Dopo la nota della CEI sulla famiglia, la riflessione del vescovo Giuseppe Anfossi
e della giornalista Eugenia Roccella, portavoce del “Family Day”
Ha destato ampia eco la nota sulla famiglia del Consiglio episcopale permanente della
Conferenza episcopale italiana, (CEI), pubblicata ieri. Un documento che, come il
titolo stesso sottolinea, si sofferma sul valore irrinunciabile della famiglia fondata
sul matrimonio e le iniziative legislative in materia di unioni di fatto. Per una
riflessione sugli obiettivi che i presuli si propongono con questa nota, Alessandro
Gisotti ha intervistato il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, presidente
della Commissione episcopale per la Famiglia:
********* R.
- Fondamentalmente, si tratta di dare una risposta a coloro che si interrogano sui
DICO, se possano essere accettati da un legislatore che è un buon cristiano: se può
votarli. E’ una risposta che potremo dire anche quasi tecnica: il legislatore che
si sente parte della Chiesa non può. Però, noi abbiamo dato anche un carattere molto
pastorale, ci siamo preoccupati di parlare alle persone con stile evangelico. A noi
interessa molto suscitare nella coscienza delle persone, comprese coloro che sono
impegnate in politica, un lavoro per illuminare tale coscienza, perché si intende
che noi non vogliamo fare pressioni indebite su di loro. Quindi: c’è un grosso appello
alla coerenza dei cristiani consapevoli della fede, e poi anche alla loro coscienza.
D.
- Quali sono i pericoli che i vescovi intravedono nella legalizzazione di forme alternative
al matrimonio?
R. - Soprattutto che si faccia cadere
quasi un asse portante della nostra cultura cristiana, cioè di non considerare il
matrimonio nella sua ricaduta sociale, come un impegno anche per gli altri, come un
impegno che ricade sugli altri mentre tu curi la formazione dei tuoi figli. E quindi,
si è pensato anche alle generazioni future: quale immagine noi diamo del rapporto
uomo-donna? E’ bene che conservi una carica ideale alta, anche un po’ romantica, e
ci si spenda per arrivare al matrimonio, che ci si impegni su tempi lunghi, che non
esista un’alternativa breve, comoda, facile. Dalla relazione di amore, nel possesso
pieno della libertà, nascono vincoli. Oggi, si sta perdendo questa parola, “vincoli”,
che possano nascere dei vincoli. C’è un modo di intendere la libertà un po’ capriccioso:
molto molto chiuso dentro di me, che non mi lega ad altre persone su tempi lunghi.
D.
- Nella Nota, sottolineate che i vescovi hanno il dovere di illuminare il gregge dei
fedeli. Cosa risponde dunque a chi parla di violazioni della laicità, di interventi
che vanno ad incidere sulla libertà di coscienza?
R.
- Abbiamo ricevuto molti solleciti da molte persone che non sono in vista e vivono
quotidianamente la loro vita. Loro si aspettavano che noi parlassimo chiaro. Quindi
c’è una rappresentanza del tutto rispettosa della democrazia, che è data dai numeri,
dalle persone che hanno un’adesione alla vita cristiana e che intendono il matrimonio
così. E questa è anche indirettamente una difesa dei semplici: si tratta di difenderli
da pressioni ideologiche, da lobby vere e proprie, a cominciare da quella che è legata
al mondo dell’omosessualità. Al limite, noi rispondiamo che il nostro modo di intervenire
difende una parte di popolazione da ingerenze che sono altrettanto violente e non
democratiche.
D. - I mass media hanno messo in rilievo
soprattutto i richiami della Nota. Ma in questo documento ci sono anche parole di
incoraggiamento alle famiglie ed ai cattolici impegnati nella società civile?
R.
– Noi abbiamo davvero sentito molto il dovere di non perderci d’animo, di parlare
agli sposi di oggi e di domani, di annunciare il progetto di Dio sulla famiglia e
sul matrimonio. E’ molto importante che noi lo facciamo. Si tratta di potenziare la
pastorale familiare, impegnarci quotidianamente perché gli sposi siano aiutati. Si
tratta dunque di una Chiesa che è più attenta ai giovani sposi o ai giovani mentre
si avviano al matrimonio. La nostra lettera è stata proprio pensata come un risveglio
all’interno del mondo cattolico, di un ideale di famiglia, di una coltivazione più
quotidiana, di una predicazione più attenta in favore della famiglia.
*********
Dunque,
mons. Anfossi mette l’accento sul risveglio del mondo cattolico in favore della famiglia.
Un segnale di questo risveglio è sicuramente il cosiddetto “Family Day”, in programma
il 12 maggio a piazza San Giovanni, sotto la sigla “Più famiglia”. Proprio ieri in
una conferenza stampa, sono stati presentati i due portavoce della manifestazione,
a cui aderiscono numerose associazioni non solo cattoliche. Si tratta dell’ex sindacalista,
segretario della CISL, Savino Pezzotta, e della giornalista Eugenia Roccella,
già leader del movimento femminista ed ex radicale. A lei, Alessandro Gisotti
ha chiesto le ragioni di questa iniziativa:
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R. - Forse, questa manifestazione si doveva fare anche prima, perché la
famiglia è sotto attacco da tanto tempo, mentre è il punto forte su cui si regge la
coesione sociale. Si reggono prima di tutto gli affetti privati e attraverso gli affetti
privati poi anche il mondo economico. Si regge la cura delle persone, della generazione.
Negli ultimi tempi, però, l’attacco è stato molto più violento. Quindi, mi sembra
proprio sia arrivato il momento.
D. - Questa manifestazione
dimostra che è possibile, anzi auspicabile, che su grandi valori fondamentali come
la famiglia ci sia una sinergia, una sintonia tra cattolici e laici…
R.
- Secondo me, è possibile su moltissimi temi in questo momento, perché le biotecnologie,
la tecnoscienza, hanno introdotto nella nostra vita quotidiana delle modificazioni
così forti da mutare proprio l’antropologia, le cose fondamentali della nostra vita,
come per esempio il carattere della maternità. In questo momento, c’è un’espropriazione
della maternità, la si sta trasferendo nei laboratori, con delle conseguenze pesanti,
non soltanto dal punto di vista biologico, ma dal punto di vista anche culturale.
D.
- La Chiesa viene spesso accusata di ingerenza quando parla di valori. Lei, da intellettuale
laica, come giudica queste accuse?
R. - Io difendo
l’intervento della Chiesa nello spazio pubblico. Prima di tutto, mi sembra un enorme
contributo per tutti quanti, e poi proprio non riesco a capire dove sia la pesantezza
di questo intervento. Mi sembra un diritto della Chiesa parlare, avere voce pubblica.
La Chiesa si definisce esperta in umanità, fra l’altro. Mi sembra veramente un punto
fondamentale in questo momento. E non vedo dove i laici si possano sentire invasi
da questa voce. **********