Proibita dalla Corte Suprema americana la procedura di aborto a nascita parziale
La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha espresso la propria soddisfazione per
la decisione della Corte Suprema di approvare una legge che vieta di applicare la
tecnica dell’aborto a nascita parziale; nella dichiarazione rilasciata dal cardinale
Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia, riportata dall’agenzia Zenit,
si legge: “La decisione della Corte non intacca lo status legale della maggior parte
degli aborti, e non ribalta le decisioni passate che volevano trovare un diritto all’aborto
nella Costituzione. Fornisce, tuttavia, ragioni per una rinnovata speranza e un rinnovato
sforzo da parte degli Americani pro-vita”. “Il rispetto della vita umana – continua
il porporato - trova la sua espressione ultima nel legame d’amore che unisce la madre
al proprio figlio; l’aborto può anche causare dolore e sofferenza alle donne, che
sono solo resi peggiori quando la realtà della procedura è stata loro nascosta finché
è troppo tardi; l’integrità etica della professione medica, così come la fabbrica
della nostra società, è minacciata dall’accettazione di pratiche che sono difficili
da distinguere dall’infanticidio”. Secondo padre Frank Pavone, presidente dell’associazione
cattolica “Priests for Life”, “in questi ultimi dieci anni il Congresso e la grande
maggioranza dei legislatori e cittadini americani hanno ormai affermato in modo inequivocabile
che la tecnica dell’aborto a nascita parziale non è ammissibile in una società civile”.
Essa, infatti, consiste nel fermare la gravidanza nel secondo o terzo trimestre di
gestazione, facendo scendere il feto lungo il ventre materno e aspirandone poi il
cervello. Il Partial Birth Abortion Ban Act è stato approvato dal Congresso e trasformato
in legge dal presidente George Bush nel 2003. (F.F)