2007-05-03 12:55:46

La Chiesa ricorda i Santi Filippo e Giacomo “il minore”, Apostoli. Il Papa: ci insegnano che l'intima amicizia con Gesù diventa amore concreto per gli altri


Amici e compagni della predicazione terrena di Gesù, poi annunciatori del Vangelo e martiri, e ancora uniti dal ricordo comune della Chiesa. Sono i Santi Apostoli, Filippo e Giacomo “il minore”, tradizionalmente festeggiati nella liturgia del 3 maggio di ogni anno. Durante il ciclo di catechesi dello scorso anno, dedicate alla figura degli Apostoli, Benedetto XVI definì la vita di Filippo come un segno concreto della “Rivelazione” portata da Gesù e la persona di Giacomo “come un maestro di vita” anche per i cristiani di oggi. Alessandro De Carolis ha tracciato un profilo di queste due figure: RealAudioMP3

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La loro importanza è giunta fino a noi, racchiusa nei pochi “fotogrammi” dei Vangeli che li riguardano. Filippo e Giacomo cosiddetto “il minore” sono due degli Apostoli di Gesù, che la Chiesa ha unito in un’unica memoria liturgica. Oltre al nome, gli evangelisti Matteo, Marco e Luca danno di Filippo solo il luogo di nascita: Betsaida. E’ Giovanni a fornire particolari che ne fanno emergere tratti della personalità. Filippo è amico dell’apostolo Natanaele-Bartolomeo, un amico che accoglie con un certo scetticismo la notizia che Filippo gli porta, dopo aver conosciuto Gesù: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge e i Profeti”. “Da Nazareth può forse venire qualcosa di buono?” è la replica piuttosto sarcastica di Natanaele. E Filippo, senza giri di parole: “Vieni e vedi”. Ma Filippo è anche l’Apostolo che a Gesù che gli chiedeva dove fosse possibile comprare il necessario per sfamare la folla che lo seguiva risponde: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno di loro possa riceverne un pezzo”. Poco dopo, Gesù compirà il miracolo della moltiplicazione. Un uomo concreto e diretto, dunque, e stimato tra i suoi compagni: questo è il Filippo disegnato dai Vangeli. Riflettendo sul suo “vieni e vedi” rivolto duemila anni fa a Natanaele, Benedetto XVI affermò nell’udienza generale del 6 settembre 2006, dedicata all’apostolo:

 
“Possiamo pensare che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento. L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino (…) Egli infatti non è solo un Maestro, ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani? L’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo”.

Una tradizione concorde vuole Filippo evangelizzatore della Scizia e della Frigia. E lo vuole martire in una delle città frigie dell’Asia Minore, Gerapoli, forse crocifisso a testa in giù.

 
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E’ dal 1959 che la liturgia latina celebra insieme, il 3 maggio, la festa di San Filippo e quella di San Giacomo “il minore”. Le ossa dei due Santi furono trasferite a Roma nel sesto secolo, ai tempi dei Papi Pelagio e Giovanni III e composte nella Basilica paleocristiana fatta appositamente costruire nei pressi del Foro Traiano e dedicata ai due Apostoli come tempio votivo per la liberazione di Roma dai Goti. Col tempo, oltre alla sua architettura - l’attuale stile barocco risale al 1700 - anche la denominazione della Basilica cambiò in quella dei “XII Apostoli”, pur essendo stata intitolata inizialmente solo a Filippo e Giacomo. Di quest’ultimo, la “biografia” evangelica è più corposa. Era un nazareno come Gesù - e si dice a lui anche molto somigliante - ma figlio di Alfeo e non di Zebedeo, come invece l’altro Apostolo Giacomo, fratello di Giovanni. Anche per Giacomo “il minore” l’epilogo della vita fu il martirio, a Gesusalemme - ne era diventato il primo vescovo - precipitato dalle mura del tempio ad opera dei Giudei, sembra su istigazione del sommo sacerdote Anna II. Sono trascorsi 30 anni dalla morte di Gesù e se il suo messaggio è in piena espansione è anche grazie al ruolo di primo piano giocato da Giacomo: ruolo che spicca nel racconto degli Atti degli Apostoli. Nel primo, celebre Concilio dell’anno 49, Giacomo sostenne la libertà dei non ebrei di essere accolti nella comunità cristiana senza sottoporsi alla circoncisione. E’ il primo segno della cattolicità della Chiesa nascente ed è un segno peculiare dell’animo di Giacomo che, a differenza di Paolo che si rivolgeva a comunità specifiche, scriverà una importante lettera a tutti i cristiani dell’epoca, indistintamente. Così Benedetto XVI ne sottolineò la rilevanza durante l’udienza generale del 28 giugno 2006:

 
“Si tratta di uno scritto assai importante, che insiste molto sulle necessità di non ridurre la propria fede ad una pura dichiarazione verbale o astratta, ma di esprimerla concretamente in opere di bene (…) San Giacomo in questa lettera ci invita alla costanza nelle prove gelosamente accettate e alla preghiera fiduciosa per ottenere da Dio il dono della sapienza, grazie alla quale giungiamo a comprendere che i veri valori della vita non stanno nelle ricchezze transitorie, ma nel saper condividere le proprie sostanze con i poveri e i bisognosi”.
 
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