La Chiesa cattolica del Salvador contro lo sfruttamento delle risorse minerarie
“I progetti che prevedono lo sfruttamento del settore minerario portano poco sviluppo
e molti danni ambientali, economici e sociali”, a lanciare l’allarme è la Caritas
del Salvador, ribadendo la posizione adottata alcuni mesi fa dalla Conferenza episcopale
del Paese, che richiedeva alle autorità governative di negare i permessi per lo sfruttamento
del sottosuolo richiesti da diverse compagnie minerarie. Secondo quanto riferisce
l’agenzia Fides, l’arcivescovo di San Salvador e presidente della Conferenza episcopale,
mons. Fernando Sáenz Lacalle, ha dichiarato che l’episcopato ritiene “che il settore
minerario non sia conveniente per il Paese, a causa dei danni che provoca”, mentre
il direttore nazionale della Caritas, mons. Luis Fernando Trujillo, ha annunciato
che, in merito alla questione, prossimamente verrà pubblicata una nota ufficiale della
Chiesa. Mons. Trujillo è anche intervenuto all’assemblea del settore minerario e,
rivolgendosi ai rappresentanti della Compagnia canadese Pacific Rim e del Centro di
ricerca sull’investimento e sul commercio (CEICOM), ha sottolineato che l’evento è
stato organizzato “per rafforzare le nostre considerazioni ed esprimere meglio le
nostre motivazioni del rifiuto per il settore minerario”. Fino ad oggi, il ministero
dell’Economia ha concesso oltre 30 licenze a 21 compagnie canadesi, statunitensi e
australiane che vogliono estrarre oro, argento e altri minerali preziosi dal sottosuolo
salvadoregno, attività che porterebbero danni irreversibili all’ecosistema e alle
comunità, mettendo in grave pericolo le risorse idriche, a causa dell’uso di materiali
tossici come il cianuro. Valutazioni confermate dai ricercatori del CEICOM, secondo
i quali l’acqua inquinata dai residui tossici reca danno non solo alla salute delle
persone, ma pregiudica anche le attività per la sopravvivenza della popolazione e
genera conflitti nelle comunità. A seguito degli appelli provenienti dagli esperti
e dalla società civile si sono opposte alla realizzazione di questi progetti perfino
organizzazioni vicine al governo, come la Commissione nazionale per lo sviluppo. (M.G.)