Ondata di attacchi terroristici oggi ad Algeri, rivendicata da Al Qaida: le esplosioni
hanno fatto 30 morti e 110 feriti, anche se la protezione civile parla per ora di
23 morti. “Un atto criminale e codardo”, l’ha definito il primo ministro algerino
Abdelaziz Belkhadem, scampato all’attentato contro il suo ufficio. Il servizio di
Debora Donnini.
Sugli ultimi
attentati, Giancarlo la Vella ha raccolto l’analisi di Luciano Ardesi, esperto della
regione maghrebina:
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R. - Sono episodi che hanno come loro origine il rinnovarsi dell’attività
terroristica in Marocco e anche in Algeria. Hanno un più preciso collegamento con
i metodi e i sistemi del terrorismo, che abbiamo conosciuto in altre regioni, come
quella del Golfo, e che si collegano più direttamente al movimento di al Qaeda. E’
chiaro che è in atto un’offensiva che coinvolge a questo punto tutto il Maghreb. E’
difficile poi stabilire se esista anche una regia di tipo regionale. Tradizionalmente,
questi gruppi godono di una grande autonomia, anche organizzativa. Sarà compito delle
indagini di polizia stabilire eventuali agganci o eventuali reti organizzative. Quello
che rimane da provare con chiarezza sono i legami organizzativi e organici con il
terrorismo mediorientale, che anche in passato ci sono stati. Tuttavia, agisce di
più una sorta di contaminazione ideologica, che non una sistematica coerenza organizzativa.
D.
- Concretamente, quali sarebbero gli obiettivi del terrorismo che opera nella zona
del Maghreb?
R. - Sicuramente, obiettivi già ben chiari all’inizio dell’ondata
terroristica - che nel Maghreb risale addirittura agli anni ’80, prima in Tunisia,
poi in Algeria e Marocco - sono quelli di destabilizzare il potere e favorire l’emergere
di gruppi, forze politiche, che possono presentarsi come l’unica valida alternativa
alla destabilizzazione sociale, economica conosciuta da questi Paesi.