Tsunami nel sud Pacifico provoca almeno 15 morti ed oltre due mila sfollati sulle
isole Salomone
Forti timori ha alimentato il sisma sottomarino che la scorsa notte ha generato un’onda
anomala nel sud del Pacifico. Lo tsunami, che ha investito le coste occidentali
delle Isole Salomone, ha provocato la morte di almeno 15 persone ed oltre due mila
sfollati. La situazione è fortunatamente tornata alla normalità e l’allarme tsunami
è stato revocato in tutta l’area meridionale del Pacifico. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
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terremoto sottomarino nei pressi delle Isole Salomone ha fatto temere una nuova catastrofe.
Ma il sisma non ha provocato, fortunatamente, le devastanti conseguenze generate dal
terremoto, e dal conseguente tsunami, che il 26 dicembre del 2004 causarono
la morte di oltre 220 mila persone nel sudest asiatico. Ma quali sono state le cause
che hanno generato, la notte scorsa, il sisma sottomarino nel Pacifico? Ascoltiamo
il sismologo Luca Malagnini, dell’Istituto nazionale italiano di geofisica
e vulcanologia:
R. - Il terremoto si è generato per l’incunearsi di parte
della superficie terrestre, quella che delimita l’arcipelago delle Salomone, al di
sotto dell’altra placca importante della crosta terrestre, la placca pacifica. Il
terremoto è stato relativamente superficiale ed in confronto al terremoto di Sumatra
è un piccolo evento. E’ stato, però, capace di svelare uno tsunami che ha raggiunto
la costa delle Isole Salomone.
D. - Quali sono le differenze nel monitoraggio
di terremoti e onde anomale e quali le caratteristiche della mappa mondiale dei sistemi
di allerta anti-tsunami? Ascoltiamo ancora Luca Malagnini:
R. - Il
monitoraggio di terremoti e quello di tsunami sono completamente diversi. Il
monitoraggio dei terremoti è abbastanza efficiente in quasi tutte le parti del mondo:
è abbastanza facile ricavare una magnitudo e una localizzazione in tempi relativamente
brevi. Per quanto riguarda l’allarme tsunami, questo passa attraverso due fasi:
la localizzazione dell’evento, e quindi una stima veloce della magnitudo. Se questa
supera un certo limite si procede anche ad una valutazione, ad un monitoraggio della
superficie del mare. Per questo, c’è bisogno di sensori in mare, che possano determinare
l’altezza delle onde. Questa rete mariografica è molto più densa nelle zone dove gli
tsunami sono stati più violenti e anche dove c’è più disponibilità economica,
quindi tutta la zona pacifica.
Allo squilibrio nella copertura dei sistemi
di allerta degli tsunami si deve poi aggiungere il divario nelle capacità di
affrontare simili eventi da parte di ciascun Paese…
R. - C’è un altro anello
della catena, quello per cui l’allarme tsunami ha un effetto sulle strutture
di protezione civile locali: queste sono fortemente eterogenee e dipendono dalle condizioni
economiche e organizzative del Paese colpito da un simile evento.
Nella
zona del Pacifico ha dunque funzionato l’allarme lanciato, dopo la forte scossa di
terremoto con epicentro di fronte alle Isole Salomone, dal "Centro allerta per i maremoti"
in questa area. In Papua Nuova Guinea, gli abitanti sono riusciti ad abbandonare in
tempo la costa. La popolazione è stata adeguatamente avvertita anche in Australia
e in Giappone. ************