Dare spazio alle ragioni del cuore per superare la crisi di fede del mondo di oggi:
così padre Cantalamessa nella Celebrazione della Passione
“La nostra civiltà, dominata dalla tecnica, ha bisogno di un cuore, perché l’uomo
possa sopravvivere in essa”. Così il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero
Cantalamessa, nell’omelia tenuta in San Pietro durante la celebrazione della Passione
del Signore, presieduta dal Papa. Il rito, iniziato alle 17.00 con la preghiera silenziosa
di Benedetto XVI prostrato davanti all’Altare maggiore, si è articolato in tre momenti:
la Liturgia della Parola, l’Adorazione della Croce e la Santa Eucaristia. Migliaia
i fedeli raccolti in preghiera, Padre Raniero Cantalamessa dopo la lettura della Passione
di Gesù dal Vangelo di Giovanni, ha evidenziato come le donne che rimasero fino alla
fine con Cristo, sotto la sua Croce siano fulgidi esempi da imitare. Massimiliano
Menichetti:
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Il
cuore rigonfio di amore delle donne, che sotto la Croce non abbandonarono Gesù, testimoni
poi della risurrezione di Cristo, annunciatrici della salvezza ed esempio per la società
contemporanea che rischia di disumanizzarsi, seguendo il mero progresso tecnologico.
E’ questa in sintesi la traccia di meditazione proposta da padre Raniero Cantalamessa,
che ha aperto la sua omelia con l’immagine delle “pie donne” che, sotto la Croce insieme
a Maria, “sfidarono il pericolo che c’era nel mostrarsi in favore di un condannato
a morte”.
Nessuna donna è coinvolta nella condanna di Gesù – ha spiegato il
predicatore della Casa Pontificia – e queste donne definite “madri coraggio” “sono
le prime, oltre a Maria, Madre di Cristo, a vedere il Risorto e “ad esse viene dato
l’incarico di annunciarlo agli apostoli”. “Le pie donne” avevano seguito Gesù “per
lui stesso, per gratitudine del bene da Cristo ricevuto”:
“Lo seguivano,
è scritto, ‘per servirlo’; erano le uniche, dopo Maria, la Madre, ad avere assimilato
lo spirito del vangelo. Avevano seguito le ragioni del cuore e queste non le avevano
ingannate”.
Ed è proprio per questo - ha aggiunto padre Raniero Cantalamessa
- che “la loro presenza accanto al Crocifisso e al Risorto contiene un insegnamento
vitale per noi oggi:
“La nostra civiltà, dominata dalla tecnica, ha bisogno
di un cuore perché l’uomo possa sopravvivere in essa, senza disumanizzarsi del tutto.
Dobbiamo dare più spazio alle ‘ragioni del cuore’, se vogliamo evitare che, mentre
si surriscalda fisicamente, il nostro pianeta ripiombi spiritualmente in un’era glaciale.
La grande crisi di fede del mondo di oggi, che è veramente grande, è che non si ascoltano
più le ragioni del cuore, ma solo quelle contorte della mente”.
“Al potenziamento
dell’intelligenza e delle possibilità conoscitive dell’uomo” - ha ribadito - “non
va di pari passo, purtroppo, il potenziamento della sua capacità d’amore”: “Quest’ultima,
anzi, sembra che non conti nulla, mentre noi sappiamo, lo sentiamo, lo sperimentiamo
nella vita, che la felicità o l’infelicità non dipende tanto dal conoscere o non conoscere,
quanto dall’amare o non amare, dall’essere amato o non essere amato. Il motivo di
ciò è semplice: noi siamo creati ‘a immagine di Dio’, e Dio è amore, Deus caritas
est!”.
Quindi ha parlato di nuova idolatria, riferendosi alla spinta a
potenziare la sola intelligenza, slegata dalle ragioni del cuore, della fede. “Solo
l’amore redime e salva – ha detto - mentre la scienza e la sete di conoscenza, da
sole, possono portare alla dannazione”. C’è da augurarsi - ha aggiunto - che si apra
finalmente, per l’umanità, un’era della donna, un’era del cuore, della compassione;
ed evidenziando che anche la donna “ha bisogno di essere salvata da Cristo”, ha sottolineato:
“E’ certo che, una volta redenta da Lui e ‘liberata’ sul piano umano da
antiche soggezioni, la donna può contribuire a salvare la nostra società da alcuni
mali inveterati e cronici che la minacciano: violenza, volontà di potenza, ’aridità
spirituale, disprezzo della vita”.
Quindi introducendo il lungo e singhiozzante
viaggio verso il Calvario delle “pie donne” ha ricordato che il loro pianto fu “l’unico
suono amico che giunse alle orecchie del Salvatore; mentre pendeva dalla Croce, e
che sul Golgota “i loro sguardi furono gli unici a posarsi con amore e compassione
su di Lui”.
Riferendosi poi alla liturgia bizantina, che ha onorato queste
donne dedicandogli una domenica dell’anno liturgico, la seconda dopo Pasqua, ha sottolineato
che queste donne non sono solo da ammirare e onorare, ma anche da imitare:
“La
Passione si prolunga nelle membra del corpo di Cristo. Sono perciò eredi delle 'pie
donne' le tante donne, religiose e laiche, che stanno oggi a fianco dei poveri, dei
malati di AIDS, dei carcerati, dei reietti di ogni specie della società; le donne
che sono al fianco e sostengono coloro che sono torturati e condannati. Ad esse –
credenti o non credenti – Cristo ripete: ‘L’avete fatto a me’”.
Quindi
ribadendo che “non solo per il ruolo svolto nella Passione, ma anche per quello svolto
nella Risurrezione le pie donne sono di esempio anche alle donne cristiane di oggi”:
“C’è
un solo ‘Andate!’ indirizzato a delle donne, quello rivolto alle mirofore il mattino
di Pasqua: Allora Gesù disse loro: ‘Andate ed annunziate ai miei fratelli che vadano
in Galilea e là mi vedranno’. Con queste parole le costituiva prime testimoni della
risurrezione, ‘maestre dei maestri’ come le chiama un autore del VI secolo”.
Ed è con il volto radioso dell’annuncio della Risurrezione che ha esortato a non
avere paura: “Donne cristiane, continuate a portare ai successori degli Apostoli,
a noi sacerdoti loro collaboratori, il lieto annuncio: ‘Il Maestro è vivo! E’ risorto!
Vi precede in Galilea, cioè dovunque andiate’!”.