2007-04-11 15:03:00

Lo staff internazionale di Emergency lascia l'Aghanistan


Ancora polemiche sulla vicenda del giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo, rapito in Afghanistan insieme con due afhgani poi uccisi dai talebani: dopo le critiche del governo di Kabul contro il collaboratore di Emergency, accusato di essere un fiancheggiatore dei talebani, l’organizzazione di Gino Strada ha evacuato il proprio personale internazionale dall’Afghanistan, lasciando sul posto lo staff locale, dislocato in tre ospedali e nei punti di primo soccorso. L’organizzazione umanitaria ha anche precisato che non si tratta di un ritiro ma di un trasferimento temporaneo. Ce ne parla Vauro Senesi, dell’Ufficio di comunicazione di Emergency, intervistato da Giada Aquilino: RealAudioMP3

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R. - Si tratta di 38 persone, di cui 30 italiani e 8 di diverse nazionalità, che a Dubai potranno discutere, vagliare e valutare quella che è la situazione e quelle che sono le possibilità reali di continuare l’opera di Emergency in Afghanistan. Voglio ricordare che si tratta di 3 ospedali e di 25 centri di primo soccorso: di fatto, l’unica struttura sanitaria gratuita ed efficiente che c’è in Afghanistan.

D. - Perché ora la decisione di trasferire il personale internazionale fuori dall’Afghanistan?

R. - Perché sono venute meno le condizioni minime di sicurezza.

D. - Il governo italiano domani riferirà alla Camera: cosa vi aspettate?

R. - Auspichiamo che il governo italiano difenda Emergency, in quanto ONG italiana, chiedendo ufficialmente la liberazione di Rahmatullah Hanefi. Da parte nostra, intensificheremo l’attività, affinché non cali l’attenzione dell’opinione pubblica sul dramma che Hanefi sta vivendo, incarcerato e probabilmente torturato.

D. - Cosa rispondete a chi lo accusa di aver avuto un ruolo nel rapimento Mastrogiacomo?

R. - E’ vergognoso ed è vergognoso anche chi si fa portavoce di tali accuse.

D. - Emergency rimane impegnata sul terreno con il personale locale: quale realtà bisogna affrontare?

R. - Certamente, la realtà da affrontare adesso è ancora più difficile di quella già non semplice che affrontavamo prima. Stiamo parlando di un Paese devastato dalla guerra. A questo punto, in Afghanistan ci sono forze che hanno tutto l’interesse a far prevalere la logica violenta dello scontro militare, rispetto a qualsiasi altra motivazione umanitaria.

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