Terra Santa e Libano: timori e speranze del patriarca Sfeir e mons. Twal
Resta alta la tensione tra Israele e la guerriglia palestinese, braccio militare di
Hamas, anche se la tregua siglata il 26 novembre scorso sembra continuare a reggere.
Tuttavia, il capo del governo israeliano Ehud Olmert ribadisce che gli attacchi di
martedì con razzi Qassam contro il territorio israeliano non resteranno senza risposta.
Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, ha comunque sottolineato
che gli incontri periodici con il premier Olmert proseguiranno. Ma quali sono le difficoltà
che ostacolano il dialogo israelo palestinese? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a
mons. Fouad Twal, coadiutore del Patriarcato Latino di Gerusalemme:
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R.
– Noi invitiamo al dialogo, perché un vero dialogo ancora non si è avuto. C’è un conflitto
politico con ripercussioni religiose, che non fanno che aggravare la situazione. Il
dialogo per essere fattivo deve basarsi su un minimo di fiducia reciproca. In Palestina,
finora, non c’è fiducia, anzi c’è al contrario una forte sfiducia. Abbiamo bisogno
di un mediatore esterno, che faccia in modo di trasmettere più fiducia tra le due
parti in conflitto, così da poter mettere sul tavolo tutti quei problemi che si ha
ancora paura ad affrontare, come il problema relativo a Gerusalemme, il problema dei
rifugiati, il problema delle frontiere. Sono tutte questioni che ancora non si osano
toccare, perché non c’è una fiducia reciproca.
D. – Eccellenza, chi potrebbe
intervenire in questa crisi?
R. – Io credo che tutti possono e devono cercare
di fare in modo di arrivare ad avere quello che attualmente manca e quindi una volontà
politica di risolvere la situazione. Gli Stati Uniti non si sono ancora convinti del
fatto che l’origine di tutta la crisi in Medio Oriente è da ricercare proprio nella
situazione palestinese, che da 50-60 non ha ancora trovato una soluzione. Tanto più
che gli Stati Uniti potrebbero fare veramente molto nella situazione. L’Europa ha
sempre avuto, in verità, un ruolo finanziario ed economico; l’Europa non ha mai avuto
nella crisi del Medio Oriente un ruolo politico. A livello internazionale avvertiamo,
però, che qualcosa si sta muovendo.
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E la situazione resta
precaria anche in Libano. Lo ha affermato ai nostri microfoni il Patriarca di Antiochia
dei Maroniti, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, in questi giorni a Roma. L'intervista
è di Jamal Ward, del Programma arabo della nostra emittente:
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R.
– La situation actuelle au Liban est inquietante, parce-que comme tout le monde sait
... La situazione attuale in Libano è inquietante perché, come tutti sanno, è una
situazione molto precaria. E’ importante, però, notare una cosa: ed è che in tutto
il Medio Oriente non esiste uno Stato in cui la libertà sia così ampia come in Libano.
E’ praticamente l’unico Paese in cui vi siano ancora delle libertà anche se, purtroppo,
ne è derivato un grande caos. Ma il Libano è libero, e prova ne sia quanto è accaduto
finora: ci sono state delle manifestazioni, i dimostranti hanno montato delle tende
sulla pubblica piazza da tre mesi e nessuno li ha cacciati via con la forza, e continuano
a stare lì. E’ la dimostrazione che in Libano la libertà è riconosciuta; è solo che
– purtroppo, ripeto – la libertà si è trasformata in caos e questo fa sì che molti
giovani lasciano il Libano per trovare lavoro altrove, sia nei Paesi arabi sia in
Paesi molto più lontani, come l’Australia, il Canada e gli Stati Uniti.