La Chiesa ricorda i Santi Filippo e Giacomo “il minore”, Apostoli. Il Papa: ci insegnano
che l'intima amicizia con Gesù diventa amore concreto per gli altri
Amici e compagni della predicazione terrena di Gesù, poi annunciatori del Vangelo
e martiri, e ancora uniti dal ricordo comune della Chiesa. Sono i Santi Apostoli,
Filippo e Giacomo “il minore”, tradizionalmente festeggiati nella liturgia del 3 maggio
di ogni anno. Durante il ciclo di catechesi dello scorso anno, dedicate alla figura
degli Apostoli, Benedetto XVI definì la vita di Filippo come un segno concreto della
“Rivelazione” portata da Gesù e la persona di Giacomo “come un maestro di vita” anche
per i cristiani di oggi. Alessandro De Carolis ha tracciato un profilo di queste
due figure:
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La
loro importanza è giunta fino a noi, racchiusa nei pochi “fotogrammi” dei Vangeli
che li riguardano. Filippo e Giacomo cosiddetto “il minore” sono due degli Apostoli
di Gesù, che la Chiesa ha unito in un’unica memoria liturgica. Oltre al nome, gli
evangelisti Matteo, Marco e Luca danno di Filippo solo il luogo di nascita: Betsaida.
E’ Giovanni a fornire particolari che ne fanno emergere tratti della personalità.
Filippo è amico dell’apostolo Natanaele-Bartolomeo, un amico che accoglie con un certo
scetticismo la notizia che Filippo gli porta, dopo aver conosciuto Gesù: “Abbiamo
trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge e i Profeti”. “Da Nazareth
può forse venire qualcosa di buono?” è la replica piuttosto sarcastica di Natanaele.
E Filippo, senza giri di parole: “Vieni e vedi”. Ma Filippo è anche l’Apostolo che
a Gesù che gli chiedeva dove fosse possibile comprare il necessario per sfamare la
folla che lo seguiva risponde: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure
perché ognuno di loro possa riceverne un pezzo”. Poco dopo, Gesù compirà il miracolo
della moltiplicazione. Un uomo concreto e diretto, dunque, e stimato tra i suoi compagni:
questo è il Filippo disegnato dai Vangeli. Riflettendo sul suo “vieni e vedi” rivolto
duemila anni fa a Natanaele, Benedetto XVI affermò nell’udienza generale del 6 settembre
2006, dedicata all’apostolo:
“Possiamo pensare
che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento.
L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino (…) Egli infatti non è solo un Maestro,
ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani?
L’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di
Gesù Cristo”. Una tradizione concorde vuole Filippo evangelizzatore
della Scizia e della Frigia. E lo vuole martire in una delle città frigie dell’Asia
Minore, Gerapoli, forse crocifisso a testa in giù.
(musica)
E’
dal 1959 che la liturgia latina celebra insieme, il 3 maggio, la festa di San Filippo
e quella di San Giacomo “il minore”. Le ossa dei due Santi furono trasferite a Roma
nel sesto secolo, ai tempi dei Papi Pelagio e Giovanni III e composte nella Basilica
paleocristiana fatta appositamente costruire nei pressi del Foro Traiano e dedicata
ai due Apostoli come tempio votivo per la liberazione di Roma dai Goti. Col tempo,
oltre alla sua architettura - l’attuale stile barocco risale al 1700 - anche la denominazione
della Basilica cambiò in quella dei “XII Apostoli”, pur essendo stata intitolata inizialmente
solo a Filippo e Giacomo. Di quest’ultimo, la “biografia” evangelica è più corposa.
Era un nazareno come Gesù - e si dice a lui anche molto somigliante - ma figlio di
Alfeo e non di Zebedeo, come invece l’altro Apostolo Giacomo, fratello di Giovanni.
Anche per Giacomo “il minore” l’epilogo della vita fu il martirio, a Gesusalemme -
ne era diventato il primo vescovo - precipitato dalle mura del tempio ad opera dei
Giudei, sembra su istigazione del sommo sacerdote Anna II. Sono trascorsi 30 anni
dalla morte di Gesù e se il suo messaggio è in piena espansione è anche grazie al
ruolo di primo piano giocato da Giacomo: ruolo che spicca nel racconto degli Atti
degli Apostoli. Nel primo, celebre Concilio dell’anno 49, Giacomo sostenne la libertà
dei non ebrei di essere accolti nella comunità cristiana senza sottoporsi alla circoncisione.
E’ il primo segno della cattolicità della Chiesa nascente ed è un segno peculiare
dell’animo di Giacomo che, a differenza di Paolo che si rivolgeva a comunità specifiche,
scriverà una importante lettera a tutti i cristiani dell’epoca, indistintamente. Così
Benedetto XVI ne sottolineò la rilevanza durante l’udienza generale del 28 giugno
2006:
“Si tratta di uno scritto assai importante,
che insiste molto sulle necessità di non ridurre la propria fede ad una pura dichiarazione
verbale o astratta, ma di esprimerla concretamente in opere di bene (…) San Giacomo
in questa lettera ci invita alla costanza nelle prove gelosamente accettate e alla
preghiera fiduciosa per ottenere da Dio il dono della sapienza, grazie alla quale
giungiamo a comprendere che i veri valori della vita non stanno nelle ricchezze transitorie,
ma nel saper condividere le proprie sostanze con i poveri e i bisognosi”. (musica)