Appello dei vescovi della Repubblica del Congo contro la povertà
I vescovi della Repubblica del Congo hanno lanciato un appello per “un impegno
concreto contro la povertà”, al termine della loro 35° Assemblea plenaria dedicata
alla lotta alla miseria. In un comunicato, di cui dà notizia l’agenzia MISNA, l’episcopato
del Paese africano sottolinea che “la povertà pone un drammatico problema di giustizia”
e assume molte forme: “materiale, economica e morale”. I poveri, proseguono i presuli,
“sono spesso vittime della violenza e della cupidigia degli uomini (...) vivono in
alloggi precari, occupano posti di lavoro poco remunerati, che non li valorizzano,
non hanno accesso all’acqua, all’elettricità, alle cure e i loro figli non possono
frequentare le scuole”. Secondo i vescovi, le cause di questa emergenza nazionale
- statistiche ONU rivelano che il 70% dei 3,8 milioni di abitanti vive in condizioni
di miseria - sono riconducibili tanto a problemi interni della Nazione – la mancanza
di accesso al mercato del lavoro, l’insufficienza dei servizi dello Stato e la corruzione
generalizzata – quanto a fattori esterni, come il fatto che i prezzi delle materie
prime sono fissati dal mercato internazionale piuttosto che dai Paesi produttori,
di cui la Repubblica del Congo fa parte. La Conferenza episcopale congolese sostiene
infine che, per fronteggiare quella che è stata definita “una sfida nazionale e una
grande preoccupazione”, bisogna “promuovere una politica efficace di protezione sociale
e di accesso duraturo al lavoro, soprattutto per i giovani; regolare i prezzi dei
generi di prima necessità; creare le condizioni per un’istruzione appropriata; garantire
l’assistenza sanitaria a tutti, fino ai villaggi più sperduti; proseguire nella messa
a punto di meccanismi per garantire il ‘buon governo’ e accelerare l’inclusione sociale”.
La società civile del Paese viene dunque esortata dai vescovi a “una maggiore coscienza
professionale, organizzativa e solidale per abolire qualsiasi forma di assoggettamento
e di abbandono di alcune categorie sociali, come i nostri fratelli e sorelle pigmei,
ancora emarginati e sfruttati”. (A cura di Marco Guerra)