Da Benedetto XVI i vescovi balcanici della Conferenza episcopale dei Santi Cirillo
e Metodio in visita "ad Limina"
Dopo la lunga pagina delle visite ad Limina dei vescovi italiani, che hanno occupato
l’agenda pontificia negli ultimi cinque mesi fino alla scorsa settimana, questa mattina
Benedetto XVI ha ricevuto in Vaticano un primo gruppo di sei presuli della Conferenza
episcopale dei Santi Cirillo e Metodio, la cui visita alle tombe degli Apostoli si
protrarrà fino al 5 maggio. L’organismo - i cui Statuti sono stati approvati il 21
agosto dello scorso anno - comprende le Chiese cattoliche di Serbia, Montenegro, Macedonia
e l’Amministrazione apostolica di Prizren in Kosovo. Dopo l’ultimo atto dell’indipendenza
del Montenegro dalla Serbia, sancita nel referendum del 21 maggio 2006, la geografia
dei Balcani ha trovato un assetto nel quale i confini politici sono l’evoluzione di
una lunghissima storia di popoli e di religioni: storia che parla di drammi, ma anche
di desiderio di rinascita e di dialogo. Ripercorriamola in questa scheda di Alessandro
De Carolis:
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Scacchiere,
mosaico: sono i sostantivi più usati quando la storia o la cronaca devono occuparsi
delle vicende dell’area balcanica. Un universo complesso e cosmpolita di etnie e culture,
religioni e tradizioni, nel quale il dato cristiano si annovera fra i più antichi
tra gli elementi che hanno contribuito a forgiare nei secoli il crogiuolo di quest’area-ponte
fra i due polmoni dell’Europa. Oggi, i cattolici sparsi tra Serbia, Montenegro, Macedonia
e Kosovo sono poco più di mezzo milione - la maggior parte concentrati nel territorio
serbo - a fronte di oltre 12 milioni e mezzo di abitanti, in larghissima maggioranza
ortodossi. Ma l’alba del Vangelo in queste terre risale al primo secolo dopo Cristo
e già la mecedone Skopje può contare una sede metropolitana al Concilio di Calcedonia
del 451. L’esplosione avviene nel nono secolo, quando le strade dei Balcani vedono
il passaggio dei due apostoli slavi per eccellenza, Cirillo e Metodio. E’ il momento
di maggior fioritura della Chiesa indivisa, ma dura relativamente poco. La data-spartiacque
del 1054, lo scisma d’Oriente che divide la Chiesa di Roma da qualla bizantina, porta
gradualmente le comunità cristiane dei Balcani sotto la sfera dell’Ortodossia.
Altre
difficoltà e divisioni sono la conseguenza della dominazione ottomana prima e austro-ungarica
poi e, in tempi più recenti, dei condizionamenti imposti dalla dominazione comunista
e più ancora della guerra degli anni Novanta che frantuma la Jugoslavia di Tito, fino
agli attacchi della NATO contro la Serbia di Milosevic. Dalle macerie di quest'ultimo,
terribile decennio, il dialogo tra maggioranza ortodossa e minoranza cattolica nei
Balcani ha ripreso vigore, specie negli ultimi cinque anni. Tappe fondamentali in
questo senso sono state la visita a Roma di una Delegazione del Santo Sinodo della
Chiesa Ortodossa Serba, ricevuta da Giovanni Paolo II il 6 febbraio 2003, e lo storico
incontro dei vescovi cattolici serbo-montenegrini con i vescovi ortodossi il 29 aprile
di quello stesso anno. Lo scorso anno, poi, il culmine dei rapporti con il Patriarcato
di Serbia sono stati i vari incontri a Belgrado in occasione della IX Sessione Plenaria
della “Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica
e la Chiesa ortodossa”, che hanno ulteriormente schiarito l’orizzonte del dialogo
lungo la strada della piena comunione. “Anche oggi - ha ribadito appena tre mesi fa
Benedetto XVI ricevendo il nuovo ambasciatore del Montenegro presso la Santa Sede
- occorre approfondire tale atteggiamento costruttivo”, in un “dialogo fraterno con
l’Ortodossia” con la quale intercorrono “millenari rapporti di reciproca considerazione”.