Intervista con il cardinale Javier Errázuriz, presidente del CELAM, sulla V Conferenza
generale dell'Episcopato Latinoamericano e caraibico, che sarà inaugurata dal Papa
il 13 maggio ad Aparecida, in Brasile
Fervono i preparativi in vista della V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano
e caraibico, che il 13 maggio prossimo sarà inaugurata da Benedetto XVI presso il
Santuario di Nostra Signora Aparecida, in Brasile. All'importante appuntamento, che
durerà fino al 31 maggio, parteciperanno quasi 500 vescovi: al centro dei lavori figurano
le grandi sfide ecclesiali e sociali del continente. In particolare si rifletterà
su due dimensioni fondamentali: essere “discepoli” e “missionari” di Gesù Cristo.
Luis Badilla ne ha parlato col cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa,
arcivescovo di Santiago del Cile, e presidente del CELAM, il Consiglio dell'Episcopato
Latinoamericano:
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R.
- La parola “discepolo”, stranamente, è nuova nei documenti dell’Episcopato latinoamericano.
E’ stata usata poco nonostante sia una parola centrale per il cristianesimo. Questa
parola sottolinea che il cattolico non è, per così dire, solo un soggetto etico, con
delle convinzioni, titolare di autonomia nella sua vita per trasformare la società,
e via dicendo: la parola "discepolo" dice soprattutto che il cattolico è una persona
che ha avuto un incontro con Cristo. Noi, oggi, vogliamo promuovere quest’incontro
con Cristo nei diversi luoghi del nostro continente affinché in molti possano diventare
suoi “discepoli”. Ovviamente questa realtà ha diverse sfumature. Si tratta di ascoltare
il Signore, soprattutto in un tempo in cui ci sono molti dubbi sulla verità e si tenta
di propagandare immagini distorte su Dio o sull’uomo, sulla famiglia e sulla vita
stessa. Per quanto riguarda l'altra parola, e cioè "missionario", si tratta di un
concetto che in primo luogo risponde ad una verità storica. L’America Latina è stata
una terra poco missionaria nei confronti delle altre Chiese. Ha ricevuto missionari
da tutto il mondo, da tutti i continenti e da moltissimi Paesi, europei soprattutto.
E’ un dovere assoluto della Chiesa preoccuparsi di coloro che sono stati battezzati
nella fede di Cristo. Oserei dire che si tratta di una “paternità responsabile”. Ogni
battezzato ha il diritto di ricevere l’annuncio del Vangelo e i Sacramenti. Nessuno
può pensare che basti il battesimo e poi ciascuno si arrangi per conto proprio. La
Chiesa ha il dovere di elaborare piani pastorali per coloro che sono “lontani” dalla
fede o che si sono “allontanati”.
D. – Eminenza,
per quanto riguarda il ruolo e la missione dei laici, cosa dirà la Conferenza?
R.
- La prima priorità è quella di formare molti laici come discepoli e missionari di
Cristo, coraggiosi, coerenti, impegnati… Spetta a loro assumere pienamente il ruolo
di costruttori della società e la Chiesa deve accompagnarli. E’ vero, oggi ci sono
molti politici cattolici che agiscono con convinzione e coraggio, ma occorre di più;
di più come quantità, di più come qualità. Ho l’impressione che durante la prossima
Conferenza del CELAM saranno riconfermate le grandi scelte dei 4 incontri precedenti
– opzione preferenziale per i poveri, evangelizzazione della cultura, Dottrina sociale
della Chiesa, ecc. – ma sicuramente sarà dato un rilievo molto importante al ruolo
e alla missione del laico poiché è il laico alla fin fine, la persona chiamata a portare
a termine molti di questi compiti nel complesso mondo della società: dalla politica
all’università, dalla fabbrica al sindacato. In questa Conferenza si vuol mettere
soprattutto l’accento sulla persona, sul cristiano, perché unita a Cristo, possa realizzare
i grandi progetti e i grandi programmi che già sono stati sostanzialmente delineati.