2007-03-25 14:18:56

Ancora una giornata di violenze in Iraq


In Iraq, all’indomani dei numerosi attentati che hanno provocato almeno 60 morti, ancora una giornata di violenza: uomini armati hanno attaccato la moschea sunnita di Haswa, a sud di Baghdad, provocando almeno 4 feriti. Sventato, inoltre, un attacco kamikaze a Ramadi: la polizia irachena ha fermato un uomo alla guida di un camion bomba. L’arresto è avvenuto venerdì, ma la notizia è stata resa nota oggi. 10 cadaveri torturati sono stati, infine, ritrovati a Baghdad.
E torna al centro del dibattito politico statunitense la gestione della crisi irachena dopo l’approvazione, da parte della Camera degli USA, di una mozione sul ritiro delle truppe dall’Iraq entro il 2008. Per diventare vincolante, il provvedimento dovrebbe superare anche il voto del Senato e il probabile veto del presidente Bush. Intanto, il vicepresidente Cheney ha affermato che un ritiro anticipato delle truppe USA non sarà autorizzato. Sul peso che la mozione della Camera potrebbe avere nella politica estera statunitense, Stefano Leszczynski ha intervistato Massimo Teodori, docente di Storia delle istituzioni statunitensi.
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R. – Innanzitutto, bisogna comprendere i meccanismi della politica americana. Diciamo che questa è piuttosto una “indicazione” rivolta all’elettorato in vista delle prossime elezioni, e non qualcosa che diventa esecutivo ed obbligante per l’amministrazione Bush.

D. – Le autorità irachene hanno detto di non riuscire a fronteggiare la sicurezza interna del Paese. A questo punto, per gli Stati Uniti, il carico diventa sempre più pesante ...

R. – Sì. Il carico è certamente molto pesante e nell’opinione pubblica americana c’è un grande dissenso rispetto a tutta l’operazione dell’Iraq. Però, nessuno in realtà vuole abbandonare il Paese. Tutti, anche quella parte di opinione pubblica che è contraria all’amministrazione Bush, dicono: “Occorre creare le premesse perché non sia una sconfitta degli Stati Uniti e non sia una sconfitta di fronte agli insorgenti islamisti e terroristi”.

D. – Il dibattito sulla politica estera americana nei confronti dell’Iraq è molto aspro. Come mai non lo è altrettanto sulla questione Afghanistan?

R. – Innanzitutto, è stata la prima operazione della guerra al terrorismo, quindi l’intervento in quel Paese significava proprio perseguire coloro che erano stati responsabili dell’11 settembre. Inoltre, quell’operazione lì ha avuto la sponsorizzazione preventiva da parte delle Nazioni Unite!

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