Due interventi di mons. Silvano Tomasi all’ONU sulla libertà religiosa e sui diritti
dell’infanzia
“La religione è tra quei fattori sociali che, insieme con la scienza, ha più contribuito
al progresso dell’umanità attraverso la promozione culturale, artistica, sociale e
di valori umanitari. Pertanto ogni religione che predica o condona la violenza, l’intolleranza
e l’odio rende se stessa indegna di questo nome”. È quanto ha affermato il 22 marzo
l’arcivescovo Silvano Tomasi , osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio
delle Nazioni Unite a Ginevra. Prendendo parte alla IV sessione del Consiglio dei
Diritti Umani, mons. Tomasi ha detto che “accanto al fanatismo pseudoreligioso ci
sono esempi di fanatismi antireligiosi che denigrano la religione o, più in generale,
i fedeli di una religione. Le legittime critiche verso certe forme di comportamento
dei fedeli di una religione – ha aggiunto il presule – non dovrebbero trasformarsi
in un insulto o un’ingiusta diffamazione, né in dileggio verso persone venerate, pratiche,
riti o simboli”. Il rappresentante della Santa Sede ha sottolineato che “la promozione
del rispetto del diritto alla libertà di religione e del diritto alla libertà di espressione
non dovrebbe mettere da parte la questione del rispetto concreto delle religioni,
credenze e opinioni in cui questi diritti si realizzano. Non si può considerare la
messa in ridicolo del sacro come un diritto alla libertà di espressione”. Nel pieno
rispetto di quest’ultimo, ha detto ancora mons. Tomasi, è necessario sviluppare meccanismi
e strumenti coerenti con i diritti umani, che difendano il messaggio delle comunità
religiose dalle manipolazioni ed evitino un’irrispettosa presentazione dei loro fedeli.
Il rappresentante della Santa Sede, in un altro intervento, il 23 marzo, sempre nella
stessa sede, ha affrontato il tema dei diritti dell’infanzia, osservando che “in molti
casi, la mancanza di buona volontà e di risorse impedisce che vengano applicati provvedimenti
giuridici e politiche pubbliche, con gravi conseguenze per i minori, che spesso sono
le prime vittime delle carestie e delle guerre”. Il nunzio apostolico ha aggiunto
che “a molti bambini è negato il diritto alla vita, che la selezione prenatale elimina
sia i bambini che rischiano di nascere con una disabilità, sia le bambine, solo a
causa del loro sesso, negando così il valore medesimo ed intrinseco delle persone
disabili e delle bambine ad essere membri della famiglia e della società”. L’arcivescovo
Tomasi ha ribadito che “il primo diritto dei minori è quello di nascere e di essere
educati in un ambiente familiare accogliente e sicuro, che garantisca la crescita
fisica, psicologica e spirituale e che sviluppi le potenzialità e dove la consapevolezza
della dignità personale sia la base del rapporto con gli altri e nell’affrontare il
futuro”. Dopo aver rimarcato che lo Stato e la società devono “sostenere la famiglia
perchè sia in grado di portare a compimento la sua missione”, il presule ha illustrato
il contributo offerto dalla Chiesa Cattolica. “Con le sue 300 mila istituzioni sociali,
caritative ed educative, opera quotidianamente per assicurare un’educazione dell’infanzia
orientata alla pace ed alla creatività, allo sviluppo delle attitudini individuali
e per favorire la reintegrazione dei minori abbandonati o che hanno subito abusi,
nelle proprie famiglie e nella società”. “Difendere i diritti dell’infanzia ed eliminare
tutte le forme di violenza contro i minori rimane una sfida istituzionale per la comunità
internazionale – ha concluso mons. Tomasi – si conseguiranno buoni risultati soltanto
se si darà priorità al ruolo naturale della famiglia, e se la cultura pubblica riconoscerà
che anche il bambino è pienamente persona umana”.