazionarsi…
R.
- Occorre diventare capaci di relazionarsi con gli altri. Non si diventa così con
il semplice tocco di una bacchetta magica, ma è necessario dialogare, essere aperti,
essere misericordiosi, come il Buon Samaritano di cui parla Gesù. E’ certamente un’arte
difficile. Occorre oggi educarsi, tutti e non solo le nazioni occidentali - che per
tanti motivi aprono le loro porte ad un forte flusso di immigrazione - ma anche altre
terre ed altre civiltà della terra si aprono oggi ad un confronto diverso, ad un maggiore
movimento. E’, come dire, in modo del tutto speciale, una caratteristica del nostro
tempo quella del dialogo.
D. - Ecco, quindi, il
presente, la modernità, il futuro e quindi i nostri figli…
R.
- Certamente. Quando Paolo VI nella sua prima enciclica parla del dialogo come la
parole del nostro tempo, dicendo che la Chiesa è oggi chiama a farsi dialogum.
Espressione, questa, straordinaria e che ha dettato poi anche la tabella di marcia
del Concilio e che ha intuito profeticamente dallo Spirito Santo, quella che è una
esigenza del nostro tempo. E’ impensabile che le generazioni future possano convivere
in modo costruttivo e nella pace senza una cultura che assuma ed interiorizzi la capacità
e la volontà di dialogo come struttura portante del vivere sociale.