Giornata mondiale per la libertà di stampa: crescono gli attacchi agli operatori dei
media
Centinaia ogni anno gli operatori dei media uccisi in gran parte sui fronti di guerra,
150 solo lo scorso anno, altre centinaia quelli arrestati svolgendo il proprio lavoro,
migliaia le intimidazioni ai giornalisti in una quarantina di Paesi. Tante le denunce
e gli appelli nell’odierna 17ma Giornata mondiale per la libertà di stampa, indetta
dalle Nazioni Unite. “Gli attacchi contro la libertà di stampa – sottolinea il segretario
generale Ban Ki-moon – sono attacchi contro il diritto internazionale, contro l’umanità,
contro la libertà in generale. Una stampa libera, indipendente e al riparo da ogni
pericolo è uno dei fondamenti propri alla democrazia e alla pace. I governi, le organizzazioni
internazionali, i media e la società civile - sollecita Ban Ki-moon - hanno ciascuno
il proprio ruolo da giocare nella difesa di questi diritti”. Servizio di Roberta
Gisotti:
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Diversi gruppi armati sovversivi e numerose
autorità governative, anche in regimi formalmente democratici, come il presidente
russo Putin e personalità religiose, come l’iraniano Khamenei, nella lista nera dei
‘predatori della libertà di stampa”, stilata da “Reporter senza frontiere”. In tempi
di globalizzazione dell’informazione sembra restringersi lo spazio d’azione della
libera stampa, attaccata da ogni parte. Un processo involutivo forse sottovalutato.
Oltre alla denuncia cosa chiedere allora all’opinione pubblica in questa Giornata.
Stefano Marcelli, presidente di “Information, Safety and Fredoom”, Associazione
per la libertà d’informazione nel mondo:
R. – Intanto di rendersi conto
di quanto sta accadendo: i danneggiati, certo, in primo luogo sono i giornalisti,
ma poi lo saranno anche coloro che comprano il giornale, ascoltano la radio o guardano
la TV perché avranno un prodotto contaminato dalla paura, dalla corruzione e dai controlli.
Noi chiediamo all’ONU, all’Unione Europea ed anche al Governo italiano di farsi carico
del problema che non c’è democrazia senza libertà di stampa. Se i cittadini non conoscono
non sono neanche in grado di esercitare il proprio diritto democratico e se i cittadini
non imparano a leggere tra le righe e a difendere la libertà dei mezzi di informazione
rischiano sulla propria libertà.
D. - Tra i Paesi
alla ribalta delle cronache internazionali per le guerre che coinvolgono eserciti
occidentali sono l’Iraq e l’Afghanistan: qui fare il giornalista è costato e continua
a costare la vita a decine di colleghi e forse si parla poco del tributo altissimo
pagato dalla stampa locale…
R. – Questo è vero. In
Iraq, ormai da due anni, praticamente gli inviati occidentali non ci sono più e quello
che noi riusciamo a sapere lo sappiamo per il lavoro 'oscuro' e rischiosissimo dei
colleghi iracheni. Sono morti più di 200 giornalisti nel corso della guerra in Iraq:
due terzi sono proprio colleghi iracheni che lavoravano per testate internazionali
oppure per le nuove testate irachene che hanno cominciato a moltiplicarsi dopo la
caduta del regime. C’è chi si chiede, dopo la vicenda irachena, se è ancora possibile
fare il giornalista. La questione si è ora spostata in Afghanistan dove, proprio dopo
la vicenda del sequestro del nostro collega Daniele Mastrogiacomo, ci si chiede e
non solo per i giornalisti occidentali ma anche per quelli afghani, se potranno fare
il loro lavoro. Questo evidentemente riguarda molto da vicino quell’obiettivo della
democrazia che ha portato i militari americani e della Forza NATO, prima in Afghanistan
e poi in Iraq.
D. - Libertà di stampa a rischio
anche in Occidente: l’OSCE, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in
Europa, ha denunciato che molti Paesi abusano del segreto di Stato per nascondere
informazioni non collegate alla sicurezza nazionale…
R.
– C’è una vicenda che riguarda due colleghi svizzeri, che sono sotto processo per
essersi occupati dei famosi voli della CIA. Lo Stato svizzero li ha incriminati proprio
per violazione del segreto di Stato. Ma ci sono vicende che hanno riguardato – diciamo
dopo l’11 settembre, in particolare – quasi tutti i Paesi occidentali. Vorrei ricordare
che se però negli altri Paesi si utilizza il segreto di Stato per coprire certe attività,
magari poco trasparenti del Governo in campo militare o dell’Intelligence, in Italia
l’Autorità garante della privacy ha varato delle norme censorie per coprire le attività
di nostri politici e personaggi famosi. Quindi il potere sembra voler - dovunque e
comunque - tappare la bocca ai giornalisti dagli affari di Stato fino agli affari
privati: non è un buon periodo per la libertà di stampa.