Chiusa solennemente in San Giovanni in Laterano la fase diocesana della Causa di
Beatificazione di Karol Wojtyla. Un uomo libero perché radicato in Cristo, ha detto
il cardinale Ruini
Un momento atteso con gioia dai fedeli di tutto il mondo: si è chiusa, stamani, nella
Basilica di San Giovanni in Laterano, dopo 21 mesi, la fase diocesana della Causa
di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, Giovanni Paolo II. L’evento si
è tenuto durante lacelebrazione dell’Ora Sesta in una Basilica gremita di
porporati, presuli, autorità politiche e tantissimi fedeli che, venuti anche dalla
Polonia, si sono radunati nel piazzale antistante. Già stamani, per commemorare il
secondo anniversario della morte di Papa Wojtyla, il cardinale Stanislaw Dziwisz aveva
celebrato una Messa presso la tomba del Papa nelle Grotte Vaticane. Il porporato ha
ribadito che Giovanni Paolo II è stato “il Papa della vita”. “Ci riempie di gioia
e di speranza - ha detto - il fatto che proprio la santità diventa il più caratteristico
e il più riconoscibile tratto” del suo “atteggiamento” e del suo “servizio”. Stasera,
sarà sempre l’ex segretario personale di Giovanni Paolo II a presiedere la veglia
dei giovani in memoria del Papa, accompagnata dalle riflessioni dell’arcivescovo Angelo
Comastri, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano. Ma torniamo all’evento
di stamani nella Basilica di San Giovanni in Laterano, seguito per noi da Alessandro
Gisotti:
************** (Canti)
Santo
subito! Il grido del popolo di Dio che, due anni fa, ha accompagnato le esequie di
Giovanni Paolo II è risuonato idealmente anche oggi nella Basilica di San Giovanni
in Laterano, dove si è tenuta la cerimonia di chiusura della fase diocesana della
Causa di Beatificazione di Karol Wojtyla. Un momento a lungo atteso dai fedeli che
hanno partecipato con gioia a questo evento.
Ego Slawomir Oder iuro et
promitto me fideliter executurum…
Con la formula letta
in latino, il postulatore della Causa, mons. Slawomir Oder, ha notificato il trasferimento
alla Congregazione delle Cause dei Santi dei documenti sulla vita, le virtù, “nonché
i miracoli in genere” di Papa Wojtyla. A suggellare la chiusura della fase diocesana,
le firme del notaio del tribunale diocesano del Vicariato, Giuseppe Gobbi, dei giudici
e del cardinale vicario, Camillo Ruini, che ha definito questa impresa “entusiasmante,
perché dal contatto con Karol Wojtyla” continua “ad emergere un fiume di stimoli a
vivere il Vangelo”. Proprio il porporato ha offerto ai fedeli una meditazione sulla
figura spirituale di Giovanni Paolo II e in particolare sul suo rapporto personale
con Dio. Una relazione, ha sottolineato, che appariva già forte nella fanciullezza
che non ha mai cessato di crescere e irrobustirsi. Il Padre, ha detto il cardinale
Ruini, “ha amato questo ragazzo polacco, lo ha unito a sé e lo ha mantenuto in questa
unione, non risparmiandogli le prove della vita”, associandolo “sempre di nuovo alla
croce del proprio Figlio”: “Nella certezza di essere amato
da Dio e nella gioia di corrispondere a questo amore Karol Wojtyła ha trovato il senso,
l’unità e lo scopo della propria vita. Tutti coloro che lo hanno conosciuto, da vicino
o anche solo da lontano, sono stati colpiti infatti dalla ricchezza della sua umanità,
dalla sua piena realizzazione come uomo. Ma ancor più illuminante e significativo
è il fatto che tale pienezza di umanità coincide, alla fine, con questo suo rapporto
con Dio, in altre parole con la sua santità”.
Il porporato si è soffermato
su due componenti essenziali della personalità di Karol Wojtyla: la dimensione orante
e la libertà. Il Papa viveva la preghiera come “dono, gusto e gioia”. Il cardinale
Ruini ricorda “il raccoglimento, anzi l’abbandono totale” in cui “si immergeva quando
pregava”. Una preghiera che univa al lavoro, che “non soltanto era offerto al Signore
ma era penetrato e attraversato dalla preghiera stessa”: “La
preghiera di Karol Wojtyła - Giovanni Paolo II, così profonda e intimamente
personale, era al tempo stesso totalmente ecclesiale, legata alla tradizione e alla
pietà della Chiesa”.
Il cardinale vicario ha rammentato
la miriade di persone che a lui “si sono rivolte per ottenere l’aiuto di Dio”. Il
Papa “teneva nel cassetto dell’inginocchiatoio le suppliche che gli giungevano, per
presentarle personalmente al Signore”. Si è così soffermato sulla libertà dell’uomo
Karol Wojtyla, libero da se stesso e dunque libero anche nei confronti degli altri: “Era
pronto all’ascolto, e anche ad accettare la critica, prediligeva la collaborazione
e rispettava la libertà dei suoi collaboratori, ma poi sapeva essere autonomo nelle
decisioni definitive, e soprattutto non rinunciava a prendere posizioni difficili
e 'scomode' per timore delle reazioni delle autorità ostili alla Chiesa, negli anni
del suo ministero in Polonia, o dell’incomprensione e dell’ostilità dell’opinione
pubblica predominante, negli anni del Pontificato”.
Questa libertà interiore,
ha proseguito, era dettata dalla sollecitudine per il Vangelo e il bene dell’uomo,
“via della Chiesa”. Una libertà dirompente come risultò evidente sin dai primi passi
del suo lungo Pontificato: “La grande parola 'Non abbiate paura!',
con cui ha aperto il suo Pontificato, nasceva anche da questa libertà interiore, nutrita
di fede, ed è stata, nel concreto della storia, una parola contagiosa, che ha liberato
la Polonia, e non soltanto la Polonia, dalla paura e dalla sudditanza, politica, culturale,
spirituale”.
Giovanni Paolo II, ha aggiunto il cardinale
vicario, era distaccato dai beni del mondo, ma proprio questo atteggiamento dell’animo
gli permise di apprezzare la bellezza della natura e dell’arte, come anche il calore
delle amicizie, gli ardimenti del pensiero e le conquiste dello sport. Il cardinal
Ruini ha così rivolto il pensiero alla fulgida testimonianza di dedizione per i fratelli,
offerta da Karol Wojtyla sin dalla sua adolescenza. Il Papa, ha evidenziato, “si è
per così dire concentrato nell’attenzione alla persona e ai suoi problemi”. Di qui,
il suo impegno costante per il soccorso materiale ai poveri e bisognosi, l’attenzione
per gli ammalati. “Il suo cuore - ha detto - era per i poveri, i piccoli e i sofferenti,
e questo spiega la profonda affinità spirituale che egli sentiva nei confronti di
Madre Teresa di Calcutta”. Animato dalla “freschezza evangelica”, Giovanni Paolo II
si dedicò alla nuova evangelizzazione, programma realizzato in prima persona con i
suoi viaggi missionari. “In particolare - ha ricordato il cardinale Ruini - ha cercato,
senza mai stancarsi, di dare nuova linfa alla fede cristiana nell’Europa gravata dalla
secolarizzazione”, facendo scaturire dal proprio cuore “quella formidabile invenzione
evangelizzatrice che sono le Giornate Mondiali della Gioventù”.
“In realtà,
dietro il vigore inesausto della sua testimonianza alla verità di Cristo stava la
saldezza rocciosa della sua fede: era la fede semplice di un fanciullo e al tempo
stesso la fede di un grande uomo di cultura, ben consapevole delle sfide di oggi,
era soprattutto la fede di un uomo che in certo senso ha già visto il Signore, ha
avuto esperienza diretta della presenza misteriosa e salvifica di Dio nel proprio
spirito e nella propria vita, e perciò, alla fine, non può essere scosso o reso incerto
dal dubbio, ma sente prepotente dentro di sé il bisogno e il dovere di offrire e di
trasmettere a tutti la verità che salva”.
“Con questo atteggiamento -
ha rilevato - Giovanni Paolo II ha potuto, in anni non facili, confermare la Chiesa
intera nella fede”. La medesima “sintesi di fede in Cristo e di amore e passione per
l’uomo lo ha spinto a farsi carico della difesa e della promozione della dignità e
dei diritti” dell’uomo, “opponendosi con un coraggio che non ha conosciuto ostacoli
alle molteplici “minacce” che pesano sull’umanità del nostro tempo”. Il cardinale
Ruini ha ricordato la lotta del Papa per “la liberazione dal totalitarismo comunista,
la rivendicazione intransigente della giustizia per i popoli della fame, l’impegno
strenuo per la pace nel mondo” e, ancora, “la grande battaglia per la vita umana,
contro l’aborto e ogni altra sua negazione, e per la famiglia, contro tutte le spinte
che tendono a disgregarla. D’altro canto, ha proseguito, “i suoi viaggi apostolici,
come le visite alle parrocchie romane, sono stati, inseparabilmente, opera di evangelizzazione
e atto di amore e di servizio per la Chiesa”. Intensa fu poi la sua “sollecitudine
per l’unità interna della Chiesa e per la radice profonda di questa unità”. In questa
“dedizione alla causa ecumenica come nella richiesta di perdono per i peccati dei
figli della Chiesa”, si esprimeva - ha ribadito - “quella volontà, mite ma fermissima,
di conformarsi a Cristo”. Il cardinale Ruini si è, infine, soffermato sulla dimensione
della sofferenza, che tanta parte ha avuto nella vita terrena di Giovanni Paolo II:
“Karol
Wojtyła aveva imparato a fare spazio alla sofferenza e alla Croce non solo
dalla propria esperienza di vita ma anche, e più profondamente, dalla sua stessa
spiritualità, dal rapporto personale intessuto con Dio. Il suo testamento iniziava
con le parole “Desidero seguirti” e volendo, come scelta di fondo, seguire il Signore,
egli aveva compreso e interiorizzato che bisogna accettare tutto quello che Dio dispone
per noi”.
Anche nel dolore profondo, ha ricordato, Karol Wojtyla trovava
conforto in Maria, a cui ha affidato tutto se stesso. Il Totus tuus, l’abbandono
totale nelle mani di Maria è stato quindi richiamato alla fine della cerimonia in
San Giovanni in Laterano: Totus tuus sum, Maria, Mater nostri Redemptoris, Virgo
Dei, Virgo pia, Mater Mundi Salvatoris.
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Uno
dei momenti simbolici più importanti della cerimonia di questa mattina, nella Basilica
di San Giovanni in Laterano, è stata senza dubbio l'applicazione dei sigilli in ceralacca
sui numerosi faldoni contenenti le testimonianze e i documenti raccolti in 21 mesi
di lavoro, ovvero il periodo intercorso tra l'apertura e la chiusura dell'iter riguardante
Giovanni Paolo II. Lo studio delle varie migliaia di pagine passa ora alla Congregazione
per le Cause dei Santi, che dovrà pronunciarsi sul riconoscimento del miracolo e quindi
sulla Beatificazione di Papa Wojtyla. Il prefetto del dicastero vaticano, il cardinale
José Saraiva Martins, spiega - nell'intervista di Fabio Colagrande - in cosa
consisterà il lavoro di esame della carte:
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R.
- Il grido del ‘Santo subito’ dice molto chiaramente come la pensa il popolo di Dio.
Però questo non basta: è chiaro, dopo la Chiesa deve verificare, alla luce della testimonianze,
se questa fama di santità sia un vero fondamento o meno. Ecco il perché del lavoro
che si accinge a fare la Congregazione della casa dei Santi.
D - Eminenza,
lei presiede questo dicastero a cui è affidata questa fase. Con che animo si accinge
a occuparsi di questa causa che è una causa particolare?
R. - Io mi accingo
a questo lavoro, come prefetto di questo dicastero, con uno spirito filiale e anche
di gratitudine verso Giovanni Paolo II. Ho potuto contattarlo tante volte, anche a
livello personale, e ho avuto sempre la profonda convinzione che lui fosse veramente
santo, con quella sua umiltà così profonda, quello spirito così intenso di preghiera.
Certamente lui era un santo, era un Vangelo vivente, e adesso che sto studiando questo
caso è chiaro che tali ricordi non possono non essere presenti nel mio animo e nel
mio cuore. Quindi, con spirito filiale, mi auguro che la Causa arrivi quanto prima
alla fase finale, secondo le norme del Diritto canonico. Bisogna aver presente che
Giovanni Paolo II è stato dispensato dai 5 anni dopo la morte, prescritti dal Diritto
canonico per iniziare la causa di beatificazione, ma non è dispensato dal processo
stesso: dunque, il Dicastero procede nell’esame di tutta la documentazione che ci
arriverà, seguendo le vie indicate dalle norme giuridiche e che del resto è quello
che ha detto il postulatore della Causa qualche giorno fa, cioè che vanno rispettate
le norme del Diritto canonico. E’ quello che noi ci accingiamo a fare con ogni rapidità
possibile: tutti vogliamo che quanto prima Giovanni PAolo II sia venerato sugli altari
ma seguendo le norme del Diritto canonico.