Amate come Cristo ci ha amati: così il Papa nel suo Messaggio per la XXII Giornata
Mondiale della Gioventù che sarà celebrata domani nella Domenica delle Palme
Scoprite l’amore vero, fedele e forte: è l’esortazione rivolta ai giovani da Benedetto
XVI nel suo messaggio per la XXII Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebra
domani nelle diocesi di tutto il mondo in coincidenza con la Domenica delle Palme.
In Piazza San Pietro, domani, alle 9.30 sarà il Papa a presiedere la Messa; la nostra
emittente seguirà in diretta l’evento con commento in italiano, inglese, tedesco,
francese, spagnolo e portoghese. E ieri il Santo Padre, in un messaggio inviato al
IX Forum internazionale dei giovani, che si sta svolgendo a Rocca di Papa, invita
i giovani a vivere da cristiani nel mondo del lavoro e a diventare apostoli fra i
lavoratori. Tiziana Campisi ha chiesto a mons. Domenico Sigalini, vescovo
di Palestrina, come sostenere, in tal senso, i giovani:
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R.
- Questi ragazzi hanno bisogno di essere stimolati e di essere aiutati a credere in
questo amore. C’è un amore concreto da vivere e che si può sviluppare dentro tutta
la loro esistenza. Certo, c'è bisogno anche di trovare degli spazi in cui vivere questo
amore e lo spazio principale è l’esperienza di coppia e quindi il progetto di matrimonio,
futuro che purtroppo i giovani vedono sempre con un po’ di difficoltà e con un po’
di apprensione, perché pensare di formare una famiglia vuol dire certezza dei sentimenti,
capacità di donarsi, però vuol dire anche riuscire ad avere un tetto sotto il quale
vivere e per avere un tetto sotto il quale vivere bisogna avere un lavoro. Dunque
questo amore che i giovani sono invitati a vivere chiama in causa tutta la vita concreta
dei ragazzi e noi sappiamo molto bene che con il tipo di lavoro che c’è oggi, che
è tendenzialmente precario, un ragazzo, un giovane, fa fatica a poter costruire una
propria casa, a poter avere la possibilità di gestirsi questi momenti della vita affettiva
che diventa progettuale nella famiglia.
D. – Come
alimentare nei giovani l’amore per Gesù perché poi questo possa essere annunciato
al mondo?
R. – La prima attenzione è quella ad un
radicamento della fede, perché tante volte l’esperienza di fede è superficiale. Moltissimi
ragazzi non sono più in grado di percepire in maniera corretta, diretta, il messaggio
del Vangelo, e quindi la potente figura di Gesù che può strutturare la loro personalità.
Purtroppo abbiamo pochi spazi di formazione.
D. –
Quale impegno la Chiesa può assumere per far sì che i giovani crescano nell’amore?
R.
– Il primo impegno è quello di creare un ponte tra la strada e la Chiesa, tra la vita
concreta quotidiana e l’esperienza del credente. Un ponte dunque che permetta, dentro
questo tessuto di relazioni, di alimentare continuamente la propria vita, di metterla
alla luce del Vangelo, per far sì che il Vangelo diventi concreto nella loro vita.
Questi ponti sono le associazioni, sono i movimenti…
D.
– Il Papa conclude il suo Messaggio ai giovani invitandoli ad osare l’amore. Andando
verso la Pasqua, secondo lei, i giovani in che modo possono proiettarsi verso Sydney?
R.
– Molti ragazzi, in questa settimana, sono coinvolti nelle celebrazioni pasquali.
Magari si tratta di celebrazioni un po’ folcloristiche, perché la Passione di Gesù
viene rappresentata sulle piazze, per le vie, e sono tutti aiutati ad alzare lo sguardo
a questa grande vicenda di Gesù. Il pericolo è che questo resti uno spettacolo e non
coinvolga dentro la loro esistenza. Qui è importante che gli educatori, i presbiteri,
le persone, gli adulti, riescano a far cogliere ai giovani che quello che stanno vivendo
non è uno spettacolo folcloristico ma è la vicenda di Gesù che oggi rivive questa
Passione, rivive questa Risurrezione e con la forza dell’amore riesce a riconquistare
le persone togliendole dal peccato, dall’egoismo, dall’odio.
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Ma in che modo oggi i giovani possono concretamente
manifestare l’amore di Cristo nel mondo del lavoro? Tiziana Campisi lo ha chiesto
ad Andrea Olivero, presidente nazionale delle ACLI: **********
R.
- Bisogna avere un’attenzione alle singole persone, bisogna far comprendere che i
problemi che ciascuno ha, che oggi sempre di più nel mondo del lavoro sono problemi
individualizzati, interessano gli altri e interessano tutta quanta la nostra comunità.
Noi, in questi anni, abbiamo reso il lavoro sempre di più un fattore individuale,
dimenticando invece la sua grande funzione collettiva: per altro anche su questo Papa
Benedetto XVI ci ha richiamati a più riprese. E’ importante che noi invece riprendiamo
insieme a considerare il lavoro come un fattore collettivo e come una parte integrante
della vita dell’uomo. Per questo, anche andare a testimoniare all’interno dell’esperienza
del lavoro, il nostro messaggio di amore per gli altri e di collaborazione al progetto
del Signore.
D. – Cosa rende difficile oggi questa
testimonianza?
R. – La grande varietà che esiste
all’interno del mondo del lavoro e spesso anche la precarietà che, soprattutto i giovani,
incontrano nell’affrontare l’attività lavorativa. Si è perso un po’ anche lo stesso
senso del lavoro, in qualche misura, cioè non ci consideriamo cooperatori nel disegno
creatore lavorando ma spesso invece soltanto riteniamo il lavoro come una necessità
per poter vivere. Riacquistare questo senso profondo del lavoro ed anche questo senso
comunitario che è un elemento importantissimo al quale dobbiamo aiutarci come comunità
cristiana. Non dobbiamo continuare a pensare che sia un’esperienza individuale ma
dobbiamo, a livello comunitario, recuperare questo valore e parlare delle nostre esperienze,
promuovere incontri, riflessioni insieme, anche vivere in qualche modo il lavoro come
una parte della nostra stessa vita spirituale.
D.
– Come ripartire attraverso le parole di Gesù richiamate dal Papa: “Come io vi ho
amato, così amatevi anche voi”…
R. – Questo per noi,
per i lavoratori, voglia dire il donarsi, il donarsi nelle cose che si fanno e nel
donarsi soprattutto con gli altri, con le persone che incontriamo quotidianamente.