Iraq: minacce ai cristiani da un gruppo fondamentalista
In Iraq continuano a vivere ore di grande paura e angoscia i cristiani del distretto
di Dora a Baghdad. Fonti locali hanno riferito di un ultimatum che sarebbe stato lanciato
alle famiglie cristiane di questa zona da un gruppo estremista islamico: i cristiani
- ha minacciato il gruppo islamico - saranno uccisi se non si convertiranno all’islam.
L’organizzazione umanitaria Amnesty International ha lanciato intanto un appello all’Unione
Europea e agli Stati Uniti perché prendano delle misure “concrete e urgenti per aiutare
l’Iraq, evitando che il Medio Oriente si trovi ad affrontare una grave crisi umanitaria”.
In un comunicato, diffuso oggi, Amnesty rivela in particolare che sarebbero almeno
3 milioni e mezzo le persone sfollate durante il conflitto che da quattro anni coinvolge
il Paese arabo.
Intanto 13 soldati iracheni sono stati uccisi a Mossul durante
un attacco compiuto da ribelli. Sul versante politico, intanto, il movimento che fa
capo al leader religioso sciita, Moqtada Al Sadr, ha annunciato ufficialmente il ritiro
dei suoi sei ministri dal governo del premier, Nouri Al Maliki, per protestare contro
la mancata messa a punto di un calendario di ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq.
Ma come si è arrivati a questa decisione? Giada Aquilino ne ha parlato con Latif Al
Saadi, giornalista iracheno sciita:
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R. - Questa è un’altra
dimostrazione della complicata realtà irachena. E non è la prima volta che il movimento
di Al Sadr adotta un provvedimento del genere, perché già quando il primo ministro
iracheno, Al Maliki, parlò col presidente americano Bush - dando il via, il 14 febbraio
scorso, al piano sulla sicurezza - il gruppo di Al Sadr minacciò di ritirarsi dal
governo. Poi è passato del tempo e gli uomini del leader sciita sono rientrati a tutti
gli effetti nell’esecutivo. Adesso, hanno attuato la stessa tecnica, ma la situazione
è diversa perchè il movimento di Al Sadr si trova in un momento di debolezza. All’interno
del movimento c’è, infatti, una divisione tra gruppi che voglionocontinuare
a portare avanti il processo politico e un gruppo invece, legato allo stesso Al
Sadr, che cerca di tenere il punto fermo contro gli americani.
D.
- Il governo in generale, al di là delle minacce di Al Sadr, è in pericolo?
R.
- La situazione non è tanto stabile, ma queste tensioni non penso faranno cadere direttamente
il governo. Adesso, in Iraq, è in atto un processo per cambiare la mappa politica
del Paese.
D. - Cosa vuol dire “cambiare la mappa
politica” dell’Iraq?
R. - Vuol dire che, dopo le
elezioni, la gente ha iniziato a capire che la divisione del potere secondo l’appartenenza
settaria ed etnica non è giusta e ha già creato tanti problemi. Così, diverse forze
politiche stanno lavorando per creare altri tipi di alleanze, basate sul principio
della cittadinanza.