2007-05-03 13:57:50

La vicenda di Vanessa. Mons. Sigalini: necessaria la giustizia, ma il cristiano deve saper dire la parola "perdono"


La morte di Vanessa Russo, la giovane rimasta vittima, una settimana fa, di un’aggressione da parte di due rumene, nella stazione Termini della metropolitana di Roma, ha scosso le coscienze di molti. L’episodio ha sollevato anche interrogativi sui problemi legati all’integrazione degli immigrati in Italia e sulla sicurezza. Rosario Tronnolone ne ha parlato con mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e segretario della Commissione per le Migrazioni della Conferenza episcopale italiana: RealAudioMP3

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R. – Questi fatti delittuosi ci addolorano e soprattutto chiamano in causa un sentimento di vigilanza e di attenzione ai diritti di tutti e quindi l’applicazione della giustizia. Questo, però, non significa che dobbiamo iniziare battaglie pro o contro a partire da queste situazioni, tanto più che come cristiani abbiamo il dovere di intervenire con un massimo di comprensione e di accoglienza, pur nel rispetto dei diritti di tutti.

D. – Secondo lei è possibile prevenire episodi di questo genere?

R. – La prevenzione funziona soprattutto se riusciamo ad assicurare dei diritti per le persone che entrano come ospiti nella nostra comunità. Teniamo conto che tante volte le persone che compiono questi gesti sono dentro illegalità assolute - e nelle quali vivono anche tanti dei nostri connazionali - perché non è mai rispettato il diritto di tutti. Sappiamo degli affitti che vengono praticati a persone di questo genere, del lavoro in nero che esiste, sappiamo anche della tratta delle persone, che vengono avviate alla prostituzione. Insomma, c’è tutto un insieme di elementi sui quali dobbiamo porre attenzione, che non giustificano assolutamente nessun gesto, neanche lontanamente vicino a quello cui stiamo pensando in questi giorni, ma che però richiamano tutti noi ad un’accoglienza seria. Dobbiamo avere il coraggio di chiedere il rispetto dei diritti, ma dobbiamo, però, anche noi rispettare i diritti di tutti.

D. – Lei ha parlato di accoglienza seria, in questo, dal punto di vista delle istituzioni, è forse necessaria anche una maggiore chiarezza nelle regole, una maggiore chiarezza nell’ordine…

R. - La chiarezza nelle regole è fatta anche però di uno stile di vita e lo stile di vita non è improvvisabile soltanto con delle leggi che dicono questo o quest’altro. Nessuno è autorizzato a compiere dei delitti, questo lo sappiamo tutti. Perché avvengono allora? Perché c’è un clima nel quale non riusciamo a rimettere al centro le questioni fondamentali e quindi il rispetto della vita di tutti. Siccome è venuto meno il rispetto della vita di tutti, si giunge a questi estremi. Io, però, vorrei anche dire che come cristiani abbiamo un obbligo in più oltre che all’accoglienza, alla comprensione e al senso della giustizia. La parola “perdono” il cristiano deve dirla altissima. Se c’è uno che ha continuato a parlare di perdono è proprio Gesù, che è morto per la giustizia. Non possiamo tacciarlo di connivenza, di aver chiuso un occhio, di insabbiamento. Non è questo il perdono. Il perdono è imitare Dio, fare come fa Lui per noi. E invece Dio, purtroppo, ci trova sempre più inadempienti, ma nonostante questo Lui ci ama ancora di più.

D. – Quando parliamo di accoglienza, quando parliamo di rapporti tra le persone, cosa deve esserci da parte dei singoli?

R. – Da parte dei singoli deve esserci la consapevolezza che l’incontro con l’altro è sempre un dono. Siamo tutti dentro questo rischioso mestiere di vivere. L’ascoltare, l’accogliere l’altro è sempre la ricerca di un dono che ci è dato da Dio, nelle vite delle persone che ci circondano.

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