La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali riflette sull'assenza di carità e giustizia
nel mondo
“Carità e Giustizia nelle relazioni tra popoli e nazioni”: questo il tema della 13.ma
plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in programma in Vaticano
da domani al primo maggio. Un incontro che si ispira alla prima Enciclica di Benedetto
XVI, Deus caritas est, per riflettere sulla diffusa assenza di carità e giustizia
nella società contemporanea. Il convegno è stato presentato stamani presso la Sala
Stampa della Santa Sede. C’era per noi Isabella Piro. *********
In
un mondo globalizzato, in cui le risorse sono distribuite in modo iniquo e sproporzionato,
è possibile la collaborazione nel campo della carità e della giustizia? A questo interrogativo
tenterà di rispondere la 13ma plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.
A tracciare le linee guida dei 5 giorni di lavoro, saranno due macroaree tematiche,
la prima dedicata ai segni dei tempi, la seconda all’Enciclica Deus caritas est di
Benedetto XVI, non a caso descritta in parte come un’Enciclica sociale. Tra i segni
dei tempi, definiti “preoccupanti” dall’Accademia, c’è il riemergere del nazionalismo,
legato alla crisi dell’emigrazione e alla tensione tra protezionismo e libero scambio.
Ribadita anche la grave diffusione della povertà non solo economica ma anche nel campo
dell’istruzione, e denunciata la debolezza di istituzioni multilaterali, come l’ONU,
il WTO e la Banca Mondiale. Non mancheranno riferimenti alla difficoltà di realizzare
gli Obiettivi del Millennio entro il 2015 e all’insufficienza e inefficacia degli
aiuti internazionali, così come centrale sarà la riflessione sul flagello sociale
e morale del terrorismo, sempre più in crescita.
ECONOMICAL
GLOBALIZATION, CULTURAL GLOBALIZATION... Globalizzazione quindi come fenomeno
complesso, economico, sociale e culturale, ha detto Mary Ann Glendon, presidente dell’Accademia,
e globalizzazione come sfida al pensiero sociale cattolico per cui occorre lavorare
ancora molto. Riflettendo su quanto scrive il Papa, ossia che “la giustizia è sia
lo scopo sia la misura intrinseca di ogni politica”, la plenaria metterà in evidenza
la connessione naturale tra giustizia ed etica e il ruolo della fede nel liberare
la ragione dai suoi limiti. Tanti, quindi, gli spunti di riflessione; ascoltiamo in
proposito il commento di mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere
dell’Accademia, intervistato da Giovanni Peduto:
R.
– Io sono rimasto molto impressionato per quanto ho letto nel recente libro che ci
ha offerto il Santo Padre Benedetto XVI in occasione del suo 80.mo compleanno, “Gesù
di Nazaret”. In questo libro, quando si parla delle tentazioni di Cristo, il Papa
afferma che il mondo moderno ha realizzato in un certo modo questa tentazione: ha
promesso alle popolazioni povere che avrebbe dato loro da mangiare, ma in realtà non
ha dato altro che pietre. Se si prende in esame il mondo globale, ci si domanda: chi
si prende cura della distribuzione delle ricchezze? La cosa preoccupante è che non
se ne occupa nessuno e, quindi, il più forte assoggetta il più debole. Questo non
è accettabile. Tanto più che questo genera guerre.
D.
- Secondo gli ultimi rapporti i Paesi ricchi hanno diminuito gli aiuti allo sviluppo
per i Paesi poveri …
R. – Sì, effettivamente. C’è,
tra l’altro, il fatto che i Paesi ricchi hanno promesso che entro il 2015 avrebbero
sconfitto la povertà, dando a tutti da mangiare. Ma questa promessa non è stata assolutamente
onorata. Noi abbiamo, quindi, ingiustizie riguardo alle parole non onorate, che rappresentano
le clausole fondamentali di un contratto, ed ingiustizie anche riguardo l’elementare
distribuzione dei beni fondamentali del Pianeta. Come ripetutamente dice, in questo
libro su Gesù, Benedetto XVI: se noi non seguiamo il principio di cercare prima il
Regno di Dio e la sua giustizia, tutto quello che viene in surplus in realtà non viene.
E, quindi, anche questo principio è quasi un principio esclusivamente economico: se
con l’economia cerchiamo di realizzare soltanto il benessere di pochi, avremo soltanto
il benessere di pochi. Ma questo porta – come già diceva Aristotele – a ciò che capitò
al re Mida che chiese agli dei di poter convertire le cose che toccava in oro e gli
dei lo accontentarono, dandogli il dono di convertire tutto ciò che toccava in oro:
questo lo portò alla fine a non riuscire più nemmeno a mangiare. Morì di oro: è quello
che oggi sta capitando a noi.
D. - Tra i fenomeni
inquietanti del momento si parlerà anche del riemergere del nazionalismo, sotto la
forma di ostilità all’immigrazione e di protezionismo commerciale …
R.
– Naturalmente la migrazione rappresenta il fenomeno umano più toccante della globalizzazione.
E questo perché la gente si sposta, si muove, perché o non può vivere per problemi
crescenti di cambiamenti climatici o perché non ha risorse o perché non ha da mangiare
o perché non ha acqua. Il problema è che non sono neanche ricevuti bene. La cosa veramente
preoccupante è che non c’è una risposta adeguata.