2007-05-02 16:13:19

Lettera dei vescovi umbri sul lavoro: intervista con mons. Vincenzo Paglia


“Un lavoro sano, sicuro e dignitoso”. E’ il titolo della lettera della Conferenza episcopale umbra pubblicata in occasione della festa del primo maggio. Nel documento si analizza la relazione tra persona e lavoro prendendo in esame, in particolare, aspettative, desideri e doveri sociali. Si sottolinea, inoltre, la centralità del criterio della sicurezza: nessuna organizzazione del lavoro – si legge nel testo - può attentare alla dignità della persona. Ma cosa si intende per lavoro sano, sicuro e dignitoso? Risponde, al microfono di Antonella Palermo, mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni – Narni – Amelia e presidente della Commissione per i problemi sociali e del lavoro della Conferenza episcopale umbra: RealAudioMP3

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R. – Io credo che di fronte ai drammi che continuano a ripetersi – sembra che non passi giorno che non ci siano morti sul lavoro – questo dramma deve farci riflettere, perché ovviamente non è casuale e credo che sia in gioco non solo distrazioni – diciamo – “colpevoli” di misure di sicurezza, ma a mio avviso è un problema più profondo, e cioè anzitutto c’è una de-considerazione del lavoro, una de-considerazione della dignità della persona umana per mettere sull’altare dell’attenzione il guadagno a qualsiasi costo. Ora, in questo senso, se il guadagno è la prima dimensione a cui bisogna porre attenzione, è chiaro che il resto passa in second’ordine. Allora, l’uomo diventa una macchina da lavoro e quindi è più l’uomo per il lavoro e non il lavoro per l’uomo, e le misure da prendere sono secondarie perché cosa importa?, il lavoro nero è diffusissimo, non ci sono gli indispensabili e necessari controlli ... Ecco perché, a mio avviso, è molto importante che questa dimensione del lavoro torni ad essere legata strettamente alla dignità della persona umana e quindi il lavoro anche come manifestazione della dignità della persona e anche della partecipazione dell’uomo allo sviluppo della Creazione: è questo il legame con Dio e con il suo comando a “dominare la Terra” deve rientrare in questo contesto.

 
D. – Mons. Paglia, spesso si verifica che una persona è costretta ad accettare abusi sul lavoro, illegalità e precarietà, perché è l’unica possibilità per sopravvivere. Lei cosa si sente di dire a queste persone?

 
R. – In questo senso è necessario, appunto, informare e formare anche i lavoratori. Il problema è riequilibrare la dimensione lavorativa.

 
D. – Cosa può imparare il cristiano dalla prospettiva biblica del lavoro?

 
R. – Ecco, io penso che il lavoro non vada visto come una condanna, e non è solo – come dire – un mezzo per guadagnare, e nel linguaggio biblico non ci si salva solo l’anima: si salva la carne, il corpo e nell’Apocalisse si parla di “cieli nuovi” e di “terra nuova”. Ecco quindi che il lavoro non è semplicemente uno strumento del guadagno, ma è la partecipazione alla missione stessa che Dio ha affidato all’uomo.

 
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