2007-04-28 14:49:29

Notizie internazionali


- Ancora stragi in Iraq dove almeno tredici persone, tra cui donne e bambini, sono morte in una serie di attentati nell’area meridionale di Baghdad. Il più grave è avvenuto contro la Mezzaluna Rossa, gemella della Croce Rossa nei Paesi islamici, dove uomini armati hanno teso un agguato a un minibus su cui viaggiava il personale dell’organizzazione, nel quartiere di Zafaraniyah, uccidendo 4 operatori e ferendone 3. Sono almeno 23, invece, i cadaveri ritrovati in varie zone della capitale e trasportati all’obitorio per tentarne l’identificazione. Solo ieri i cadaveri ritrovati erano stati 26.

- Si trova sulla strada verso Kabul, accompagnata dalle autorità parigine, la cooperante francese rapita dai talebani il 3 aprile scorso assieme ad un connazionale e a tre collaboratori locali. Lo ha riferito il presidente di ‘Terre d’enfance’, la ONG per la quale lavorano. Il nostro servizio:

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Il ministero degli Esteri francese ha confermato la notizia, annunciata stamani da un portavoce dei talebani che, all’agenzia France Press, ha detto: la liberazione è avvenuta stamani a Kandahar nel sud del Paese per “motivi umanitari” e come prova delle nostre buone intenzioni verso il governo di Parigi. In precedenza un'altra fonte dei guerriglieri aveva annunciato la concessione di un’altra settimana per negoziare il rilascio dell’altro operatore umanitario francese e dei tre afgani ancora nelle mani dei sequestratori. L’ultimatum, lanciato il 20 aprile scorso, era scaduto ieri. Le condizioni poste sono sempre il ritiro delle truppe francesi presenti nel Paese, nell’ambito della forza NATO, e la scarcerazione di alcuni miliziani detenuti dalle autorità di Kabul. A determinare questo sviluppo della crisi forse la dichiarazione di ieri del ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, secondo il quale Parigi crede nel rispetto della sovranità, dell’indipendenza nazionale e dell’integrità territoriale e dunque non resterà a lungo in Afghanistan. Intanto sul terreno lo scenario non cambia. Nella provincia di Khost, verso il confine con il Pakistan, 13 ribelli sono rimasti uccisi in un raid aereo notturno condotto dalle forze NATO, intervenute in appoggio alla polizia locale.
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- Prosegue la visita del presidente Abu Mazen al Cairo, dove ieri per la prima volta dalla formazione del governo di unità nazionale palestinese, a marzo scorso, ha incontrato il leader del movimento di Hamas, Khaled Meshaal. Diversi i temi affrontati. Abu Mazen ha condannato la violazione della fragile tregua da parte israeliana e palestinese, mentre il leader di Hamas ha giustificato il lancio di missili contro Israele come una forma di “autodifesa contro l’aggressione”. Il presidente palestinese ha poi espresso ottimismo sulla possibile revoca, in tempi brevi, dell’embargo imposto dagli occidentali. Intanto sul terreno quattro miliziani sono stati uccisi nella striscia di Gaza dal fuoco dell’esercito israeliano.

- In Nepal, stamani, la polizia ha aperto il fuoco contro alcuni dimostranti appartenenti al gruppo di minoranza etnica Chure Bhawar Unity Society uccidendo almeno una persona. Gli scontri sono avvenuti nella città di Hairwon, a circa 400 km a sud est della capitale, Katmandu, quando alcuni attivisti del gruppo hanno attaccato un convoglio scortato dalla polizia. Gli attivisti chiedono maggiori diritti per la popolazione del sud del Nepal.

- “La nostra pazienza non è illimitata”. Con queste parole, durante la conferenza stampa tenuta ieri a Camp David con il premier giapponese Shinzo Abe, il presidente degli Stati Uniti Gorge W. Bush ha sollecitato la Corea del Nord a mettere fine al suo programma nucleare. Se la Corea del Nord non rispetterà gli impegni “ci sarà un prezzo da pagare” – ha concluso Bush – riferendosi alla possibilità di nuove sanzioni contro il Paese asiatico. Anche il premier giapponese ha affermato che “se la Corea del Nord non risponderà in modo adeguato sarà necessario fare ricorso a misure più dure”. L’accordo per porre fine al programma nucleare nordcoreano era stato stipulato il 13 febbraio tra la Corea del Nord e gli altri cinque Paesi partecipanti ai colloqui (Cina, Russia, Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud). La scadenza era prevista per metà aprile.

- Il commissario europeo all'Allargamento, Olli Rehn, ha lanciato un monito alla Turchia, invitando i militari a "non interferire" nel voto parlamentare per l'elezione del nuovo presidente del Paese, iniziato ieri. Lo stato maggiore dell'esercito, infatti, nelle ultime ore aveva espresso "preoccupazione" per lo svolgimento degli scrutini, dopo che Abdullah Gul, candidato del partito filo-islamico del premier Erdogan, non aveva ottenuto la maggioranza qualificata necessaria per l'elezione diretta. Su questa intricata elezione presidenziale, sentiamo l’analisi del prof. Ugo Draetta, internazionalista dell’Università Cattolica di Milano, intervistato da Stefano Leszczynski:

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R. – In Turchia noi assistiamo ad un paradosso che occorre comprendere. Il processo di democratizzazione rischia di portare ad un’islamizzazione, quindi ad una radicalizzazione e alla fine del processo democratico stesso. E per assurdo la garanzia che questo non avvenga è nelle mani dei militari, che in genere sono un ostacolo al processo di democratizzazione, ma in questo caso costituiscono una diga contro l’islamizzazione del Paese.

 
D. – In Turchia, secondo l’analisi dei militari, non ci sarebbe distinzione tra un islamismo moderato ed un islamismo radicale…

 
R. – Esattamente. C’è il timore che non si riesca a contenere l’islamizzazione in un contesto di moderazione e che le frange estremiste abbiano una capacità di espansione e di contagio tale da finire con il prevalere.

 
D. – I partiti dell’opposizione in Turchia hanno boicottato un po’ questa prima tornata di elezioni, nonostante il premier turco Erdogan abbia messo in guardia sui pericoli, in un momento delicato di relazioni internazionali…

 
R. – Questo boicottaggio da parte dell’opposizione sembra non rendersi conto che la Turchia possa trovarsi su una china pericolosa. Può riprendersi, e tutti noi ci auguriamo che le cose vadano per il meglio, ma c’è un pericolo.

 
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- Cresce la tensione fra Russia ed Estonia, dopo gli scontri tra polizia e gruppi di dimostranti che si oppongono alla rimozione di un monumento dedicato all'Armata Rossa, nella capitale estone Tallin. Il bilancio delle violenze di questa notte parla di 74 feriti e oltre 600 arrestati. Disordini si sono verificati anche in altre città del Paese. Forti le contrapposizioni per il monumento in questione che per Mosca ricorda la lotta al nazifascismo, mentre per molti estoni rappresenta il doloroso simbolo di 50 anni di presenza sovietica nel Paese. In questo quadro le autorità russe hanno ribadito l’intenzione di rivedere “seriamente” le relazioni diplomatiche con l’Estonia.

- Manifestazione delle organizzazioni giovanili filoputiniane davanti all’ambasciata USA a Mosca. Un migliaio di giovani hanno donato il sangue che servirà – hanno dichiarato - “per creare una banca di donatori per le vittime dell’aggressione americana e per i loro ideali superbi”.

- Le presidenziali francesi. Il leader centrista, Francois Bayrou, a conclusione dell’odierno dibattito televisivo con la candidata socialista all’Eliseo, Ségolène Royal, ha affermato che deciderà per chi votare solo dopo aver ascoltato il confronto televisivo del 2 maggio fra la Royal e Nicolas Sarkozy. “Possiamo fare un pezzo di strada insieme” ha detto la Royal, pur riconoscendo che non ci sarà alcuna adesione completa fra le due formazioni. Bayrou ha evidenziato la necessità di superare la logica del muro contro muro in favore di “unioni più larghe di quelle che abbiamo avuto finora”.

- Si è detto “commosso” l’ex premier italiano Silvio Berlusconi per l’assoluzione al processo d’appello che lo vedeva accusato di corruzione in atti giudiziari per il caso della compravendita dell’impresa pubblica SME. “Non ho mai commentato nessuna sentenza" – ha affermato il presidente del Consiglio Romano Prodi che ha precisato: “ho sempre creduto nella giustizia”. Per il ministro delle Infrastrutture Di Pietro “non c’è stato accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi” ma solo la volontà di accertare i fatti.

- Ancora dall’Italia. Resterà in libertà Anna Maria Franzoni che ieri è stata riconosciuta colpevole per l’uccisione di suo figlio, avvenuta nel 2002, e condannata in appello a 16 anni. A precisarlo il procuratore generale della Repubblica di Torino, Vittorio Corsi, secondo il quale bisogna arrivare alla sentenza definitiva per la reclusione. L’imputata, che continua a proclamare la sua innocenza, ha detto di essere disperata per la sentenza. (A cura di Eugenio Bonanata e Franco Lucchetti)
 







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