2007-04-25 15:20:10

Giornata di riflessione a Roma su religione e mass media


La stampa deve parlare di religione, ma con competenza e professionalità. E’ stata animata da questa riflessione la giornata di studio “La religione nella stampa. Cattolicesimo e altre religioni nei quotidiani laici e confessionali”. L’incontro si è svolto nei giorni scorsi a Roma presso il Centro Interdisciplinare sulla Comunicazione Sociale della Pontificia Università Gregoriana. Tra i relatori, esperti di comunicazione, giornalisti e corrispondenti di quotidiani internazionali del mondo cattolico, ebraico e musulmano. Sul rapporto media – religione Paolo Ondarza ha sentito Miriam Diez Bosh, docente di giornalismo all’Università Gregoriana:
 
**********

 
R. - Noi siamo convinti che è possibile, anzi che si debba parlare di religione nella stampa visto che ormai le teorie della secolarizzazione sono una contraddizione, perché vediamo come la religione è un agente che appare con forza nello scenario internazionale, dunque ci sembra doveroso parlarne ma parlarne bene; per esempio, parlare della religione musulmana non è soltanto parlare di fondamentalismo islamico. Bisogna parlare della religione, dare voce, però darla in modo corretto e poi fare anche una sollecitazione agli editori sulla mancanza di specializzazione. Un direttore non si permetterebbe mai di non avere uno specialista in sport o economia e invece molte volte si permettono di non avere un addetto alla religione.

 
D. - E’ possibile fare dialogo interreligioso nella stampa e se sì con quali accorgimenti?

 
R. - Noi pensiamo che sia possibile, però le persone che si occupano di religione sulla stampa devono specializzarsi, soprattutto non devono essere generici, devono cercare di non parlare ambiguamente e di dare voce alle persone esperte di religione, che sono i leaders religiosi, ascoltarli, averli come fonte e poi loro come giornalisti saper spiegare le cose senza generalizzare, perché un grande male del giornalismo è proprio questa semplificazione; tutto è ridotto a slogan e questo è un pericolo per il dialogo interreligioso. Poi si potrebbe anche parlare delle persone che si presentano come esperti di dialogo interreligioso e che poi sono incapaci di dialogare all'interno della propria religione.

 
D. - Quanti e quali pregiudizi o luoghi comuni la stampa ha quando parla di religioni?

 
R. - Io direi che uno dei luoghi comuni più impressionanti è ridurre tutto a categorie politiche, questi schieramenti di destra, di sinistra, progressisti, tradizionalisti... Poi si fanno molte dicotomie - molto pericolose secondo me - tra quello che è nuovo e quello che è antico, senza vedere che tutto è molto più intrecciato, molto più complesso.

 
D. - Viene in mente anche quanto la stampa ha fatto di negativo nel momento in cui si è trattato di affrontare la famosa lezione del Papa a Ratisbona...

 
R. - E’ un esempio molto luminoso su quanto a volte i giornalisti siano loro stessi incapaci di cogliere le sfumature di discorsi forti. Noi riteniamo che la lezione di Ratisbona sia stata o non letta o letta male.

 
**********







All the contents on this site are copyrighted ©.