Il commento di don Serretti al Vangelo della Domenica
Nella quarta Domenica di Pasqua, la Liturgia ci propone il Vangelo del Buon Pastore.
Gesù dice ai suoi discepoli:
“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le
conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute
e nessuno le rapirà dalla mia mano”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo
il commento del teologo don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia
Università Lateranense:
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I nostri Padri nella fede nei primi secoli qui a Roma hanno raffigurato
in disegni, bassorilievi, incisioni su pietra e scultura, il Buon Pastore. Le catacombe
contengono innumerevoli riproduzioni di questa figura. Di fronte alla morte e soprattutto
di fronte alla persecuzione incombente, la figura di Cristo, con la pecorella sulle
spalle, appariva come un segno di certezza. Quei cristiani non poggiavano sulle proprie
certezze, non potevano essere certi di sussistere né individualmente né come comunità.
L’andare dietro a Cristo era per loro motivo di consistenza; l’andare dietro a Colui
che dà la vita eterna e che ha promesso che nessuno rapirà le sue pecore dalla sua
mano e che non andranno mai in perdizione. Ascoltare, tendere l’orecchio per andare
dietro, per seguire. L’alternativa è il nulla, la vanità. I vostri padri seguirono
ciò che è vano, dice il profeta, e divennero essi stessi vanità. L’uomo diventa quel
che segue.