Lo staff internazionale di Emergency lascia l'Aghanistan
Ancora polemiche sulla vicenda del giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo, rapito
in Afghanistan insieme con due afhgani poi uccisi dai talebani: dopo le critiche del
governo di Kabul contro il collaboratore di Emergency, accusato di essere un fiancheggiatore
dei talebani, l’organizzazione di Gino Strada ha evacuato il proprio personale internazionale
dall’Afghanistan, lasciando sul posto lo staff locale, dislocato in tre ospedali e
nei punti di primo soccorso. L’organizzazione umanitaria ha anche precisato che non
si tratta di un ritiro ma di un trasferimento temporaneo. Ce ne parla Vauro Senesi,
dell’Ufficio di comunicazione di Emergency, intervistato da Giada Aquilino:
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R.
- Si tratta di 38 persone, di cui 30 italiani e 8 di diverse nazionalità, che a Dubai
potranno discutere, vagliare e valutare quella che è la situazione e quelle che sono
le possibilità reali di continuare l’opera di Emergency in Afghanistan. Voglio ricordare
che si tratta di 3 ospedali e di 25 centri di primo soccorso: di fatto, l’unica struttura
sanitaria gratuita ed efficiente che c’è in Afghanistan.
D. - Perché ora la
decisione di trasferire il personale internazionale fuori dall’Afghanistan?
R.
- Perché sono venute meno le condizioni minime di sicurezza.
D. - Il governo
italiano domani riferirà alla Camera: cosa vi aspettate?
R. - Auspichiamo che
il governo italiano difenda Emergency, in quanto ONG italiana, chiedendo ufficialmente
la liberazione di Rahmatullah Hanefi. Da parte nostra, intensificheremo l’attività,
affinché non cali l’attenzione dell’opinione pubblica sul dramma che Hanefi sta vivendo,
incarcerato e probabilmente torturato.
D. - Cosa rispondete a chi lo accusa
di aver avuto un ruolo nel rapimento Mastrogiacomo?
R. - E’ vergognoso ed è
vergognoso anche chi si fa portavoce di tali accuse.
D. - Emergency rimane
impegnata sul terreno con il personale locale: quale realtà bisogna affrontare?
R.
- Certamente, la realtà da affrontare adesso è ancora più difficile di quella già
non semplice che affrontavamo prima. Stiamo parlando di un Paese devastato dalla guerra.
A questo punto, in Afghanistan ci sono forze che hanno tutto l’interesse a far prevalere
la logica violenta dello scontro militare, rispetto a qualsiasi altra motivazione
umanitaria.