Il Papa riceve Abu Mazen in Vaticano. Apprezzamento per gli sforzi della comunità
internazionale nel rilancio del processo di pace tra israeliani e palestinesi
Benedetto XVI ha ricevuto in udienza, questa mattina, il presidente dell’Autorità
palestinese, Abu Mazen (Mahmoud Abbas), con il seguito. Nel corso dei “cordiali colloqui”,
informa una nota della Sala stampa della Santa Sede, “si è passata in rassegna la
situazione del Medio Oriente”. In particolare, “è stato apprezzato l’impegno, grazie
anche all’aiuto della comunità internazionale, per il rilancio del processo di pace
tra israeliani e palestinesi”. La nota informa poi che “si è parlato pure della situazione
interna palestinese, con riferimento, tra l’altro, alle difficoltà che incontrano
i cattolici e al valore del loro contributo a quella società”. Successivamente al
colloquio con il Papa, il presidente Abu Mazen si è incontrato con il cardinale segretario
di Stato, Tarcisio Bertone, che era accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario
per i Rapporti con gli Stati. Poco più tardi, a margine dell'inaugurazione di una
mostra fotografica in Vaticano, lo stesso cardinale Bertone ha reso queste
dichiarazioni ai giornalisti: **********
Col
presidente Abu Mazen abbiamo espresso l’auspicio e una speranza che le iniziative
che sono sorte in queste settimane passate, in questi mesi passati, portino dei frutti,
anche se le vicende di questi ultimi giorni, come al solito, rivelano i chiaroscuri
della situazione della Terra Santa e del Medio Oriente. Però, tante iniziative dei
Paesi arabi - iniziative del "gruppo dei quattro" - e questi incontri periodici previsti
e incominciati tra il presidente del governo israeliano e il presidente dell’Autorità
palestinese sono dei passi positivi che speriamo portino i frutti sperati. Abbiamo
parlato anche delle comunità cristiane e dei cattolici - anche in territorio palestinese,
non solo nel territorio d’Israele - e abbiamo espresso l’auspicio che vengano protetti
e che non venga permesso il loro esodo, che vengano aiutati per evitare l’esodo, perché
la presenza delle comunità cristiane in Terra Santa e nei territori israeliani e palestinesi
non solo è il segno delle origini - percvé quella è una terra benedetta da Dio, è
la terra della rivelazione di Gesù Cristo e quindi delle origini della Chiesa e delle
origini cristiane - ma anche sia il segno di una continuità, di una presenza che è
così proficua, così efficace. Pensiamo a tutte le opere a favore: abbiamo rilevato
che il 95% degli allievi delle scuole offerte dalle istituzioni ecclesiastiche sono
di religione musulmana e quindi non sono delle religioni cristiane e quindi offrono
anche un aiuto per la crescita, per l’istruzione, per la formazione e per una formazione
alla convivenza pacifica. Se tutti gli istituti di formazione, pensiamo ai centri
giovanili, formano veramente a una convivenza e a una riconciliazione tra le varie
religioni e tra le varie etnie e appartenenze, questo è un dato, un contributo molto
importante per lo sviluppo della pace in quelle terre. Tutto ciò che spinge verso
l’unità e la pace già all’interno stesso di un governo è molto positivo e, in prospettiva,
direi efficace per la costruzione di una pace, non solo ad intra ma anche ad
extra.