2007-03-28 15:18:30

Pubblicata oggi la Nota della Conferenza episcopale italiana sulle unioni di fatto


Pubblicata oggi la nota del Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto. Il documento specifica che solo la famiglia aperta alla vita può essere considerata vera cellula della società perché garantisce la continuità e la cura delle generazioni. Il servizio di Tiziana Campisi:

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“Non abbiamo interessi politici da affermare; solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune”. Spiegano con queste parole i vescovi italiani le motivazioni della nota del Consiglio episcopale permanente a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto. “Ci sentiamo responsabili di illuminare la coscienza dei credenti, perché trovino il modo migliore di incarnare la visione cristiana dell’uomo e della società … a vantaggio del bene comune”. La nota specifica che “solo la famiglia aperta alla vita può essere considerata vera cellula della società perché garantisce la continuità e la cura delle generazioni”. “È quindi interesse della società e dello Stato – scrivono i vescovi – che la famiglia sia solida e cresca nel modo più equilibrato possibile”.

I presuli ritengono poi “la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio” e “pericolosa sul piano sociale ed educativo”. Per l’episcopato inoltre avrebbe un effetto “inevitabilmente deleterio per la famiglia” perchè “toglierebbe ... al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro”. “Un problema ancor più grave – si legge ancora nella nota – sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile”. “Queste riflessioni – proseguono i vescovi – non pregiudicano il riconoscimento della dignità di ogni persona; a tutti confermiamo il nostro rispetto e la nostra sollecitudine pastorale. Vogliamo però ricordare che il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza o di fornire riconoscimenti ideologici: ha invece il fine di garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che vanno al di là della dimensione privata dell’esistenza”.

I vescovi precisano inoltre che “ci sono situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive” e di non esserne “per principio contrari”, sono però convinti che “questo obiettivo sia perseguibile nell’ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare”. Infine i vescovi hanno voluto ricordare un’affermazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella quale si puntualizza che nel caso di «un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge» (Considerazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, n. 10)”.

“Il fedele cristiano è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l’insegnamento del Magistero" – concludono i vescovi – e pertanto non «può appellarsi al principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società» (Nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 5).
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