Ricorre oggi la Giornata Mondiale contro le mine antipersona
Ricorre oggi la Giornata internazionale di sensibilizzazione alle mine e per la collaborazione
nella lotta contro gli ordigni, indetta dalle Nazioni Unite. Dieci anni fa si raggiunse
l’accordo sulla cosiddetta Convenzione di Ottawa, il trattato di messa al bando delle
mine terrestri: dai 122 Stati che nel dicembre 1997 siglarono l’intesa si è passati
ad oltre 150 Paesi aderenti. Ben 40 milioni di ordigni sono stati eliminati, come
ricorda il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna
Giornata. Ma a che punto è oggi lo sminamento nel mondo? Giada Aquilino lo
ha chiesto a Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro
le mine-Onlus:
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R. - Sono stati fatti dei grandi passi
avanti, perché hanno aderito a questo trattato 153 Stati, che si sono pure impegnati
a bonificare i loro territori. Purtroppo esiste il problema di una contaminazione
enorme: attualmente più di 70 Paesi hanno il problema delle mine antipersona. Sappiamo
che la ‘vita media’ di una mina è di oltre 30 anni; alcune arrivano anche a 50 anni
dopo la fine di un conflitto, da quando cioè sono state ‘piantate’ a terra.
D.
– Questo significa che le mine antipersona continuano a provocare vittime?
R.
– Assolutamente sì. Sono circa 20 mila ogni anno. Ovviamente è stato fatto un lavoro
molto preciso rispetto ai Paesi a rischio. Il problema di fondo è che le bonifiche
umanitarie costano moltissimo ed è difficile agire in maniera incisiva in poco tempo
e con pochi fondi.
D. – Quali sono i Paesi più a
rischio?
R. – L’Afghanistan, l’Iraq, anche la Cambogia
ha delle mine e delle cluster bombs, le cosiddette bombe a grappolo. Possiamo inserire
nella lista tutte le zone interessate da guerre recenti. Parliamo di mine antipersona,
però spesso i bonificatori si trovano ad avere a che fare pure con ordigni inesplosi.
Per esempio, abbiamo visto che nel Libano le cluster bombs sono milioni e sono disseminate
su tutto il territorio.
D. – Parlando delle mine,
ma anche delle cluster bombs e di altri ordigni simili, quale tipo di assistenza sul
terreno è necessaria?
R. – L’assistenza alle vittime,
il reinserimento socio-economico delle stesse, compresa la parte fisioterapica per
chi ha perso o avuto danni ad arti del corpo. Poi, ovviamente c’è il problema di sensibilizzare
la popolazione al rischio mine. Anche questa è un’attività di prevenzione estremamente
importante. Inoltre c’è la bonifica. Da non dimenticare infine la pressione politica
a livello internazionale, affinché gli Stati che non hanno siglato il Trattato di
Ottawa lo firmino, come gli Stati Uniti, la Cina, l’India, il Pakistan, l’Iran. Ci
sono anche Paesi che non hanno aderito all’intesa per un discorso di lealtà verso
Stati alleati e in qualche modo tendono ad aspettare che gli ‘amici’ aderiscano per
poi firmare pure loro.